Non è proprio fame di giustizia, è più voglia di qualcosa di buono...

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Non è proprio fame di giustizia, è più voglia di qualcosa di buono...


di Michelangelo Severgnini per l'AntiDiplomatico

Tra i deliri manipolativi ferocemente in corso in queste ore, sospinti da coloro che anelano a marciare verso Gaza con il culo dell'Egitto, mi vorrei permettere di deviare, ma solo apparentemente, il discorso su un punto legato alla manipolazione del linguaggio, riprendendo un ragionamento che avevo evidenziato lo scorso gennaio in un pezzo dal titolo "Trump, la crisi dei migranti e la manipolazione intorno al termine “deportazione” e che allora aveva riscosso un blando interesse.


<<Il termine "deportazione" in Italiano ha un significato preciso, la cui estensione ai casi in questione è subdolo malcostume introdotto anni orsono da sottili (e finanziati) linguisti dell'arrembaggio pro-migrazionista.
In altre parole si tratta di una manipolazione linguistica. E le manipolazioni non portano mai niente di buono.
Confrontiamo le definizioni in Italiano e in Inglese fornite da prestigiosi dizionari.
La Treccani riporta il significato di "deportazione" in questi termini:
"Pena mediante la quale il condannato viene privato dei diritti civili e politici, allontanato dal luogo del commesso reato e relegato in un'isola o in un territorio lontano dalla madre patria. La deportazione era già prevista dal diritto penale romano”.
Ora il significato del termine inglese "deportation" secondo il Cambridge dictionary:
"The action of forcing someone to leave a country, especially someone who has no legal right to be there or who has broken the law”.
Mentre dunque nell'accezione italiana del termine, deportazione significa allontanare per disposizione un cittadino dalla propria terra, nell'accezione inglese questo non è vero necessariamente, anzi di solito "to deport" significa spesso "riportare a casa”.
La differenza di senso è totale>>.

In questi giorni i giornali intenazionali in lingua inglese hanno titolato: "Greta Thunberg deported from Israel". Proprio perché "to deport" in inglese significa "forzare qualcuno a lasciare un Paese" (e, di solito, riportarlo a casa). Infatti, nella lingua inglese, questo è proprio il caso di Greta, che è stata forzata a lasciare Israele ed è stata riportata a casa.

Vedo che però nessuno ha titolato in Italiano "Greta deportata da Israele", cosa che avrebbe prodotto cortocircuiti mentali a catena.

E giustamente questo titolo in Italiano non si è letto, perché sarebbe stata una traduzione sbaglliata dall'Inglese. Tuttavia abbiamo letto titoli quali "Migranti deportati, dilaga la rivolta", come quello di Repubblica qui riportato, riferito agli scontri negli Stati Uniti. Quei migranti, tali e quali a Greta, sono stati forzati a lasciare un Paese dove non avevano diritto di stare per essere portati nel loro Paese di origine (o in un Paese terzo dove comunque la loro presenza non è illegale).

Questo è dolo. Questa è deliberata volontà di manipolare il linguaggio al fine di offuscare la verità e pascolare verso il proprio ovile le povere anime belle di chi, trasportato dall'emozione, cerca a tutti i costi una risposta che lo faccia "sentire buono".

Anche se questa azione, anziché andare verso la giustizia sociale, lo aggiunge piuttosto, senza alcun vantaggio, alla schiera degli ormai troppi globalisti travestiti da angelli.
 
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ISTI’MARIYAH 
Venerdì 20 giugno 2025 - ROMA
ore 20:00 - Teatro Flavio
Via Crescimbeni 19
(ingresso a contributo libero)
Link all’evento su FB: https://fb.me/e/6LXDrxgtE

Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Il suo film “L'Urlo" è stato oggetto di una censura senza precedenti in Italia.

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