Vincenzo Costa - E' nata la nuova sinistra?

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Vincenzo Costa - E' nata la nuova sinistra?

 

di Vincenzo Costa*

 

Il dissenso e la nuova sinistra nata ieri a Roma

Ieri a Roma è nata la nuova sinistra, quella che tanti hanno desiderato, quella che non guarda al centro. 

Aggrega attorno a un progetto che, se realizzato, sarebbe una rivoluzione. Rammentiamo solo alcune direzioni:

1) Spesa sanitaria al 7%.
2) Riconoscimento dello stato palestinese
3) fine fornitura armi a Israele
4) Abolizioni leggi repressive recentemente emanate dalla destra
5) cittadinanza subito per tutti
6) salario minimo.
7) reddito di cittadinanza
8. no al programma di riarmo.

È un programma. Devo supporre che se questa nuova coalizione di sinistra vincerà le elezioni tutte queste indicazioni diventeranno realtà nei primi cento giorni.

Ma è davvero un programma? O è una lettera a babbo natale? 

Bersani è tutto felice, insieme alla Schlein. Ma io ricordo, anni fa, Bersani, in una grande fabbrica in crisi, dire “non permetteremo che chiuda”. La fabbrica chiuse e nessuno si ricordò di quelle parole, Bersani forse neanche sa di averle dette. 

Questo è il simulacro, questa è la politica nell’epoca dei simulacri: tutto esiste una frazione di secondo, per essere subito obliato con lo scorrere dei programmi TV e dei messaggi sui social.

Non c’è politica e non ci può essere politica perché non c’è memoria politica.

Io sono sicuro che questo programma di sinistra è tutta una simulazione, un imbroglio. 

Niente di questo sarà realizzabile, per molte ragioni: per i vincoli di bilancio europei, per i vincoli politici e lo stato di sovranità limitata del nostro paese, per i vincoli più o meno occulti che legano tutte quelle forze, in primo luogo il PD, a forze potenti, nazionali e internazionali. 

Non è politica, perché non c’è progetto: una lista della spese senza avere i soldini nel portafoglio per farla.

Ieri a Roma è nata una forza che realizza in maniera onirica ciò che non può essere realizzato e che essa non può realizzare nella realtà. 

Sin quando continuerà a perdere le elezioni la sua funzione sarà questa, ma quando vincerà le politiche, e questo può accadere, la sua funzione vera emergerà e allora, forse, qualcuno farà un bagno di realtà, ma i molti di sinistra continueranno a sognare, a giustificare. 

Quello che ho capito in questi anni è che la gente di sinistra vuole sognare, è chiusa in un mondo onirico, vuole utopie, e dunque sarà sempre il ventre molle del potere. 

Mille esempi, tra questi la posizione sulla Siria. A sinistra basta che si parli di diritti umani, donne etc. è certo che puoi giustificare di tutto. 

Come che sia, si chiude un periodo storico: quello del dissenso.

Questo mirava a superare le opposizioni destra/sinistra, tradizione/emancipazione, identità/alterità, ospitalità/ostilità. 

Aveva un’idea fondamentale: la crisi consiste in primo luogo in un processo di dissolvimento delle forme di legame, e il legame non può essere prodotto né attraverso imposizioni giuridiche né attraverso “mancette economiche”. 

Tutto questo viene messo per anni o decenni tra parentesi. Il clima è cambiato: “se vuoi criticare critica entro il paradigma”, “facciamo proposte concrete, tipo guardiamo la Spagna, perché per il sinistrato ci deve sempre essere una "patria socialista".

Ora, è difficile criticare le lettere a babbo natale, e comunque non esiste e non esisterà per anni una forza politica che incarni una differente concezione della politica e, prima ancora, della società. 

Il dissenso non ha più agibilità politica.

Per un certo numero di anni si torna a dover scegliere tra destra e sinistra. 

Alcuni, i molti, rientreranno nella sinistra che si sta delineando. Altri, pochi, si ritireranno nel loro privato. Altri ancora, pochissimi, riterranno che se proprio si deve scegliere il male minore allora il male minore è la destra, che almeno non ci porta a schierarci con i volontari, esponendo il paese a un pericolo incalcolabile.

Per qualcuno significa che bisogna mollare gli ormeggi. 

La cultura di sinistra non è modificabile, dal punto di vista concettuale non è soggetta a critica possibile perché scatta subito l’accusa di indegnità morale. 

Non è modificabile perché, dal punto di vista sociologico, è una rete chiusa e impenetrabile, è un principio di esclusione. 

Molti sin qui hanno, più o meno segretamente, sperato di modificare questa cultura, il modo di guardare il mondo, di intendere il dinamismo del reale. Non è più tempo. 

Stare a sinistra significa essere risucchiati dentro un orizzonte di simulacri, dentro uno schema concettuale che imprigiona. E non ha senso discutere a sinistra: ci sarebbe solo spazio per polemiche continue. 

Per chi non vuole affogare in questo orizzonte non resta che prendere il largo, senza direzione, forse senza bussola, ma con la certezza che da quel porto bisogna uscire.

*Post Facebook del 8 giugno 2025

Vincenzo Costa

Vincenzo Costa

Vincenzo Costa è professore ordinario alla Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, dove insegna Fenomenologia (triennale) e Fenomenologia dell’esperienza (biennio magistrale). Ha scritto molti saggi in italiano, inglese, tedesco, francese e spagnolo, apparsi in numerose riviste e libri collettanei. Ha pubblicato 20 volumi, editato e co-editato molte traduzioni e volumi collettivi. Il suo ultimo lavoro è Psicologia fenomenologica (Els, Brescia 2018).

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