Cosa pensa a Banca d'Italia dell'operato del Governo?

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Cosa pensa a Banca d'Italia dell'operato del Governo?

 

di Federico Giusti Delegato CUB

Letture proficue sono la audizioni parlamentari sui documenti economici e programmatici, offrono spunti di analisi e riflessione sui suggerimenti dei poteri forti alla iniziativa governativa e per questo siamo andati a leggere l'intervento in Commissione della Banca d'Italia pochissimi giorni dopo la presentazione del Documento programmatico di finanza pubblica da cui poi scaturirà la Legge di Bilancio.

Audizione preliminare all’esame del Documento programmatico di finanza pubblica 2025

Intanto Banca d'Italia esprime critiche e perplessità al contesto economico e internazionale con appunti che riportano alla stringata valutazione della Unione Parlamentare di Bilancio

UPB_Audizione-DPFP-2025.pdf

In sostanza Banca d'Italia  delinea "Il quadro dell’economia internazionale rimane segnato da molteplici fattori di instabilità, in primo luogo riconducibili all’inasprimento delle politiche commerciali e, più in generale, alle tensioni geopolitiche" critica la introduzione dei dazi e la minaccia costante di innalzare gli stessi come arma economica e politica contro Italia ed Europa. Non vengono lesinate critiche all'operato degli Usa come causa delle difficoltà congiunturali europee con una crescita del PiL a dir poco modesta. La Banca non lancia invettive contro il Governo limitandosi alla analisi (pur di parte ) dei fattori economici, commerciali e per questo le sue valutazioni non potranno essere respinte come pregiudiziale politica urlando contro il clima di odio ordito ai danni della premier Meloni.

 

Leggiamo testualmente dal Rapporto 

In Italia, il PIL è lievemente diminuito nel secondo trimestre del 2025,
in larga parte per la caduta delle vendite all’estero, che anche nel nostro paese erano state precedentemente sostenute dall’anticipo degli acquisti dagli Stati Uniti. L’elevata incertezza derivante dalle tensioni commerciali e geopolitiche ha indotto i consumatori a mantenere comportamenti di spesa prudenti, ma non ha impedito che gli investimenti continuassero a espandersi, favoriti dalla discesa del costo dei finanziamenti e dalle misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il mercato del lavoro ha mostrato segnali di raffreddamento, con un sostanziale ristagno del numero di occupati
e delle ore lavorate. Gli indicatori disponibili suggeriscono una lieve ripresa dell’attività nel terzo trimestre dell’anno, alimentata principalmente dal settore dei servizi.

Crescita modesta, flessione della domanda esterna , una economia sorretta dal PNRR senza cui saremmo già in piena recessione, qualche segnale positivo dalla crescita delle entrate contributive con la pressione fiscale salita dello 0,3 per cento, conti in lieve miglioramento (decresce il debito per capirci), perchè di fatto calano gli investimenti e le spese necessarie a sostenerli. Per capirci se eviti di spendere per tenere il debito sotto controllo alla fine vengono meno anche gli investimenti indispensabili per la crescita e la innovazione, questo equilibrio potrà pagare al cospetto di Bruxelles ma alla lunga presenterà un salato conto.

Non entreremo nell'analisi del testo di Banca d'Italia perchè sarebbe troppo lunga una  minuziosa ricerca tra le entrate e le uscite, sulla incidenza del debito sul prodotto, proviamo a saltare direttamente alle conclusioni 

  • I redditi da lavoro dei dipendenti pubblici sono in continua diminuzione e sarebbe sufficiente la erosione del potere di acquisto per contestare il programma economico del Governo Meloni
  • Gli investimenti pubblici accompagnano la realizzazione del PNRR per poi, da qui a 5 anni, crollare miseramente. E nel frattempo i soli investimenti in crescita sono quelli del settore militare
  • Nel prossimo triennio avviene una lieve flessione, ma pur sempre tale, delle entrate, conseguenza dei tagli alle tasse a beneficio delle imprese
  • Non è dato sapere la evoluzione delle entrate e della spesa primaria complessiva
  • Le spese militari crescono e determinano l'aumento di tutta la spesa pubblica che in molte pagine del Documento è fonte di preoccupazione per il Governo. Trattasi di una scelta politica quella di potenziare il settore bellico e non il welfare rispetto alla quale siamo tenuti ad aprire una rapida riflessione.
  • Sul debito pubblico lasciamo parlare direttamente Banca d'Italia L’andamento del debito non è esente da rischi di breve periodo. Il DPFP stima ad esempio che, a parità di altre condizioni, nel caso di un aumento permanente e inatteso del rendimento dei titoli di Stato a 10 anni di 100 punti base a partire dal 2026, il rapporto tra il debito e il PIL, invece di scendere dal 2027, continuerebbe a crescere in ogni anno dell’orizzonte considerato (collocandosi nel 2028 poco sotto al 141 per cento)
  • Il quadro internazionale, eventuali aumenti dei dazi e delle materie prime rendono la situazione incerta e problematica con immediate e pericolose ripercussioni sulla tenuta dei conti e sugli andamenti dell'economia, l'atteggiamento della Banca è assai più prudenziale del passato
  • Non mancano i suggerimenti al Governo che suonano anche come critica per i mancati investimenti alle voci tecnologie e sviluppo. Citiamo testualmente aumentando le risorse a favore di investimenti, ricerca e istruzione e contestualmente razionalizzando le spese fiscali, rimuovendo gli elementi del sistema tributario che scoraggiano la crescita dimensionale delle imprese, arginando l’erosione della base imponibile dell’Irpef. 

In attesa della prossima Legge di Bilancio il documento programmatico indica la strada maestra per il Governo tra politiche di crescita della spesa militare, investimenti legati solo al Pnrr, una puerile attesa degli eventi internazionali mimetizzandosi per non attirarsi critiche dai poteri economici e finanziari che contano. Una politica di piccolo respiro all'ombra di Trump e della Ue, altro che aumento della credibilità italica nel mondo, sacrifici scaricati sulle classe popolari, diminuzione dei redditi per i lavoratori dipendenti e allargamento della forbice sociale. E' questo il paese che vogliamo?

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