Cosa sappiamo del Partito Comunista Americano (ACP) ad un anno della sua fondazione

5346
Cosa sappiamo del Partito Comunista Americano (ACP) ad un anno della sua fondazione



A poco più di un anno dalla sua fondazione, il Partito Comunista Americano (ACP) è sicuramente il fenomeno politico statunitense che più ha fatto discutere in seno alla cosiddetta “sinistra radicale” e alla galassia “antisistema”. Nato per ricostruire il partito comunista dopo anni di indebita appropriazione di questo titolo da parte di agenti del Partito Democratico e gruppuscoli trotzkisti, l’ACP è stato salutato da molti, dentro e fuori gli Stati Uniti, come una ventata d’aria fresca nel panorama politico occidentale. Altrettanto diffuse sono state però le critiche: per alcuni, il Partito Comunista Americano non sarebbe altro che “un movimento di nicchia e squilibrato”, un movimento “nazionalista”, intento ad “appropriarsi della retorica comunista” [1], per altri, come il direttore del’istituto ed emittente filo-sionista MEMRI, si tratterebbe di un gruppo “nazional-bolscevico” [2], o ancora un partito direttamente “neofascista”, come ha commentato, abbandonandosi a una non frequente superficialità, l’economista greco Yanis Varoufakis [3].

I dirigenti, i membri e i simpatizzanti dell’ACP non hanno però dubbi: si tratta di un partito comunista, anzi dell’unico partito comunista attualmente presente sul territorio statunitense [4]. A cosa si devono quindi le frequenti accuse che una galassia che spazia dal sionismo militante al trotzkismo, dai Dem al mondo anarchico, vengono rivolte verso il Partito Comunista Americano? Da una fondamentale incomprensione di cosa sia un partito comunista, di cosa sia il socialismo scientifico e su come una persona che pretende di richiamarsi agli strumenti elaborati dal movimento comunista internazionale debba posizionarsi nel mondo contemporaneo.

 

“Il Partito Comunista Americano è un partito fascista, nazionalista, che appoggia l’imperialismo di Washington”.

 L’estrema sinistra occidentale, rinnegando qualsiasi esperienza socialista e i frutti dello sviluppo del socialismo scientifico, ha da decenni portato avanti l’assioma per cui qualsiasi forma di orgoglio nazionale, di patriottismo e di affezione per la propria terra debba necessariamente essere una copertura per tendenze “fasciste” e “suprematiste”. Il Partito Comunista Americano è un partito patriottico, che rivendica l’utilizzo della bandiera “stelle e strisce” e che si propone in piena continuità  con gli la tradizione progressista degli Stati Uniti, dalla Guerra d’Indipendenza alla guerra per l’abolizione della schiavitù guidata da Lincoln, vista come una “seconda rivoluzione” a (parziale) completamento della prima, dal  movimento operaio e contadino a quello per i diritti civili. Questo basta perché la cosiddetta estrema sinistra lo qualifichi come “fascista”.

Questa accusa parte da presupposti teorici liberali, inquinati da un odioso “nichilismo nazionale” che, dimenticando il materialismo dialettico, pretende di definire l’interezza della concreta esistenza plurisecolare di una nazione (per quanto in fieri come gli Stati Uniti) come qualcosa di esclusivamente negativo in sé. Tale atteggiamento è completamente estraneo al socialismo scientifico. Notoriamente, nel 1935 il comunista bulgaro Georgi Dimitrov, proprio demistificando le pretese “patriottiche” dei fascismi, affermò l’ostilità dei comunisti per qualsiasi forma di nichilismo nazionale: “Noi comunisti siamo per principio avversari irriducibili del nazionalismo borghese di tutte le tinte. Ma noi non siamo partigiani del nichilismo nazionale e non dobbiamo mai presentarci in tale veste” [5]. I comunisti non sono chiamati a negare la Storia di una nazione, ma a guidare le sue forze progressive, la classe lavoratrice, in quanto energia vitale di un processo storico di perpetua trasformazione, di sublazione del passato nel futuro. Negare la nazione significa negare la realtà: la nazione, “una comunità stabile, storicamente formatasi, che ha la sua origine nella comunità di lingua, di territorio, di vita economica e di conformazione psichica che si manifesta nella comune cultura” [6], è un fatto oggettivo, non un’opinione.

Una nazione ha nel suo seno diverse componenti, classi dagli interessi opposti o convergenti. La classe dominante di una società nazionale in una data epoca si presenta come guida della nazione, come gruppo particolare capace di “riassumere” la totalità, camuffando i propri interessi di parte come “interesse generale”. Marx ed Engels nel Manifesto del Partito Comunista affermano, come è noto, “gli operai non hanno patria”, ma pochi comprendono il senso di questa frase. Inserendola nel suo contesto il suo significato diviene più chiaro: “Gli operai non hanno patria. Non si può toglier loro ciò che non hanno. Ma poiché il proletariato deve conquistarsi prima il dominio politico, elevarsi a classe nazionale, costituirsi in nazione, è anch'esso nazionale, benché certo non nel senso della borghesia” [7]. Perché i lavoratori “non hanno patria”? Perché, al tempo di Marx, ogni nazione era dominata da altre classi, che controllandone la vita nazionale rendevano i singoli paesi le loro “proprietà”, escludendo dal potere politico i lavoratori, relegandoli quindi allo status di “estranei”. Conquistando il dominio politico il proletario si eleva a “classe nazionale”, si “costituisce in nazione”, esattamente come fatto dalla borghesia che, alla vigilia della Grande Rivoluzione del 1789 poteva affermare per bocca dei suoi intellettuali “Che cos’è il Terzo Stato? Una nazione intera” [8].

Una parte della cosiddetta estrema sinistra accetta tutto ciò, ma con riserva. L’orgoglio nazionale e il patriottismo possono essere “permessi” nei paesi arretrati, nei paesi oppressi dal giogo coloniale e imperialista, ma vanno assolutamente rifiutati in seno ai paesi imperialisti. Essi confondono il “nazionalismo borghese” con l’orgoglio nazionale e il patriottismo, rendendoli sinonimi e rifiutandosi di riconoscere la sostanziale differenza di contenuto politico tra due affermazioni apparentemente simili. Un comunista può essere un patriota e orgoglioso della propria nazione anche in un paese imperialista? Così la pensava anche Lenin, tra i più accesi avversari del “social-patriottismo” e di ogni mistificazione “patriottica” dell’imperialismo. In relazione alla Russia, paese che definiva imperialista, il grande rivoluzionario bolscevico scriveva già a Prima Guerra Mondiale iniziata: “E’ il senso d'orgoglio nazionale alieno per noi, proletari coscienti della Grande Russia? Certamente no! Noi amiamo la nostra lingua e il nostro paese, è noi stiamo facendo del nostro meglio per far innalzare le sue masse che duramente lavorano (ovvero i nove decimi della sua popolazione) ad un livello di coscienza democratica e socialista. A noi è assai più penoso vedere e percepire le violenze, l'oppressione e le umiliazioni che il nostro amato paese soffre per mano dei macellai dello zar, i nobili ed i capitalisti. [...] Noi siamo pieni di un senso di orgoglio nazionale, e proprio per questa ragione noi odiamo particolarmente il nostro passato schiavista (quando la nobiltà terriera guidò i contadini in guerra per soffocare la libertà dell'Ungheria, della Polonia, della Persia e della Cina), ed il nostro presente schiavista, quando proprio questi stessi proprietari terrieri, aiutati dai capitalisti, ci stanno guidando in una guerra per strangolare la Polonia e l'Ucraina, abbattere i movimenti democratici in Persia e Cina, rafforzare i Romanov, i Bobrinsky ed i Purishkevich, che sono il disonore della nostra dignità nazionale Grande-Russa. Nessuno è colpevole di essere nato schiavo. Ma lo schiavo al quale non solo sono estranee le aspirazioni alla libertà, ma che giustifica e dipinge a colori rosei la sua schiavitù (che chiama, per esempio, "difesa della patria" dei grandi russi lo strangolamento della Polonia e dell'Ucraina), un tale schiavo è un lacchè e un bruto che desta un senso legittimo di sdegno, di disgusto e ripugnanza” [9].

Il Partito Comunista Americano si pone in perfetta continuità con la tradizione marxista-leninista, opponendosi all’imperialismo di Washington, al regime terroristico internazionale che dagli Stati Uniti si estende in tutto il mondo provocando miseria, morte e distruzione, anche in nome dell’orgoglio nazionale delle masse americane e del patriottismo. L’ACP dimostra questo nella pratica, sostenendo apertamente, nonostante i rischi legali e fisici, la resistenza palestinese, Hezbollah, lo Yemen, la Federazione Russa, la Repubblica Popolare Cinese, la resistenza popolare haitiana guidata da “Barbecue”, il Venezuela bolivariano e ogni Stato, partito e movimento che si sta opponendo concretamente all’imperialismo statunitense. In questo il partito non ha mai mostrato il minimo tentennamento, inviando costantemente i propri delegati all’estero e affrontando per questo anche la repressione del regime di Washington [10].

Al contrario, a dover essere tacciati di connivenza con l’imperialismo sono quei circoli che, sotto la maschera della “difesa dei diritti umani” o finanche della “lotta all’imperialismo”, finiscono per appoggiare concretamente gli interessi di Washington. A dover essere etichettati come “social-imperialisti”, per recuperare la definizione adoperata da Lenin, sono quei settori dell’estrema sinistra che hanno contribuito alla diffusione di notizie false e distorte sulle “autocrazie”, favorendo operazioni di regime-change costate la vita a centinaia di migliaia di persone, che demonizzano attivamente forze progressive come la Russia, la Cina o l’Iran, equiparandole agli Stati Uniti e definendo l’epocale scontro in atto a livello globale tra unipolarismo e multipolarismo come una lotta tra “opposti imperialismi”, che hanno agevolato la destabilizzazione di paesi scomodi per l’egemonia occidentale sostenendo ONG e “movimenti dal basso” perché ammantati da una patina “dirittoumanista”. Il suprematismo occidentale di queste forze politiche è ciò che bisogna segnalare come “nazionalismo borghese”, non il corretto patriottismo dell’ACP.

 

“Il Partito Comunista Americano è politicamente ambiguo, rossobruno, nazional-bolscevico”. 

L’aver fondato la propria proposta sugli interessi e i desideri della classe lavoratrice americana è costata al Partito Comunista Americano l’accusa di star perseguendo una linea politica “ambigua”. Davanti all’esplosione della popolarità di Trump e del populismo “MAGA” tra i lavoratori americani, l’estrema sinistra ha preferito trincerarsi dietro alla convinzione che tutti i “perdenti della globalizzazione” fossero unicamente spazzatura bianca “omofoba” e “razzista”. L’ACP ha invece preferito analizzare concretamente la situazione e riconoscere come le aspettative della base MAGA, connesse strettamente a una critica radicale, per quanto primitiva, del capitalismo nella sua fase attuale, sarebbero state necessariamente tradite da chi a scopo elettorale pretendeva di farsene alfiere, ossia Donald Trump. La crisi scoppiata in seno ai sostenitori del presidente USA dopo la sua chiara svolta bellicista e a sostegno del capitale finanziario rappresentato da Black Rock, State Street E e Vanguard ha mostrato la correttezza dell’analisi del Partito Comunista Americano.

Per sgombrare il terreno da qualsiasi dubbio riguardo alla pretesa “ambiguità” della linea politica del partito basta esaminare il programma di questo: cancellazione di ogni debito pubblico o privato, creazione di una Banca Nazionale del Popolo al posto della FED, proprietà statale, municipale e cooperativa della terra, industrializzazione e promozione della Quarta Rivoluzione Industriale, nazionalizzazione dei social media, abolizione della proprietà intellettuale, sostituzione dell’Esercito degli Stati Uniti con una milizia popolare, distruzione della NATO. Anche solo da questi punti emerge chiaramente il contenuto di classe della proposta politica del partito, nettamente ostile agli interessi del capitale monopolistico finanziario e a sostegno di quelli della classe lavoratrice, tanto americana quanto internazionale.

Ciò non rimane a livello di semplice rivendicazione politica: nel suo anno d’esistenza il Partito Comunista Americano ha portato avanti un egregio lavoro di promozione dell’organizzazione sindacali tra categorie strategiche come i camionisti e i lavoratori portuali, è intervenuto in tutto il paese in assistenza degli indigenti con distribuzioni alimentari, di abiti e con opere di carpenterie. Tutte azioni che hanno permesso ai comunisti americani di proporsi come guida delle proprie comunità, e non come gruppo auto-referenziale caratterizzato dall’odio e dalle tendenze anti-sociali.

Le accuse di “ambiguità” vengono da chi ha confuso un partito comunista per un circolo ricreativo di piccolo-borghesi annoiati ed innamorati delle proprie perversioni e dipendenze, e il socialismo scientifico per un’identità estetica associata a un determinato modo di comunicare, di presentarsi e di agire. Il “feticcio della purezza” nasconde, come sempre, la mancanza di ogni volontà di comprendere la realtà e di agire concretamente per cambiarla. Eleggendo a propria base sociale il lumpenproletariato, la piccola criminalità, gli studenti universitari o i colletti bianchi, i pretesi difensori dell’intransigenza “marxista” stanno in realtà contribuendo al rafforzamento del sistema imperialista, umiliando, ingannando, disconoscendo e demotivando la classe lavoratrice, agevolando le spinte sistemiche per una sua virata “a destra”, nel senso di un suo posizionamento a sostegno di quelle figure che strumentalmente pretendono di servirne gli interessi, come Donald Trump o, mutatis mutandis, l’ala “socialista” del Partito Democratico.

 

Perché ci interessa rispondere a queste accuse?

Rispondere a queste accuse è necessario non solo perché ristabilisce la verità attorno a una formazione politica tra le più avanzate a livello di prassi e spessore teorico di tutto l’Occidente, ma anche perché, indirettamente, affronta di petto le stesse argomentazioni avanzate dalla “sinistra compatibile” italiana contro qualsiasi progetto che tenti di portare al potere le masse lavoratrici del nostro paese, di conquistare la libertà e l’indipendenza dell’Italia salvaguardando la sua unità e i risultati della sua plurimillenaria civiltà. L’ACP rappresenta un modello di coerenza e di coraggio che, seppur impossibile da imitare specularmente in un paese tanto diverso dagli USA come l’Italia, è senza dubbio d’ispirazione per tutte le forze rivoluzionarie tanto del nostro paese quanto dell’intero Occidente.

 

 

 

[1] Parole rispettivamente dell’autore “antifascista” e professore dell’Università di Stato di Portland Alexander Reid Ross e dell’economista “marxista” Richard Wolff https://www.theguardian.com/us-news/article/2024/may/24/what-is-maga-communism

 

[2] https://www.memri.org/reports/american-national-bolshevik-and-elected-official-visits-middle-east-american-communist-party

 

[3] https://x.com/yanisvaroufakis/status/1794105339723329844

 

[4] Dalla Costituzione dell’ACP: “The American Communist Party recognizes only one Communist Party within the territory encompassed by the present states of the United States and Canada, with the exception of the colonies, territories, and lands occupied by the United States and Canada which are legitimately contested by other nations.” , https://acp.us/constitution

 

 

[5] Dimitrov G., L’offensiva del fascismo e i compiti dell’internazionale comunista nella lotta per l’unità della classe operaia contro il fascismo, 1935.

 

[6] Stalin J., Il Marxismo e la questione nazionale, 1924.

 

[7] Marx K., Engels F., Manifesto del Partito Comunista, 1848.

 

[8] Sieyès E. J., Che cos’è il Terzo Stato?, 1789.

 

[9] Lenin V., Sull’orgoglio nazionale dei grandi-russi, 1914.

 

[10] Ricordiamo a tal proposito la detenzione di Chris Helali, responsabile dei rapporti internazionali, https://x.com/ACPMain/status/1907473997853503737

Leonardo Sinigaglia

Leonardo Sinigaglia

Nato a Genova il 24 maggio 1999, si è laureato in Storia all'università della stessa città nel 2022. Militante politico, ha partecipato e collaborato a numerose iniziative sia a livello cittadino che nazionale.

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Cyberdisastro per la Difesa francese (ed europea) di Giuseppe Masala Cyberdisastro per la Difesa francese (ed europea)

Cyberdisastro per la Difesa francese (ed europea)

Lenticchie e acqua fresca per le retrovie di Gaza di Michelangelo Severgnini Lenticchie e acqua fresca per le retrovie di Gaza

Lenticchie e acqua fresca per le retrovie di Gaza

Virus del Nilo e il vaccino pronto (per ora) per i cavalli di Francesco Santoianni Virus del Nilo e il vaccino pronto (per ora) per i cavalli

Virus del Nilo e il vaccino pronto (per ora) per i cavalli

Smascherare i miti: sei falsità sui Nativi Americani da sfatare di Raffaella Milandri Smascherare i miti: sei falsità sui Nativi Americani da sfatare

Smascherare i miti: sei falsità sui Nativi Americani da sfatare

L' anticlericalismo "woke" di chi si accorge oggi di Gaza di Francesco Erspamer  L' anticlericalismo "woke" di chi si accorge oggi di Gaza

L' anticlericalismo "woke" di chi si accorge oggi di Gaza

Se Mario Monti cita la "paura della paura" di Paolo Desogus Se Mario Monti cita la "paura della paura"

Se Mario Monti cita la "paura della paura"

Xi incontra i leader dell'UE a Pechino di Gao Jian Xi incontra i leader dell'UE a Pechino

Xi incontra i leader dell'UE a Pechino

Resistenza e Sobrietà di Alessandro Mariani Resistenza e Sobrietà

Resistenza e Sobrietà

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente di Gilberto Trombetta Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Una necessità  irrinunciabile: nuovi partiti  socialisti di Michele Blanco Una necessità  irrinunciabile: nuovi partiti  socialisti

Una necessità irrinunciabile: nuovi partiti socialisti

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino di Paolo Pioppi Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti