Start, tutto quello che devi sapere sulla "telefonata nucleare"

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Biden e Putin hanno parlato al telefono. Un’iniziativa che denota certo coraggio del primo, ché sfidare il maccartismo imperante negli Usa è rischioso. E indica una prospettiva, che forse avrà successo forse no, ma che è ugualmente significativa.

 

Start

I media Usa, e nostrani, hanno riferito con enfasi (e poco) solo la parte della conversazione nella quale Biden ha fatto le sue rimostranze allo zar: sull’asserito avvelenamento di Navalny e sulla sua prigionia; sulle interferenze russe negli Usa e altro.

In realtà sarebbe stato del tutto inutile che Biden rispondesse alla chiamata del presidente russo, che ha voluto rinnovargli gli auguri per l’incarico (peraltro già espressi tramite missiva), solo per esprimergli note lamentele.

Al di là degli obbligati convenevoli, invece, i due hanno parlato di argomenti più che seri, nucleari, con esito positivo.

Hanno infatti stabilito di estendere il trattato START, che frena il dispiegamento delle testate atomiche, ormai in scadenza. Un passo sul quale Biden si era già pronunciato, ma che, dopo la telefonata si è concretizzato.

I due presidenti, infatti, hanno concordato “che le loro squadre inizieranno a lavorare subito per mettere a punto l’estensione [dello START] entro il 5 febbraio”, si legge nel comunicato ufficiale della Casa Bianca.

 

Il nucleare iraniano

In secondo luogo hanno parlato del ritorno degli Stati Uniti nell’accordo nucleare iraniano, sul quale concordano entrambi.

Tema delicatissimo, e il fatto che russi e americani ne abbiano parlato ha irritato qualcuno in Israele (e altrove), in particolare Netanyahu.

Ma, da politico navigato, ha evitato dichiarazioni ostative che l’avrebbero messo subito contro gli Usa, rinnovando quell’allontanamento di Tel Aviv da Washington già conosciuto ai tempi di Obama che tanti, nel suo Paese, gli rimproverano.

Così ha parlato la più alta carica militare d’Israele, il Capo di Stato Maggiore dell’esercito, il tenente generale Aviv Kochavi, che, in una conferenza, non solo ha criticato l’ipotesi, ma ha aggiunto che Israele sta approntando nuovi piani militari per eliminare la “minaccia nucleare iraniana”.

Quasi una dichiarazione di guerra, che ha “soddisfatto” Netanyahu, come scrive Amos Harel su Haaretz, ma che deve aver lasciato perplessi tanti in Israele, ai quali Harel ha prestato la sua penna.

 

Israele

Nella sua nota, infatti, il cronista israeliano spiega che con tale dichiarazione il generale si è ingerito nella sfera politica, mentre spetta al governo, eventualmente, esprimere opinioni in proposito.

“È difficile ricordare – aggiunge Harel – qualche predecessore di Kochavi che abbia parlato così duramente. L’ufficiale numero 1 dell’IDF non dovrebbe dare ordini al nostro principale alleato […]. Per quanto poi riguarda i piani operativi [d’attacco ndr.], è dubbio che gli israeliani, che chiedono aiuto per gli ospedali e le imprese colpiti dalla pandemia, anelino agli scenari apocalittici [cioè la guerra all’Iran ndr] e concordino sui finanziamenti di cui questi hanno bisogno”.

Tanto che uno dei predecessore di Kochavi, l’ex generale Gabi Ashkenazi, che alla conferenza ha preso la parola dopo di lui, continua Harel, ha “preso in giro il suo ex subordinato. ‘È meglio fare  una conversazione tranquilla in una stanza”, ha detto. ‘Non consiglierei assolutamente una politica antagonista nei confronti degli americani sui media’”.

Nella sua nota, peraltro, Harel ricorda un’intervista dell’ultimo predecessore di Kochavi, Gadi Eisenkot, nella quale l’ex generale aveva affermato che non c’era alcuna evidenza che l’Iran avesse violato il trattato sul nucleare (1).

 

La risposta soft iraniana

Insomma, in Israele c’è dibattito sul tema, che i rapporti tesi tra Teheran e Tel Aviv rendono soffuso, ma non per questo meno acceso.

Un antagonismo che abita anche l’Iran, che però ha scelto di rispondere alle dichiarazioni di Kochavi in maniera soft, per bocca di un esponente politico di basso profilo, Mahmoud Vaezi, capo dello staff del presidente Rouhani.

Vaezi ha dichiarato che l’Iran ha i mezzi per difendersi e che non ha alcuna “intenzione di iniziare una guerra con Israele”.

Significativa l’aggiunta: in realtà, secondo Vaezi, le minacce sarebbero velleitarie e solo parte di una “guerra psicologica” (Tansim).

 

Biden & Putin

Al di là delle dispute mediorientali resta l’intenzione di Biden di cercare una sponda russa alla sua determinazione sull’accordo nucleare, necessaria per superare le resistenze.

Significativo che nello stringato comunicato ufficiale della Casa Bianca relativo alla conversazione non vi sia traccia che i due abbiano parlato anche di questo, come invece riferisce il più esteso comunicato russo. È evidente che Biden non vuole urtare suscettibilità.

Al di là dei temi trattati, e degli esiti, resta significativa questa prima telefonata tra i due presidenti. il National Interest ha ricordato come Biden in campagna elettorale abbia criticato aspramente la Russia.

“La sua prima telefonata con Putin, tuttavia, – spiega il NI – suggerisce che avrà nei rapporti con la Russia avrà più successo del suo predecessore. È probabile, infatti, che Biden seguirà una politica più sfumata di quanto la sua retorica elettorale avrebbe potuto indicare”.

 

(1) Sul punto una novità: di oggi: Biden ha nominato  Robert Malley, che già aveva negoziato l’accordo nucleare sotto Obama, come inviato speciale per l’Iran. Segnale importante. Sempre di oggi, un’altra nota di Harel dal titolo: “Gli americani firmeranno un accordo con l’Iran con o senza Israele“. RVero a metà, ma ugualmente significativo.

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