Nobel per la Pace o operazione politica? Le ombre sull’assegnazione a María Corina Machado
Dietro il prestigio del Nobel, un sistema di fondazioni e lobby che ha promosso la destra venezuelana sulla scena globale
di Fabrizio Verde
Il Premio Nobel per la Pace 2025, assegnato alla sedicente leader dell’opposizione venezuelana María Corina Machado, passerà alla storia non come un riconoscimento alla pace, ma come un caso emblematico di ingerenza politica travestita da idealismo umanitario. Dietro la retorica della “democrazia e libertà”, emergono prove concrete di una rete di interessi norvegesi e transatlantici che ha promosso e favorito la candidatura di una figura legata da anni alle frange più radicali e golpiste dell’opposizione venezuelana, sostenute da Washington.
Un Nobel costruito in laboratorio
Secondo un’approfondita inchiesta pubblicata dal portale di giornalismo investigativo La Tabla, la decisione del Comitato Norvegese del Nobel non è stata il risultato di una valutazione indipendente, bensì l’esito di un meccanismo di promozione orchestrato da un complesso di organizzazioni interconnesse in Norvegia: la Fondazione Fritt Ord, il think tank Civita, il Comitato Norvegese di Helsinki e l’Oslo Freedom Forum (OFF).
Il filo conduttore di questa rete è Thor Halvorssen Mendoza, attivista venezuelano-norvegese, fondatore dell’Human Rights Foundation (HRF) e dell’Oslo Freedom Forum. Halvorssen, non a caso, è cugino del leader golpista Leopoldo López, storico alleato di Machado e principale promotore delle proteste violente (La Salida) del 2014 in Venezuela.
L’organizzazione di Oslo è stata, negli ultimi anni, la vetrina privilegiata della destra venezuelana all’estero: qui Machado, López e sua moglie Lilian Tintori hanno ricevuto visibilità internazionale, legittimazione politica e sostegno mediatico da parte di giornalisti e istituzioni occidentali.
La catena dei finanziamenti e delle connessioni
La Fondazione Fritt Ord, principale finanziatore del OFF, ha svolto un ruolo cruciale. È la stessa fondazione che ha premiato in passato due membri del Comitato Nobel: Kristin Clemet nel 2017 e Jørgen Watne Frydnes nel 2021. Entrambi, guarda caso, hanno partecipato direttamente alla decisione di assegnare il Nobel 2025 a Machado.
Clemet, oltre a sedere nel Comitato, dirige il think tank Civita, partner ufficiale dell’Oslo Freedom Forum. Frydnes, oggi presidente del Comitato del Nobel, appartiene anche al Comitato Norvegese di Helsinki, anch’esso legato al forum di Halvorssen.
In altre parole, i promotori della candidatura e i decisori finali del premio condividono gli stessi legami istituzionali, le stesse fonti di finanziamento e la medesima agenda politica. Una vera e propria catena d’influenza, in cui la presunta neutralità del Nobel si dissolve dietro una trama di think tank, fondazioni e lobbying politico internazionale.
Documenti e prove di collusione
Le indagini di La Tabla rivelano inoltre che Kristin Clemet ha pubblicato nel 2024 sul sito di Civita un articolo intitolato “Kampanje mot Oslo Freedom Forum” (“Campagna contro l’Oslo Freedom Forum”), nel quale difendeva esplicitamente il forum e i suoi partecipanti, definendoli “difensori dei diritti umani perseguitati”.
Nello stesso anno, Clemet scrisse un altro testo in cui accusava il governo venezuelano di brogli elettorali, sposando integralmente la narrativa dell’opposizione. Fotografie di Leopoldo López in eventi organizzati da Civita con i suoi emblemi ufficiali completano il quadro: non si tratta di contatti marginali, ma di una collaborazione sistemica e strategica.

Un Nobel al servizio della guerra mediatica
La decisione del Comitato Nobel — teoricamente indipendente e simbolo universale della neutralità morale — appare così gravemente compromessa. Il premio a Machado non celebra la pace, ma legittima una figura politica che ha apertamente invocato l’intervento militare straniero contro il suo stesso Paese. sostenuto le sanzioni economiche che hanno devastato milioni di famiglie venezuelane e che esprime apprezzamento per le politiche genocide di Israele a Gaza. Machado ha fatto sapere tramite la piattaforma X di aver ricevuto i complimenti per il Nobel ricevuto dal genocida Benjamin Netanyahu, e ha espresso ammirazione per le politiche israeliane.
I spoke with Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu today and thanked him for his warm congratulations to the people of Venezuela on our 2025 Nobel Peace Prize.
— María Corina Machado (@MariaCorinaYA) October 17, 2025
We Venezuelans deeply value peace, and we know that achieving it requires immense courage, strength, and moral… https://t.co/tFKVemoOpA
Persino le circostanze successive al premio hanno rivelato la sua natura farsesca: Machado ha dedicato il Nobel a Donald Trump (e non al popolo venezueano come sottolineato dall’argentino Adolfo Perez Esquivel in una lettera aperta alla golpista venezuelana), ringraziandolo per “il suo deciso sostegno alla causa venezuelana”. Trump, dal canto suo, ha dichiarato pubblicamente di “non sapere chi fosse la premiata”, ma di essere “onorato dal gesto”. Un dialogo surreale che riassume perfettamente il livello di manipolazione e spettacolarizzazione che circonda questo “Nobel della Pace”.
Un premio contro il Venezuela
Dietro la retorica dei “diritti umani” e della “democrazia”, questa operazione risponde a un disegno geopolitico preciso: usare il (residuo) prestigio del Nobel per delegittimare il governo venezuelano, isolare Caracas nel contesto internazionale e presentare la destra radicale come unica alternativa “legittima”.
La pace, in questo scenario, diventa un’arma. Non si premiano i costruttori di ponti, ma coloro che — sotto il patrocinio occidentale — usano la retorica della libertà per destabilizzare nazioni sovrane.
L’assegnazione del Nobel a María Corina Machado rappresenta quindi un punto di non ritorno per la credibilità del Comitato Norvegese. Il premio ha definitivamente perso la sua anima e si è trasformato in uno strumento di propaganda del blocco occidentale.

 
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