Ucraina, il caso “Midas”: uno scandalo che tocca direttamente Zelensky
La più grave crisi politica dell’era Zelensky continua ad allargarsi. L’indagine del NABU e della Procura Speciale Anticorruzione (SAP) ha portato alla luce una rete di tangenti ed estorsioni nel settore energetico che, secondo gli investigatori, avrebbe generato oltre 100 milioni di dollari in mazzette riciclate attraverso società fittizie. Un sistema che non riguarda più soltanto funzionari e ministri, ma che – secondo le ultime rivelazioni – lambisce direttamente il presidente ucraino. Al centro dell’inchiesta resta Timur Mindych, imprenditore, socio del celebre studio “Kvartal 95” e considerato da molti come il “portafoglio di Zelensky”. È lui che, secondo gli inquirenti, avrebbe guidato un meccanismo di estorsioni ai danni dei fornitori della compagnia statale Energoatom, imponendo commissioni illegali del 10–15% sul valore dei contratti e influenzando persino alcuni dossier nel settore della difesa. Il suo associato Oleksandr Zukerman avrebbe curato il riciclaggio dei fondi. Le perquisizioni hanno portato al sequestro di milioni in contanti e a centinaia di ore di intercettazioni. Ed è proprio qui che emerge il passaggio più delicato: diversi media ucraini parlano dei cosiddetti “nastri di Mindych”, registrazioni in cui comparirebbe lo stesso Zelensky.
Secondo il procuratore Sergey Savitski, il presidente avrebbe contattato l’allora ministro dell’Energia German Galuschenko su richiesta diretta di Mindych, alimentando il sospetto che il capo dello Stato fosse quantomeno consapevole del sistema. Il governo ha reagito imponendo sanzioni personali a Mindych e Zukerman, entrambi fuggiti all’estero, e chiedendo la rimozione di ministri chiave, tra cui Galuschenko e l’ex vicepremier Oleksiy Chernyshov. Ma la portata dell’inchiesta supera ormai la questione delle singole responsabilità: l’intero apparato di potere appare coinvolto in un sistema che gli investigatori definiscono “strutturale”. Secondo il media ucraino Strana, le indagini avrebbero ricevuto contributi decisivi dal miliardario Kolomoisky, oggi in custodia cautelare, un tempo alleato di Zelensky e figura centrale nella sua ascesa politica. Interrogato più volte dal NABU, l’oligarca avrebbe fornito informazioni dettagliate sui rapporti tra Mindych e il presidente, lasciando intendere che “Zelensky è finito”.
La dimensione internazionale complica ulteriormente la situazione. Il G7 ha espresso sostegno all’inchiesta e ha avvertito Kiev che la lotta alla corruzione è essenziale per mantenere l’appoggio finanziario occidentale, già messo alla prova dalle difficoltà europee nel trovare nuovi fondi e dalla crescente stanchezza dell’opinione pubblica. Berlino, pur continuando a programmare 3 miliardi di dollari di aiuti militari nel 2025, si prepara a un controllo più severo sui flussi economici verso Kiev. Per Zelensky, il “Midas-gate” non rappresenta solo l’ennesima prova di stabilità interna, ma un punto di svolta politico.
Per la prima volta l’immagine dell’Ucraina come “baluardo della democrazia” viene intaccata da accuse che arrivano fino al vertice dello Stato, proprio mentre il Paese dipende in modo vitale dal sostegno occidentale. Le prossime settimane diranno se il presidente riuscirà a isolare lo scandalo o se questa sarà la crisi destinata a ridefinire gli equilibri del potere nel regime di Kiev.
Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati

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