Un Borghese piccolo piccolo
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Entrare in polemica con un tipo che è diventato famoso per il semplice fatto di ripetere ossessivamente la frase «manca ancora il mio voto che potrebbe confermare o ribaltare tutto» francamente appare quasi offensivo: per me che lo faccio e per voi che leggete.
Però adesso occorre proprio dirlo: Borghese ci ha davvero rotto i coglioni.
Non è la prima volta che questo individuo si lascia andare ad affermazioni offensive nei confronti dei giovani italiani: è inammissibile che si permetta di dire che le ragazze e i ragazzi italiani non abbiano voglia di lavorare e che preferiscano farsi il weekend con gli amici.
Sono i fatti a smentire quello che sostiene questo soggetto: abbiamo un tasso di precarietà ai massimi storici (contiamo oltre tre milioni di precari!) e soltanto l’anno scorso abbiamo contato più di tre morti al giorno sul lavoro. E, nonostante questo sia assolutamente indicativo di condizioni di lavoro generalmente infauste, a gennaio c’erano più di due milioni di persone in cerca di lavoro (2.338.000 per l’esattezza). Erano 633.000 gli inattivi: persone tanto disperate da aver persino rinunciato a cercarlo un lavoro. I nostri dati sull’occupazione giovanile sono drammatici: siamo quasi al 30% e anche quelli sull’occupazione in generale sono tra i peggiori d’Europa (peggio di noi solo Grecia e Spagna).
E allora, ripeto, adesso ci hai davvero rotto i coglioni: prima di tutto è stucchevole sentirti dire che dobbiamo spaccarci la schiena «se vogliamo diventare come te». Ah Borghè, ma chi te se fila? (A Roma, a ragione, te l’avrebbero detta diversamente). Certe affermazioni, peraltro reiterate, sono vergognose: irrispettose del dramma che tante italiane e tanti italiani sono costretti a vivere ogni giorno.
Il mondo del lavoro è stato precarizzato fino al midollo, nel privato come nel pubblico. Le finte partite IVA sono la regola ormai nel mondo del lavoro autonomo. Il disegno costituzionale è stato completamente abbandonato, tradito. Chi oggi gode di certi diritti (non privilegi!) è quasi indotto a sentirsi in colpa, membro di una stramaledettissima casta.
Se Fantozzi fosse nato nel 2000, oggi sarebbe uno di quei “privilegiati”: chi era considerato uno sfigato quarant’anni fa, oggi sarebbe visto come un buon partito. Gli basta per comprendere o prepariamo un disegnino?
Dici che la gente ti molla proprio nel weekend: che tipo di contratto hanno questi lavoratori? E che contratto hanno quelli che tu provi a chiamare per rimpiazzarli? Hanno un contratto a tempo indeterminato full time, uno stagionale o un job on call? La differenza è tutt’altro che marginale: sarebbe interessante capire meglio.
E se nella tua “gavetta” sei stato sfruttato e hai provato quel che significa, hai una ragione in più per comprendere chi invece desideri essere tutelato. Questo è un paese dove la gente lavora gratis “per formarsi” (nei ristoranti stellati è pieno di gente che si fa il culo per “sporcare il curriculum” e per portare il piatto a tavola a gente come te che può pagare quel pasto): l’Italia è l’unico paese europeo nel quale i salari sono diminuiti rispetto al 1990.
E allora Borghé vedi di farla finita, che questo è il paese nel quale Luana D’Orazio, una mamma di 22 anni (una di quei giovani italiani di cui parli tu), è morta stritolata da un macchinario modificato per aumentarne la produzione dell’8%. Alimentare certe narrazioni è semplicemente imbarazzante, mi vergogno per te, come pure per tutti coloro i quali ti intervistano e non ti sbattono in faccia la verità e non te lo dicono con tutto il cuore che ad essere come te non ci teniamo proprio.
Studia, piuttosto, leggi la Costituzione, acquisisci un minimo di consapevolezza di cittadinanza: dai un senso alla tua partecipazione mediatica, mettendola magari al servizio di chi è più debole, di chi non ce la fa.
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Ho scritto “Contro lo smart working”, Laterza 2021 (
https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858144442) e “Pretendi il lavoro! L'alienazione ai tempi degli algoritmi”, GOG 2019 (
https://www.gogedizioni.it/prodotto/pretendi-il-lavoro/)