Thailandia: inizia il processo contro i leader delle camicie rosse
L'accusa è quella di terrorismo. Rischiano fino alla pena di morte
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I leader delle "camicie rosse" che hanno guidato le proteste a Bangkok nel 2010 compariranno domani davanti ai giudici, nel processo che li vede imputati con l'accusa di terrorismo. La vicenda rischia di esacerbare ancor più gli animi in una nazione già segnata da una profonda crisi politica tra la fazione che sostiene la premier Yingluck Shinawatra ed il fratello Thaksin, multimiliardario in esilio sul cui capo pesa una condanna a due anni per corruzione e considerato la vera "eminenza grigia" dell'esecutivo; e l'opposizione guidata dal precedente Primo Ministro Abhisit Vejjajiva, dalle "camicie gialle" e dall'ala monarchica e filo-militare.
I 24 imputati, fra i quali vi sono cinque parlamentari tuttora in carica, rischiano la pena di morte per la protesta popolare che ha sconvolto il cuore della capitale per intere settimane ed ha provocato violenti scontri che hanno causato circa 90 morti e quasi 2mila i feriti, prima dell'intervento militare che ha messo la parola fine alla protesta. I leader delle "camicie rosse" si dicono fiduciosi di poter dimostrare in aula la loro innocenza e accusano il precedente governo di "uso della forza" per reprimere le dimostrazioni. Nell'agosto 2010 gli indagati hanno respinto ogni accusa, negando il loro coinvolgimento in presunti episodi di violenza, durante i quali sono stati dati alle fiamme decine di edifici, fra cui un centro commerciale e la sede della borsa. Di contro, non risultano né indagate né rinviate a giudizio personalità vicine al governo allora in carica o leader militari, che hanno guidato la repressione della protesta facendo ricorso alla forza. Per questo i critici parlano di una "doppia misura" nell'analizzare i fatti di sangue della primavera del 2010, che hanno portato poi alla caduta dell'esecutivo Abhisit e decretato il successo alle urne della Shinawatra.
Martedì, intanto, l'opposizione ha presentato in Parlamento una mozione di sfiducia contro il primo ministro, accusata di non essere riuscita a combattere in modo efficace la corruzione e di essere "un fantoccio" nelle mani del fratello Thaksin, il vero detentore del potere, auto-esiliatosi per sfuggire al carcere. Yingluck, prima donna alla guida del paese, ha ottenuto 308 voti su 467, conquistando il pieno consenso di tutta la coalizione che regge l'esecutivo.