Il bluff europeo per Trump: "Se abbandoni l'Ucraina, abbandoniamo israele"

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Il bluff europeo per Trump: "Se abbandoni l'Ucraina, abbandoniamo israele"

 

di Leonardo Sinigaglia

Trump è stato chiaro con Zelensky:

“la NATO vuole proteggere l'Ucraina. Li aiuteremo in questo”, aggiungendo anche che “non diamo nulla all'Ucraina, vendiamo solo armi. Vendiamo equipaggiamento alla NATO, e loro ci pagano per questo”. Per dirla con Vance: "Le garanzie di sicurezza all'Ucraina sono compito principale europeo”.

La “coalizioni dei volenterosi” - ovvero i guerrafondai europei capeggiati da Regno Unito e Francia - comprerà armi dagli Stati Uniti per trasferirle all’Ucraina. Trump, ponendosi come mediatore - di “dubbia” imparzialità - scarica i costi del sostentamento dello Stato fallito Ucraino e del proseguimento della guerra con la Russia sugli europei.

Il riposizionamento statunitense mette in grande difficoltà i falchi europei. Vance ha raccontato di come alla fine dell’incontro tra i vertici europei e Trump quest’ultimo abbia telefonato Putin. Gli europei pensavano che la telefonata sarebbe avvenuta la settimana seguente, ma Trump aveva già il telefono in mano e “la necessità di rispettare procedure e consuetudini diplomatiche” invocata dagli europei non l’ha fermato da chiamare il Presidente russo all’una di notte.

Per quanto Trump voglia mostrarsi come l’uomo della pace, i russi non hanno la memoria corta e Il deputato della Duma Aleksej Zuravlev ricorda: “Si può dare la colpa all'amministrazione Biden quanto si vuole, ma Washington ha iniziato massicce forniture di armi a Kiev durante il primo mandato di Trump. Ora cerca in ogni modo di prendere le distanze dal conflitto, cercando di scaricare la responsabilità sul suo predecessore e sui paesi europei, ma gli Stati Uniti sono ancora i maggiori beneficiari”.

L’ostentata fretta statunitense nel raggiungere un (non meglio precisato) accordo è strumentale a mettere pressione sulla leadership europea. Quest’ultima, posta davanti al bivio tra riconoscere la vittoria sul campo russa (e pagare per la ricostruzione dell’Ucraina) e sostenere l'Ucraina “fino all’ultimo uomo”, non ha avuto un attimo di esitazione nello scegliere l’opzione maggiormente autodistruttiva.[1]

Questa scelta è la naturale conseguenza del progetto bellicista europeo, concretizzatosi negli investimenti nell’industria “della difesa” Ucraina. Il “porcospino d’acciaio” mette a disposizione la carne da macello da mandare al fronte (tramite reclutamenti forzati barbarici) e la manodopera a basso prezzo: chi ha capitale da investire può fare profitti enormi. L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) scrive: “L’interconnessione industriale [tra Unione Europea e Ucraina] è già in corso, anche se lontano dai riflettori, complice anche il fatto – reiterato dai leader europei – che circa il 40% della capacità industriale bellica ucraina è inutilizzata. Per esempio, stando a Zelensky, la produzione di droni potrebbe quadruplicare se arrivassero i finanziamenti. E secondo la stima del segretario generale della Nato Mark Rutte, il Paese dispone di circa 35 miliardi di capacità produttiva in eccesso. Dal canto loro, le realtà europee iniziano a muoversi: il colosso tedesco Rheinmetall ha già aperto fabbriche in Ucraina, seguito dalla britannica Bae Systems.”[2]

Ma oltre ad essere autodistruttivo, il sostegno dei soli europei all’Ucraina è economicamente insostenibile. Zelensky ha affermato: “Abbiamo bisogno di finanziamenti aggiuntivi... un pacchetto di armi americane che non abbiamo. Prima di tutto, aerei, sistemi di difesa aerea e simili. C'è un pacchetto con le nostre proposte da 90 miliardi di dollari.”

 Soldi che non ci sono. Quindi si punta ad una tregua per trovarli. Il cancelliere tedesco Merz ha affermato: “Vogliamo un cessate il fuoco” (per ri-armare l’Ucraina). Meloni: “L'Italia è dalla parte dell'Ucraina. L'Italia vuole proporre la pace sulla base del paragrafo 5 della Carta della NATO”. Macron: “Vogliamo la pace per l'intero continente. La prima cosa che ci deve essere è un forte esercito ucraino” (in barba alla demilitarizzazione dell’Ucraina pretesa dai russi). The Washington Post scrive: “Francia e Gran Bretagna hanno chiesto il supporto USA per il dispiegamento di un piccolo contingente nell'Ucraina del dopoguerra, lontano dalle linee del fronte. Queste proposte si basano sul supporto degli Stati Uniti in settori chiave come l'intelligence e la sorveglianza satellitare”. Fonti interne sostengono che anche Berlino stia “valutando l’opzione” (in barba alla neutralità Ucraina pretesa dai russi).  Si propone di ricreare lo scenario pre-2022. Il contrario dell’eliminazione delle cause profonde della guerra che vogliono i russi. Gli ammonimenti del Ministero degli esteri russo sulla minaccia di una “escalation incontrollata” in caso di dispiegamento di forze europee in Ucraina sono finiti per l’ennesima volta nell’oblio.

I russi hanno ben chiara la situazione. Secondo Aleksandr Dugin, Unione Europea e Zelensky hanno “deciso di non continuare il confronto psicologico diretto con Trump, di non irritarlo, di mostrarsi formalmente d'accordo con lui e adularlo spudoratamente... Kiev deve solo fermare in qualche modo la nostra offensiva, resettare le forze ucraine e garantire il coinvolgimento diretto degli eserciti europei nel conflitto. Cosa che verrà fatta immediatamente, non appena la guerra rallenterà anche solo per un attimo”.

Ma i “vogliamo” europei sono parole al vento senza il sostegno dello zio Sam. Come “convincerlo”? Potrebbe non essere una coincidenza il fatto che le maggiori testate europee negli ultimi giorni abbiano detto ciò che veniva taciuto sul genocidio dei palestinesi.

La Repubblica, notoriamente sionista fino al midollo, pubblica il 21 agosto in primo piano un’intervista allo scrittore ebreo statunitense Thrall, nella quale si legge “la chiamano emigrazione volontaria, in realtà è pulizia etnica”, “gli israeliani non si stanno ribellando all’uccisione dei civili a Gaza [...] la maggioranza ha una sola richiesta: il rilascio degli ostaggi”, “per decenni gli israeliani hanno soggiogato e disumanizzato i palestinesi. Si sono abituati a trattarli come esseri inferiori e a imporre loro condizioni inaccettabili”, “l’assenza di empatia [...] precede la fondazione dello Stato”, “il 79% degli ebrei israeliani non è disturbato dalla fame a Gaza”, “la convinzione dei progressisti europei che il problema sia la destra israeliana è una bugia che è conveniente dirsi per non mettere sanzioni e continuare a sostenere il genocidio”, “lo Stato di Israele è nato da un atto di pulizia etnica”. Nella stessa pagina c’è uno straziante articolo della Gazawita Kholoud Jarada dal titolo “La fase finale è il nostro annullamento”.

Su Il Sole 24 ore, anch’esso notoriamente sionista, compare l’analisi di Tramballi: “La grande Israele e la terra Palestinese” nel quale viene scritto che “riconoscere la Palestina ha una scarsa efficacia senza l’aggiunta di sanzioni economiche e politiche” e “lo slogan "dal fiume fino al mare" è sbagliato. È uguale alle parole d’ordine di Smotrich per Israele”. Una riflessione che era emersa in un’intervista a Michelangelo Severgnini che ho avuto il piacere di condurre[3], ma che mai ci saremmo aspettati di leggere su Il Sole 24 ore.

Lo stesso avviene in tutta Europa. Le Monde e The Guardian riportano che almeno l’83% morti a Gaza erano civili. Il 20 agostoi France24 pubblicava

“Israele è impantanato nella guerra e minacciato da carenza di soldati?” e “Israele affronta un’emigrazione senza precedenti: "abbiamo perso la speranza di cambiare il nostro Paese"”.

Se non si crede nelle coincidenze, deve essere arrivato un via libera dai piani alti per mandare un messaggio a Trump: “se abbandoni l’Ucraina, noi abbandoniamo israele”.

Nel frattempo su Il Sole 24 ore si parla un gran bene del mercato finanziario cinese, evidenziando che il rapporto tra prezzo delle azioni e utili è di 11-12, paragonato al rapporto di 25 a 1 del Nasdaq, oltre a lodare la decisione della Banca centrale cinese di lasciare invariati i tassi d’interessi. L’obiettivo sembra essere quello di ingelosire Wall Street: “se non investite sull’Ucraina, i nostri capitali si sposteranno in Cina”.

È altamente improbabile che i Paesi europei si battano per la causa Palestinese e investano i propri capitali in Cina. È piú probabile che i leader europei vogliano mandare il messaggio a Trump che se vuole garantirsi la complicità degli alleati-servi al genocidio portato avanti da Israele e gli investimenti sul mercato statunitense se li deve comprare con il sostegno all’Ucraina. Vedremo se queste velate minacce produrranno delle conseguenze o se verranno valutate dall’amministrazione Trump come un bluff poco credibile, vista la totale subalternità dimostrata dalla classe politica europea nei confronti dei Washington.

[1] https://www.lariscossa.info/ci-sono-cascati-per-la-quarta-volta/

[2] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/perche-lucraina-sta-diventando-il-cuore-della-difesa-europea-213817

[3] https://www.lariscossa.info/severgnini-pal-washing-libia-e-verita-censurate/

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