Le brame di guerra dei “supplici di pace”
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Eccoli là, gli “assetati di pace”, della loro “pace”, a sentir loro ostacolata solo da qualcun altro, non certo da loro. Loro no; anzi; loro hanno «messo a punto le garanzie di sicurezza da offrire al governo Zelenskij per evitare in futuro nuovi attacchi russi». Lo scrive il signor Giuseppe Sarcina sul Corriere della Sera del 6 settembre e, detta così, dà l'idea – e forse è nelle intenzioni dell'autore di dare proprio quell'idea – che a Mosca, tra un forum di Vladimir Putin e un suo tour in giro per la Russia, non si faccia altro che programmare nuovi interventi in Ucraina. Così: oggi inauguriamo un'impresa di microchip a Tula e domani attacchiamo l'Ucraina; il mese prossimo festeggiamo capodanno a Celjabinsk e per la befana attacchiamo l'Ucraina, secondo un maligno «impulso di dominio, di impronta neo-imperialista, che si manifesta da parte dei governi di alcuni Paesi», come ha dichiarato, per carità, senza nominare nessuno, Sergio Mattarella a Cernobbio, citato da La Stampa. Anche perché, ha ricordato il Presidente – o meglio: ha scordato di quando era vice presidente del Consiglio, nel periodo dei criminali bombardamenti NATO sulla Jugoslavia – la EU «non è mai stata fonte di conflitti, non ha avviato guerre né scontri commerciali, ma ha promosso missioni di pace e favorito la crescita», mentre le guerre, a suo dire, partono solo dagli altri, quelli del nocivo “asse del male”, di quei paesi in cui sono di casa “autocrati”, “ultimi dittatori d'Europa” e “dittatori asiatici”. Invece, se qualcuno attacca, non può che essere la Russia: lo fa così, senza motivo, solo per smaltire l'eccesso di missili e, dato che l'Ucraina è lì vicina, di tanto in tanto attacca quella, per comodità, in attesa, come ammonisce Andrius-Merlino-Kubilius, di attaccare un paese europeo, «o forse più di uno... tra cinque anni, o forse anche prima». Dipende, appunto, dalla quantità di missili e carri armati che si trovano a dover smaltire.
Presentata la faccenda in questo modo, ecco che scompare ogni responsabilità di UE-NATO nel golpe del 2014 a Kiev, nella spoliazione di industria e agricoltura ucraine, nel letale spopolamento del paese, nella sua militarizzazione e trasformazione in piazzaforte antirussa, ecco che si capovolgono i fattori dell'equazione e dieci anni di massacri nazisti della popolazione del Donbass si trasformano in «missili e i droni putiniani [che] continuano ad assassinare i civili» ucraini, come se i civili di Donetsk e degli altri centri del Donbass che continuano a morire sotto i droni di Kiev non esistano.
Detta alla maniera del signor Sarcina, la Russia non ha altro scopo esistenziale che “attaccare l'Ucraina” e a Kiev, che ci siano atamani filo-germanici, banderisti filonazisti, revisionisti del PCU o golpisti neonazisti, sono sempre lì che cercano di «evitare in futuro nuovi attacchi russi». Del resto, è scritto nella “storia” confezionata dai nazi-banderisti di Kiev: sin dal 1918 i diabolici bolscevichi attaccarono gli angelici “repubblicani ucraini” reazionari e progermanici e ora gli “autocratici” russi passano il tempo tra un attacco a Kiev e l'altro.
Per evitare il quale, ecco che gli “zelanti della pace” programmano di mandare, da qualche parte in Ucraina, due o tre decine di migliaia di soldati. O forse no. Dipende da quanti uomini si riesce a mettere insieme e, soprattutto, da come e su cosa, loro, quelli della “volontà di pace”, riescono a mettersi d'accordo. Già, anche perché, passano i decenni, ma, come cent'anni fa – sia chiaro: mutatis mutandi degli ordinamenti sociali – tutta quella «unità degli imperialisti era solo apparente e le forze della borghesia internazionale non reggono alcuna prova, non appena il discorso verte sulla necessità di sacrificare se stessi» (Lenin). Ognuno per sé; non scherziamo. La borghesia è internazionale, ma lavora sempre nel gretto interesse locale.
Oltretutto, dicono a La Stampa, «L’Europa della Difesa attraversa una fase turbolenta: la spesa vale 348,5 miliardi di euro, pari all’1,9% del Pil, un livello paragonabile alla Cina ma inferiore del 44,1% rispetto agli Stati Uniti. Entro il 2035 l’impegno è superare quota mille miliardi». E a cosa serviranno? Forse alla loro “pace”?
I miopi leader europei, scrive lo storico e politologo Vladimir Kornilov, alimentano la russofobia nelle proprie popolazioni, le stanno preparando alla militarizzazione, alla guerra, alla necessità di "difendersi dalla minaccia russa", tagliando spese sociali e sussidi, tirando la cinghia. Si potrebbe «ignorare, come ho sentito dire dai miei colleghi: sono dei nani, guardate il loro potenziale militare, non sono in grado di fornire nemmeno un contingente militare in Ucraina, non c'è bisogno di prestargli particolare attenzione».
E invece no; non vanno ignorati, perché stanno facendo di tutto per arrivare alla guerra: nel frattempo, facendola combattere agli altri, ma nel proprio interesse.
E dunque, cosa ne esce, in concreto, dal vertice di Parigi? Secondo il colonnello francese a riposo Michel Goya, solo Francia, Gran Bretagna e alcuni piccoli paesi, tipo Belgio e Baltici, sono effettivamente disposti a inviare truppe. A conti fatti, gli altri non invieranno mai una singola unità combattente, dice Goya. La Francia «è pronta a fornire una brigata: cinquemila uomini. Anche i britannici, una brigata. Se il resto contribuisce con un battaglione, più australiani e canadesi, possiamo raggiungere tre brigate di terra: 15.000 uomini. Più forze ausiliarie, aviazione, si arriva a 20.000 uomini», non di più.
Ma anche così non va. A Kiev già si dubita delle promesse. Se le truppe europee non possono sparare sui russi, allora un tale contingente non ci serve, nemmeno gratis; meglio che ci diano soldi, dice il politologo Igor Rejterovic. «Spero che gli europei inviino ciò che promettono ora, ma come credere che ci saranno forze multinazionali qui? Forse ci saranno, ma saranno a Užgorod, L'vov, forse persino a Kiev, ma sotto forma di istruttori e la domanda è “chi insegnerà a chi”». Un altro politologo, Taras Zagorodnij, si spinge oltre: «Abbiamo bisogno di soldi per l'esercito. E se volete inviare un contingente, una domanda concreta: sparerete sui russi? In caso contrario, un contingente del genere non ci serve. Meglio che inviate persone reclutate sul modello della Legione straniera francese, cittadini latinoamericani e africani in grado di sparare davvero; mercenari».
L'incontro a Parigi della "coalizione dei determinati" ha dimostrato che l'Occidente non è in grado di rispondere alle sfide russo-cinesi, dice l'ex ambasciatore ucraino in USA Valerij Chalyj, sottolineando che «questa è, di fatto, una perdita di iniziativa» e che non si sono specificate le garanzie, ma si è solo vagamente affermato che lo sarebbero state dopo la pace.
Questo, mentre nella stessa Ucraina si parla apertamente di 250.000 disertori: un numero superiore, tanto per rimanere in tema parigino, a quello delle forze armate francesi. Il dato si riferisce ai procedimenti penali aperti dalla Procura generale per diserzione o abbandono del reparto. E, proprio a questo proposito, il 5 settembre, in piazza Indipendenza (majdan Nezaležnosti) è iniziata una protesta contro il disegno di legge che inasprisce la responsabilità in caso di mancata esecuzione degli ordini dei comandi. Pare che i manifestanti chiedano la non adozione della norma e l'abrogazione della legge sulle punizioni per i militari, oltre all'istituzione di un difensore civico militare. Insomma, pare che Vladimir Zelenskij, in prossimità della fine, sia destinato a calcare le orme del suo predecessore controrivoluzionario Simon Petljura, ridotto a suo tempo a “generale senza esercito” nella battaglia, anche lui, “per l'indipendenza” ucraina dalle orde russe, a quel tempo bolsceviche.
E oggi, l'Europa è pronta «per evitare in futuro nuovi attacchi russi» (copyright La Stampa)? Sembra di no; però si sta preparando, scrive Pavel Volkov su Ukraina.ru. Al Consiglio Atlantico tenuto a fine agosto si è rilevato che gli eserciti europei non sono sufficientemente preparati a schierare proprie truppe in territorio ucraino. Tra le ragioni, «stato deplorevole della maggior parte delle forze armate europee» e incertezza sul sostegno USA: «tedeschi, britannici, danesi e altri non sembrano ancora convinti del sostegno statunitense, nel caso che i russi inizino a sparare».
Ovvio, dive Volkov, che questi due problemi impediscono lo schieramento di truppe UE in Ucraina, perché molto probabilmente significherebbe una guerra con la Russia. Ma cosa succederebbe se questi problemi venissero risolti?
Il rapporto dell'Agenzia europea per la difesa (AED) indica che nel 2024 la spesa militare UE è aumentata di oltre un terzo e continuerà a crescere. La “Readiness 2030” prevede una spesa di 800 miliardi di dollari entro tale data. Il 29 agosto, Ursula von der Leyen ha annunciato che il bilancio del complesso militare-industriale europeo dovrebbe crescere di 5-10 volte entro il 2034; motivo: la "minaccia russa". Secondo Bloomberg, la sola Germania prevede di raddoppiare in quattro anni il bilancio di guerra, portandolo a 162 miliardi di euro: a titolo di confronto, il bilancio russo, a ostilità in atto, è di poco superiore ai 100 miliardi di euro.
Nel rapporto di luglio su "Militarizzazione dell'Europa: bilanci e geografia delle nuove capacità produttive", la Roscongress Foundation sottolinea che durante il conflitto in Ucraina, la spesa per la difesa paneuropea è cresciuta del 31% e il portafoglio di ordini inevasi delle maggiori aziende militari è aumentato del 103%, raggiungendo i 311 miliardi di euro. In altre parole, nota Volkov, al momento il problema «non è la mancanza di denaro, ma la scarsa capacità produttiva. Ma sarà ampliata, perché gli Stati garantiscono gli orinativi». E i maggiori beneficiari vanno dalla tedesca Rheinmetall, alla franco-tedesca KNDS, alla norvegese Lavanger, la tedesca Diehl Defence, la norvegese Kongsberg e la svedese Saab, la britannica BAE Systems, la polacca Huta Stalowa Wola. E ancora complessi cecoslovacchi, spagnoli, lettoni, finlandesi, slovacchi, ungheresi e, ovviamente, italiani.
Il problema che angustia i “supplici di pace” europeisti è costituito anche dalla “scarsa voglia” delle popolazioni europee a essere coinvolte nella militarizzazione della società. Allo scopo, si procede, ad esempio, alla pubblicazione di opuscoli con le misure da adottarsi in caso di conflitto, anche nucleare. Lo si fa in Francia, in Polonia, con "Consigli di guerra" per civili, in polacco e ucraino; si fa anche in Svezia e Finlandia. L'anno scorso, il Ministro della guerra norvegese ha affermato che si deve «essere pronti al fatto che la Russia dispieghi le sue forze in risposta all'adesione di Finlandia e Svezia alla NATO». La Commissione Europea ha pubblicato linee guida per lo sviluppo di una cultura di "preparazione" e "resilienza" alla guerra. In Germania, Francia, Gran Bretagna si procede a riorientare le strutture sanitarie a fini di guerra. Il segretario NATO Mark Rutte dice apertamente che «è arrivato il momento di passare al modo di pensare del tempo di guerra».
Criminali tagliagole affamatori delle masse.
https://ukraina.ru/20250906/pushki-vmesto-masla-militarizatsiyu-evropy-ne-ostanovit-1068216042.html
https://politnavigator.news/evropejjcy-doboltayutsya-do-bolshojj-vojjny-kornilov-prizval-serjozno-otnositsya-k-ugrozam-karlikov.html
https://politnavigator.news/ehto-katastrofa-iz-vsu-sbezhala-armiya-francii-v-polnom-sostave.html