Nadezhda. A Mosca per i 20 anni di RT

3958
Nadezhda. A Mosca per i 20 anni di RT


di Sara Reginella 

Ritrovarsi in fila al Teatro Bolshoi, nel cuore di Mosca, sotto una pioggia battente.

Non conto più le volte in cui sono stata nella capitale russa, con sole, neve o vento e oggi, nel mezzo di un autunno piovoso, a celebrare il ventesimo anniversario di RT, originariamente conosciuta come Russia Today, una delle emittenti televisive russe tra le più diffuse a livello mondiale e, dunque, tra le più sanzionate e censurate in Occidente.

Già dal 2014 RT, tradotta in sette lingue, dava notizie su un conflitto perlopiù censurato in Occidente, quello del Donbass. Dal 2022 poi, veniva bandita, insieme ad altre emittenti russe, e in Europa diventava sempre più complicato reperire notizie sulla genesi di quella guerra e su come le armi inviate dall’Occidente a Kiev continuassero a colpire una popolazione già stremata da anni di belligeranza.

Qui, sono stata invitata con una delegazione di italiani che da anni si battono contro l’odio russo-fobico e contro la disinformazione sul conflitto ucraino. Mentre entro insieme ai miei connazionali Angelo d’Orsi, Vincenzo Lo Russo ed Eliseo Bertolasi in uno dei più grandi monumenti dedicati all’arte, penso a quanto sia curioso che gli interni di questo tempio della cultura siano stati realizzati proprio da un architetto italiano, Alberto Cavos, in un’epoca lontana in cui per un italiano, avere rapporti col mondo russo doveva essere paradossalmente meno complicato di quanto non sia oggi.

Nel corso della cerimonia d’apertura, riconosco diverse persone incontrate quest’anno, durante il tour del mio ultimo documentario, “Il fronte degli invisibili”, all’interno dell’RT.Dok, il festival internazionale del documentario promosso da RT. Sono quasi sempre loro a riconoscermi e ad abbracciarmi per primi.

Quando già precedentemente allo scoppio del conflitto del 2014 viaggiavo in Russia, dall’Italia mi chiedevano perché tornassi così spesso in quei luoghi. Allora rispondevo che la Russia, ancor prima di essere una terra, per me è un sentimento e ora quel sentimento mi aveva accompagnato fino a quella sala gremita di redattori, reporter e sostenitori dell’amicizia tra i popoli. 

L’Occidente non è affatto il centro del mondo, penso tra me e me, vedendo tutte quelle persone tra le quali riconosco Emir Kusturica, Stevan Seagal, il padre di Elon Musk, l’ex dell’intelligence statunitense Scott Ritter, l’ex analista CIA Larry Johnson e Rafael Correa, ex Presidente dell'Ecuador.

Mi dicono che son presenti anche il figlio del presidente venezuelano, quello del presidente nicaraguense, oltre che Diana Sosoack, membro del Parlamento Europeo per la Romania, Karin Kneissl, ex Ministro degli Esteri austriaco, e altre personalità di una lunga lista di invitati.

Una volta seduti in platea, sul palco fa il suo ingresso inaspettato il presidente russo per congratularsi per come l’emittente sia riuscita a consolidare la propria posizione nel panorama mediatico globale, sfida non facile, ma possibile, dichiara “nonostante la pressione esercitata, i divieti, le sanzioni, le restrizioni amministrative e finanziarie verso un canale non in linea con il cosiddetto mainstream dell'informazione globale”.

Dunque, rifletto, se persone come me si trovano in questa sala, è proprio perché in Europa il diritto alla pluralità d’informazione non è più garantito e la condanna mediatica, verso coloro che pensano in maniera indipendente, è diventata normalità.

Al termine del discorso, godiamo dello spettacolo del balletto, perché se diversi artisti sono censurati in Italia, vale la pena venirseli a vedere in Russia, penso, rievocando alla mente recenti esperienze di censura, come quella subita dal direttore d’orchestra russo, Valerij Gergiev, cui fu impedito di dirigere l’orchestra alla Reggia di Caserta, o quella cui fu sottoposto il pianista ucraino Alexandr Romanovsky, cui fu vietato di suonare a Bologna, poiché “colpevole” di aver alleviato con la propria musica le sofferenze ai cittadini di Mariupol.

A fronte di tanta censoria idiozia, sempre più italiani sono diventati insofferenti e hanno iniziato a esprimere disappunto verso un potere imposto da un governo che non sembra rappresentare le posizioni dei suoi cittadini.

A tal proposito “Resistenza italiana” è un recente documentario russo, promosso da RT e diretto da Oleg Nekishev, che racconta proprio l’esperienza di quegli italiani che si oppongono all’attuale stato delle cose e resistono all’ondata di odio russo-fobico. Nel rilasciare un’intervista per il documentario, ho voluto rappresentare la posizioni di molti concittadini che ritengono aberrante l’idea di una guerra contro la Russia. Queste persone, consapevoli degli alti livelli di disinformazione sul conflitto, sono ogni giorno di più, perché l’Italia, nonostante tutto, sembrerebbe essere tra i paesi più immuni agli effetti della propagandistica macchina del fango montata contro la Federazione Russa.

Realizzando documentari, partecipando a eventi e pubblicando libri sul Donbass ormai dal 2014, in questi anni sono così venuta a contatto con parte della rete di organizzazioni presenti sul territorio, un network fatto di persone che in maniera volontaria organizzano eventi, conferenze, proiezioni e manifestazioni per dire basta all’atteggiamento fobico e aggressivo verso quei popoli che non si sottopongono ai diktat occidentali. Non è un caso che nelle scorse settimane circolassero online persino video in cui la popolazione di Gaza sventolava proprio il drappo tricolore come tributo all’Italia migliore, quella che si oppone e resiste.

I semi della controinformazione che molti di noi hanno piantato in questi anni, dunque, stanno probabilmente germogliando. Forse stiamo assistendo all’inizio di un nuovo risveglio del paese, il primo di tale portata dopo i tragici eventi connessi alle manifestazioni del 2001 contro il G8 a Genova.

E così oggi, che sempre più persone mettono insieme i pezzi della storia recente e dicono “no” alle subdole pretese etnocentriche dell’Occidente, è diventato sempre più chiaro a molti come, ad esempio, il conflitto nel Donbass non sia nato da un tentativo di “esportazione della democrazia”, ma da una spinta egemonico-imperialista connessa a espansionismo della NATO, vendita di armi, rottura dei rapporti commerciali e culturali con la Russia e interruzione suicida delle forniture di gas che ora l’Europa acquista, a caro prezzo e rimettendoci, in particolare dagli Stati Uniti sottoforma di GNL.

Sono questi i pensieri che mi attraversano quando, giunta alla fine della mia breve trasferta, prima di rientrare in Italia passeggio per le vie di Mosca. Mentre cammino senza una meta precisa, come spesso amo fare in viaggio, mi vengono in mente i volti delle centinaia di persone conosciute in questi anni, persone che spesso mi hanno domandato cosa si possa fare per scongiurare il peggior futuro che sembra attendere inesorabilmente l’Europa del riarmo.

Non sempre è facile offrire una risposta, rifletto, mentre supero l’obelisco di San Giorgio e, sotto agli alberi dello Tsvetnoy Boulevard, vengo fermata insieme ad altri passanti da un gruppo di ragazze e ragazzi sorridenti. Non capisco subito cosa vogliano da noi, forse raccolgono denaro per offerte o firme per una petizione? Me lo chiedo, prima di sentirmi dire che stanno facendo semplicemente un “gioco”. Li seguo incuriosita, avvezza a situazioni surreali come questa, che qui in Russia non mancano mai. Una giovane mi porge una scatola forata e mi chiede di scrivere su un foglietto una parte negativa della mia vita che vorrei abbandonare per sempre in quel contenitore. Poi lei mi avrebbe offerto un dono. Ci penso, scrivo e lascio scivolare nella scatola il foglietto con la mia zona d’ombra. Lei sorride ed estrae da un’altra scatola un cioccolatino e un biglietto in cui leggo un messaggio “Ciò che vorrai per il tuo futuro, inizia a costruirlo da oggi”.

Mi allontano sempre più dall’obelisco, lasciandomi alle spalle quei giovani, il loro messaggio e le parole di una celebre canzone di Anna German, intonata da una fanciulla che si esibisce cantando sotto il santo e il suo drago.

E così, quando il canto diventa lontano e già ne sento la nostalgia, nella mia mente ne riecheggiano le parole del ritornello: “La speranza è una bussola terrestre e la fortuna sarà il premio per il coraggio”.

Nadezhda è il nome della canzone e significa speranza.

Sara Reginella

Sara Reginella

Sara Reginella, psicologa e psicoterapeuta, autrice e documentarista, è testimone del conflitto ucraino dalle sue origini, avendo partecipato a quattro spedizioni nell'arco di otto anni. Dal 2015 è stata attiva in campo documentaristico. È autrice del saggio "Le guerre che ti vendono" (Edizioni Dedalo), oltre che dei reportage narrativi "Il fronte degli invisibili" e "Donbass. La guerra fantasma nel cuore d'Europa" (Exorma Edizioni).

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Ucraina: avanti, verso l'impossibile pace di Giuseppe Masala Ucraina: avanti, verso l'impossibile pace

Ucraina: avanti, verso l'impossibile pace

La risposta di Repubblica sui bambini ucraini "rapiti" da Putin di Francesco Santoianni La risposta di Repubblica sui bambini ucraini "rapiti" da Putin

La risposta di Repubblica sui bambini ucraini "rapiti" da Putin

Le pagliacciate che alimentano il neocapitalismo di Francesco Erspamer  Le pagliacciate che alimentano il neocapitalismo

Le pagliacciate che alimentano il neocapitalismo

La (cinica) ferocia degli atlantisti più fanatici di Paolo Desogus La (cinica) ferocia degli atlantisti più fanatici

La (cinica) ferocia degli atlantisti più fanatici

Nel “bunker” di Maduro di Geraldina Colotti Nel “bunker” di Maduro

Nel “bunker” di Maduro

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

“Burevestnik”. Che cos'è la nuova arma testata dalla Russia di Marinella Mondaini “Burevestnik”. Che cos'è la nuova arma testata dalla Russia

“Burevestnik”. Che cos'è la nuova arma testata dalla Russia

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente di Gilberto Trombetta Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Come la Grecia di Michele Blanco Come la Grecia

Come la Grecia

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino di Paolo Pioppi Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti