La povertà in Italia è ereditaria
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di Michele Blanco
L'Università di Oxford ha condotto uno studio serissimo secondo il quale, tra i paesi europei, l'Italia è quello in cui in assoluto c'è la maggiore probabilità di restare poveri se si è nati in una famiglia povera o che versa in difficoltà.
Secondo quest’analisi dettagliata condotta da Lorenzo Ruffino sui dati di uno studio dell’Università di Oxford, pubblicato su "Research in Social Stratification and Mobility", l’Italia è tra i Paesi europei in cui la povertà si eredita con maggiore intensità. A chi nasce povero in Italia non basta l’impegno, non bastano gli studi, e spesso nemmeno un lavoro: ha il 15% di probabilità in più di restare in condizioni di povertà da adulto rispetto a chi cresce in una famiglia agiata. È uno dei dati peggiori in Europa, superiore persino a Paesi dell’Est come la Polonia o la Slovenia.
L’effetto della povertà familiare, in Italia, è oltre otto volte più forte che in Francia e più del doppio rispetto alla Germania. Nei Paesi scandinavi, invece, l’impatto delle origini familiari è pressoché nullo. In Danimarca o Svezia può perfino accadere che chi nasce in condizioni difficili, grazie all’istruzione e al welfare, migliori le proprie condizioni economiche più dei coetanei benestanti. In Italia questo meccanismo si è inceppato. La povertà non solo è ampia, ma si è irrigidita. E non basta crescere per scrollarsela di dosso.
Lo studio analizzato da Ruffino identifica due elementi che spiegano circa due terzi della trasmissione intergenerazionale della povertà: il livello di istruzione raggiunto e la posizione occupazionale. In Italia, chi nasce in una famiglia svantaggiata tende ad avere una formazione più bassa e un accesso più difficile al mercato del lavoro qualificato.
E i dati Istat lo confermano: tra i giovani di 25-34 anni, ha un titolo universitario il 67% di chi ha almeno un genitore laureato, il 40% di chi ha genitori diplomati e appena il 13% se i genitori hanno al massimo la terza media. L’abbandono scolastico segue la stessa linea: solo il 2% nei figli dei laureati, ma il 24% nei figli di genitori con bassa scolarizzazione.
L’istruzione, insomma, resta un canale privilegiato per cercare di uscire dalla povertà, ma non basta. Perché anche tra chi studia, il peso delle origini continua a farsi sentire. Il rischio è che l’ascensore sociale funzioni solo per chi già parte dal piano rialzato.
L’Italia non paga solo il prezzo di un welfare debole o di una crescita economica insufficiente. A pesare è l’intero assetto del sistema: i servizi educativi, la qualità della scuola, la possibilità di conciliare lavoro e famiglia, l’accesso alle reti sociali e informative. Chi nasce povero ha meno strumenti, meno contatti, meno fiducia nelle proprie possibilità.
Ha davanti un orizzonte più basso. E viene giudicato, valutato, pesato sempre e solo sulla base del suo punto di partenza.
La fotografia che conferma ancora di più che l'ascensore sociale si è completamente bloccato!
In questo contesto Geronimo La Russa è a capo dell'ACI perché è figlio del presidente del Senato, mentre altri figli di nessuno non hanno nessun riconoscimento, anche se plurilaureati, superspecializzati e preparatissimi.
D'altronde, non è una novità per il nostro Paese e non riguarda solo questo Governo. È un vizio molto antico, quello della classe politica di piazzare amici, parenti, amanti e compagni di partito trombati in ruoli super pagati e di rilievo.
Resta una vera e propria vergogna nazionale e lo stipendio faraonico di La Russa junior, in un paese in cui c'è ancora chi muore nei cantieri per mille euro al mese, rimane uno dei tantissimi casi di malaffare e raccomandazioni della politica italiana. Una grave vergogna come sono una vergogna tutti gli altri incarichi che si distribuiscono da anni e anni ai raccomandati di tutte le provenienze sempre a spese degli italiani. Ma ormai sembra che non si indigna più nessuno.