L'ascesa cinese: Boldrin guarda il dito e non vede la luna
di Paolo Baldi
Ho visto il video di Michele Boldrin “Le cause della crescita cinese”. L’ho visto una sola volta, senza l’intenzione di scriverci qualcosa sopra ma condividendo i miei pensieri nella chat di amici in cui il video era stato inoltrato. Non voglio fare una risposta puntuale del video: guardare i video di Michele Boldrin può causare forte emicrania e reflusso gastrico, figuratevi guardare due volte lo stesso video!
Tralasciando le battute, voglio solo gettare luce su ciò che Michele Boldrin ha omesso per due motivi:
- Michele Boldrin è un opinion leader. La sua opinione trascende la sua persona. Le sue opinioni hanno una certa rilevanza in quel poco di dibattito pubblico che esiste in Italia. Sarebbe interessante instaurare un dialogo sul come dobbiamo rapportarci con la Cina. Michele Boldrin - per quanto guardi il dito e non veda la luna - ha intavolato il discorso con un approccio realista e concreto. Quest'approccio può portare ad una maggiore comprensione reciproca, il che è fondamentale di questi tempi. Questo è l’aspetto positivo del video e dobbiamo lavorare per approfondire dibattiti sul tema.
- È importante capire che spesso la falsa coscienza e le narrazioni parziali vengono costruite attraverso certi frame interpretativi che, seppur senza ricorrere a menzogne, non mostrano la realtà complessiva. Omissione e ripetizione sono le parole d’ordine della falsa coscienza.[1]
Michele Boldrin è un economista. Il suo frame interpretativo è economicistico e omette (volontariamente) la sfera politica, sociale e ideologica. Ma ciò che rende l’ascesa economica cinese unica è il suo rapporto con la sovrastruttura politica e ideologica. Per questo dico che Michele Boldrin guarda il dito (economia) ma non vede la luna (politica).
L’argomentazione di Michele Boldrin si può riassumere così: l’ascesa economica cinese non ha nulla di speciale. La leadership cinese ha usufruito dei vantaggi comparati derivati dall’avere un enorme forza lavoro estremamente povera e quindi disposta ad essere sfruttata dai capitalisti occidentali (in quanto lo stipendio da loro offerto era comunque molto maggiore rispetto alle altre opportunità di lavoro). In cambio i cinesi hanno voluto la conoscenza tecnologica occidentale e i lavoratori cinesi hanno sviluppato un grande know-how dei processi produttivi. Lo statalismo in economia è tipico di ogni economia in ascesa e non una caratteristica tipica dell’ascesa cinese. La numerosità della classe lavoratrice cinese e il grande valore attribuito allo studio (e, aggiungo io, al merito) della cultura cinese spiegano perché questo sviluppo economico sia più duraturo di altri. Quindi, lo sviluppo economico cinese non è che l’applicazione delle teorie economiche in una società che valorizza molto il capitale sociale.
Sorgono delle riflessioni:
Il fattore culturale può spiegare le differenze tra sviluppo cinese e sviluppo italiano, ma la cultura cinese e giapponese sono decisamente piú affini e il tracollo dell’economia giapponese è difficilmente spiegabile all’interno del ragionamento di Michele Boldrin.
Michele Boldrin scopre l’acqua calda dicendo che la crescita economica cinese è l’applicazione delle teorie economiche. La crescita economica non può che conformarsi alle teorie economiche. Se non lo facesse, sarebbero le teorie ad essere sbagliate. Quindi è la crescita empirica a stabilire quali sono le leggi della crescita economica. I cinesi hanno imparato dagli esempi empirici di crescita economica e adattato le teorie alla loro situazione concreta.
Detto questo, passiamo all’aspetto politico. Mao ha inteso la rivoluzione come una trasvalutazione di tutti i valori. Una battaglia permanente, tanto strutturale quanto sovrastrutturale, tra socialismo e capitalismo, tra sfruttati e sfruttatori, tra popolo e nemici del popolo. Ma i cinesi venivano dal secolo di umiliazione, la Rivoluzione repubblicana del 1911, il caos dei governi dei signori della guerra, la guerra di Resistenza contro il Giappone, la guerra civile tra nazionalisti e comunisti, il grande balzo in avanti e la rivoluzione culturale. Ciò che volevano era la stabilità e lo sviluppo economico. Se il Partito Comunista Cinese non fosse stato in grado di garantirglieli, avrebbe perso “il cuore e le menti” del popolo e quindi la legittimità a governare.
Quindi Deng Xiaoping e i suoi successori modellano il Partito Comunista Cinese al fine di renderlo l'avanguardia che garantisca la crescita economica e la stabilità. Ciò ha comportato una selezione dei vertici del Partito incentrata sulla competenza tecnica nel creare crescita economica piú che sulla fedeltà politica al marxismo e il suo studio. Ai dirigenti locali è stato permesso di “emancipare l’ideologia (o il pensiero)” e sperimentare. I dirigenti delle zone con la maggiore crescita economica venivano promossi ai vertici del Partito.
“Non importa se il gatto è bianco o nero, purché catturi i topi” significa che una volta che il Partito abbia stabilito che la prosperità materiale della popolazione è l’obiettivo, ogni modo per raggiungerlo è lecito. Ciò può sembrare una bestemmia ai marxisti meccanicisti, cioè coloro che pensano che la creazione del mercato provochi meccanicamente il dominio del capitale nella sfera ideologica e politica. Questi non comprendono la natura dialettica del rapporto tra struttura e sovrastruttura: le due sfere si influenzano reciprocamente.
Deng Xiaoping era consapevole che questi cambiamenti nella struttura economica avrebbero inevitabilmente influenzato la sfera politica e ideologica, quindi insieme alle quattro modernizzazioni economiche ha stabilito i quattro principi cardinali:
- Aderire alla via socialista
- Aderire alla dittatura del proletariato (in seguito ribattezzata "dittatura democratica del popolo")
- Aderire alla leadership del Partito comunista
- Aderire al marxismo-leninismo e al Pensiero di Mao Zedong.
Essere consapevoli delle tendenze sovrastrutturali generate dalla struttura economica permette di contrastarle coscientemente. La stabilità è la precondizione dello sviluppo e lo sviluppo genera stabilità.
Seppur contrastate, queste tendenze rischiavano di evolversi in una direzione che avrebbe fatto perdere al Partito Comunista Cinese “i cuori e le menti” (noi diremmo “l’egemonia”) del popolo e quindi, sotto la leadership di Xi Jinping, l’economia politica marxista e la lotta ideologica vanno di pari passo. La contraddizione principale muta e il Partito deve lavorare per uno sviluppo complessivo, materiale e spirituale, equo e sostenibile. Quindi, nella selezione dei vertici del Partito torna centrale lo studio del marxismo. La campagna anti-povertà e la politica di prosperità condivisa sono rese possibili dalla campagna anti-corruzione e di rettificazione ideologica del Partito. Senza un approccio olistico è impossibile comprendere la linea del Partito Comunista Cinese.
Dopo questo brevissimo riassunto dell’aspetto politico, organizzativo ed ideologico dell’ascesa economica cinese, cosa la rende unica?
È la prima volta che un Paese sfida l’ordine internazionale unipolare all’interno delle sue regole e pacificamente rimanendo indipendente:
- L’Unione Sovietica ha creato un blocco contrapposto. Ciò ha portato la competizione con gli Usa sul piano militare. Ovvero hanno sfidato il nemico sul suo punto di forza. Se dovessi battere uno sportivo, preferirei sfidarlo in una competizione culturale piuttosto che in una atletica. Questo è il ragionamento alla base dello scontro asimmetrico. L’Unione Sovietica si è scontrata simmetricamente con gli Stati Uniti nel campo in cui questi erano imbattibili.
- La Germania, l’Italia e il Giappone hanno avuto un’ascesa pacifica. Infatti, Michele Boldrin dice che il ruolo dello Stato cinese è stato speculare a quello dello Stato italiano durante il suo sviluppo economico. Sono d’accordo sul fatto che il mercato non sia affatto naturale ma il frutto di un grande lavoro di interconnessione materiale che può compiersi solo sotto una direzione politica centralizzata ed efficiente.
- Ma adesso arriviamo alla luna, alla grande omissione di Michele Boldrin. A differenza di Germania, Italia e Giappone, lo sviluppo pacifico cinese è avvenuto mantenendo l’indipendenza politica. Questi tre paesi si sono sviluppati perché il loro sviluppo economico era favorito dagli Stati Uniti per ragioni geopolitiche.
Per esempio l’Italia era l’ago della bilancia europea tra comunismo e capitalismo, quindi il suo sviluppo economico è stato strumentale a tenere fermamente gli italiani nel campo del capitalismo. Una volta crollata l’Unione Sovietica, la nostra classe politica è stata sostituita da una banda di lacchè e svendipatria, eliminando ogni possibilità di ulteriore progresso.
Ciò è potuto avvenire perché non eravamo e non siamo un Paese indipendente e sovrano.
La Cina lo è. Anche lo sviluppo cinese è stato reso possibile dagli Usa in funzione anti-sovietica. Ma i comunisti cinesi, “attraversando il fiume testando le pietre” hanno saputo salvaguardare la propria indipendenza. Xi Jinping ha ereditato una Cina ricca come non mai, avendo la possibilità di concentrare la sua attività sul ristabilimento del controllo del Partito Comunista Cinese sull’economia e sulla sfera ideologica. I Cinesi hanno visto il crollo dell’Occidente: crisi finanziaria, populismo, pessima gestione della pandemia, polarizzazione politica, de-industrializzazione, crescente militarismo ecc e questo li ha resi ancora piú sicuri delle proprie possibilità e volenterosi di preservare le proprie tradizioni culturali.
Ci troviamo di fronte ad una Cina che punta a diventare forte economicamente senza tralasciare la sfera spirituale. Il marxismo sinificato è il carburante spirituale del popolo cinese. La cultura cinese laica riesce a rimanere al passo con i tempi e formare un benefico sincretismo con il marxismo dal quale dovremmo imparare. L’occidente nichilista è sfidato da un popolo guidato dai valori marxisti e confuciani (ma non solo). Alla faccia della fine delle ideologie! Non vedere la centralità dell’ideologia nella Cina di Xi Jinping significa guardare il dito e non vedere la luna.
La rinascita della nazione cinese non si limita al sincretismo tra valori marxisti e valori umanisti della tradizione cinese ma è un progetto complessivo che mira a scardinare il primato tecnologico statunitense attraverso una competizione asimmetrica. Il saldo controllo del Partito sull’economia è strumentale alla direzione dell’innovazione tecnologica verso i settori della nuova rivoluzione tecnologica.
Il programma “Made in China 2025”, lanciato nel 2015, identifica i settori chiave in cui la Cina può diventare leader globale dell’innovazione: tecnologie dell'informazione (ICT), robotica e macchine avanzate, aeronautica e spaziale, veicoli a nuova energia, nuovi materiali, biomedicina, macchine agricole, apparecchiature navali high-tech, elettrodomestici intelligenti e l'innovazione verde e la produzione intelligente.
Questo è il motivo della crescente ostilità occidentale nei confronti della Cina, come ammesso anche dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale: “L’impatto ottenuto sull’economia mondiale da MIC 2025 è stato tale da influenzare le relazioni globali nel decennio successivo e da farne lo spauracchio per l’Occidente, mettendo in discussione il primato tecnologico e dunque economico sulla Cina che veniva considerato un fatto acquisito e praticamente insormontabile. Il piano è stato così la causa delle chiusure economiche verso la Cina dal 2017 in poi, tanto che i cinesi hanno smesso di utilizzare ufficialmente il nome, pur portandone avanti le politiche.”[2]
E adesso la Cina lavora per sviluppare le nuove forze produttive di qualità. Ha un tasso record di investimenti sul Pil: 58% rispetto alla media Ocse del 22%. La voce “ricerca e sviluppo” è passata da rappresentare l’1,91% del Pil nel 2012 al 2,68% del Pil del 2024. La quota sul Pil è cresciuta mentre il Pil cresceva, rendendo questo incremento di dimensioni strabilianti. L’ascesa cinese è destinata a non fermarsi.
Questa visione e pianificazione strategica è resa possibile dal fatto che la classe politica cinese lavora per servire il popolo cinese: questa è l’essenza della linea di massa, teorizzata da Mao e rispolverata da Xi Jinping. La fedeltà al marxismo ha permesso di mettere sempre al centro l’economia reale, cioè il lavoro.
La fedeltà al leninsmo ha permesso di ristabilire la disciplina nel Partito e quindi il controllo del Partito sull’economia e la tecnologia, dirigendola verso la direzione dell’indipendenza e della creazione di catene del valore indipendenti da quelle controllate dalla finanza statunitense. Made in China 2025 e la Belt and Road Initiative sono parte di un progetto complessivo di ampio respiro, in linea con la politica dell’economia duale: aumento dei consumi interni tramite la riduzione delle disuguaglianze per essere meno dipendenti dalle esportazioni, visto il crescente protezionismo dell’economia globale. Aumenteranno le importazioni dei beni ad alta intensità di lavoro insieme alle esportazioni dei beni ad alto valore aggiunto (ecco il ruolo dell’innovazione), in risposta al calo demografico (minore forza lavoro) e alla sempre maggiore istruzione del popolo cinese.
Quindi, se lo sviluppo economico italiano e cinese possono avere delle similitudini, omettere il fatto che lo sviluppo cinese non ha compromesso la stabilità del suo sistema e la sua indipendenza e sovranità significa guardare il dito e non vedere la luna.
Ecco il motivo per cui l’enfasi cinese sulla sicurezza è interpretata in Occidente come autoritarismo, mentre per i comunisti cinesi è la pre-condizione dello sviluppo, nonchè il suo risultato. Il patto sociale tra la leadership cinese e il suo popolo è ben chiaro: il popolo deve avere assoluta fiducia nella leadership del Partito e il Partito deve servire il popolo. Sono i fatti a dimostrare che il Partito Comunista Cinese lavora duramente per servire il popolo, il resto sono inutili chiacchiere.
[1] https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-generazione_antidiplomatica__come_la_narrazione_bellicista_ha_sconfitto_il_pacifismo/56812_57697/
[2] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/made-in-china-2035-sfida-finale-hi-tech-202053