Perchè le elezioni di questa domenica in Argentina sono un evento storico

Perchè le elezioni di questa domenica in Argentina sono un evento storico

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L'Altra Repubblica
 

— IL CONTESTO POLITICO ARGENTINO DEGLI ULTIMI 20 ANNI —


Non potevamo capitare in Argentina in un momento più “interessante” da un punto di vista sociale, politico e storico.


A distanza di neanche 20 anni dalla “bancarotta statale” del 2001, causata da un decennio di neo-liberismo selvaggio, che trascinò il paese in una crisi sociale senza precedenti, il copione sembra ripetersi in modo terribilmente simile, col Governo Macri che in neanche 3 anni ha annullato le conquiste sociali di 12 anni di Kirchnerismo. Facendo ripiombare la popolazione, e in special modo le classi basse e medio-basse, in una crisi sociale ed economica molto simile a quella del 2001.


Fra pochi giorni, il 27 di Ottobre, ci sono le elezioni presidenziali, e dal primo giorno di Marzo in cui siamo arrivati abbiamo iniziato a respirare l’enorme clima di attesa storica riposta su quest’evento. Ancora una volta, e questa volta forse più che mai, gli argentini hanno potuto constatare direttamente sulla loro pelle l’influenza delle scelte politiche di un governo sulla loro vita di tutti i giorni. Eppure l’avevano vissuta già, molto simile, tra il finire degli anni 90 e il 2001, e la ferita sembrava ancora aperta; da Paese in pieno sviluppo con un tenore di vita molto simile al nostro, il popolo argentino si era ritrovato nell’arco di un paio d’anni a soffrire la fame, nel senso letterale del termine, ed a perdere ogni tipo di piccolo risparmio, lavoro, speranza. Molti furono gli argentini che emigrarono in quegli anni.

 

Poi, dopo 5 presidenti incaricati che, nell’arco di una settimana, rinunciarono a incaricarsi della gestione di quella crisi che pareva senza uscita, quasi per caso (con poco più del 20% alle elezioni) nasce il Governo peronista “a trazione” izquierda di Nestor Kirchner. Che con politiche sociali e popolari in totale discontinuità con il liberismo sfrenato che aveva governato l’Argentina nei decenni precedenti, risolleva un paese dal baratro e gli dona una nuova speranza. Sono anni in cui gli Stati Uniti d’America sono impegnati da altre parti, e quindi il Sud America viene per un attimo lasciato libero dalle infami occupazioni imperialistiche del Nord del Mondo, e si sviluppano così modelli alternativi in un po’ tutti i paesi dell’area, dal Venezuela di Chavez al Brasile di Lula, dall’Ecuador di Correa alla Bolivia di Morales e l’Uruguay di Mujica, fino all’Argentina di Nestor Kirchner. Il cosiddetto “Socialismo LatinoAmericano del Siglo 21° (21°Secolo)” sembra poter donare una speranza ai popoli di questi paesi da troppo tempo dominati e oppressi dalle potenze straniere e dagli oligarchi locali.

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Durante i Governi presieduti da i Kirchner (Nestor prima, e dopo la sua malattia e la sua morte nel 2010 da sua moglia Cristina), vengono attuate le più basiche e logiche politiche di giustizia sociale che uno Stato degno di questo nome dovrebbe attuare. Viene promosso lo sviluppo dell’industria e dell’economia nazionale rispetto al modello di importazione dall’estero che tanto piace ai liberisti. Vengono aumentati i salari e le pensioni, vengono ristatalizzate le principali imprese di servizi, e vengono in generale attuate politiche che potremmo considerare di stampo socialista, sicuramente alla sinistra delle “social-democrazie” europee.


Questo tipo di azione economica rimette letteralmente in moto il paese, e porta a una crescita generale dell’economia argentina di quasi il 10% annuo. Kirchner può contare sull’appoggio dei movimenti sociali, dei sindacati, dei piqueteros, e anzi, proprio in questi anni si assiste a una rinascita dei movimenti popolari in Argentina, che oltre a mettere in evidenza le terribili condizioni in cui versano i quartieri poveri delle città, per la prima volta dopo la caduta di Peron sentono finalmente di poter avere di nuovo un punto di appoggio in chi si trova a gestire il Governo del Paese.


Quegli anni di entusiasmo risvegliano dal torpore il popolo argentino, che si mobilita nell’appoggio al Governo nelle sue scelte popolari, e nella critica costruttiva ai suoi errori. Tutt’oggi vediamo i frutti politici di quegli anni nella grande mobilitazione e partecipazione popolare di questi ultimi contro il governo Macri, che sono caratterizzate da un altissima militanza politica all’interno delle varie formazioni che compongono la coalizione d’opposizione “Frente de Todos”.


Nestor Kirchner è anche l’uomo che per primo, dopo anni di “oscurantismo”, riapre l’enorme ferita inflitta all’Argentina dalla dittatura militare del 1977-83, anni in cui vengono fatti scomparire 30.000 giovani di cui per più di 20 anni non si era potuto sapere niente. Dopo le leggi di “obbedienza dovuta” e “del punto finale”, con cui si era, con una scusa o con l’altra, lasciato nell’impunità centinaia di boia e genocidi che avevano torturato e volato in mezzo al mare migliaia di persone, Nestor rimescola le leggi e fa riaprire i processi, che tutt’oggi vanno avanti e, nel 2004, il giorno dell’anniversario del colpo di Stato del 1976, con lo storico gesto di far togliere il quadro di Videla ancora appeso nel Collegio Militare, dichiara guerra a coloro che, dopo aver calpestato ogni forma di diritto umano ed aver massacrato una generazione intera di giovani sognatori, si trovano a vivere ancora liberi nelle loro case – al massimo ai domiciliari – e magari ancora in qualche posizione di potere.


https://www.youtube.com/watch?v=nSIcGUwmQDA –> Discorso di Nestor ai militari argentini.


Anche questo è un tema di cui avremo modo di parlarvi, vista l’incredibile possibilità che stiamo avendo di collaborare con un’associazione che si occupa del tema a Lanus, nel quartiere in cui viviamo.

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L’atto di Cristina Kirchner nello stadio del Racing


Durante l’ultimo mandato di Cristina, nel quinquennio 2010-2015 che segna il ritorno dell’azione degli Stati Uniti sull’area, inizia la controffensiva neo-liberista: gli attacchi alla sovranità nazionale, i processi mediatici e giudiziari che si abbattono sul Venezuela, l’Ecuador,il Brasile ecc. non risparmiano neanche l’Argentina. È così che parte una feroce campagna mediatica e giudiziaria contro Cristina Fernandez de Kirchner, che viene inondata di “fango” dai principali canali di informazione al soldo dei centri di potere vicini a Mauricio Macri, e dai ripetuti processi dei giudici, creati con accuse prodotte da personaggi quanto meno discutibili.


Oltre al fatto che avendo già fatto due mandati, Cristina non può ricandidarsi alle elezioni del 2015; ed è così che si arriva alla sconfitta del “kirchnerista” – ma sicuramente meno combattivo – Scioli sul candidato neo-liberista filo-Usa Mauricio Macri. Sconfitta che arriva al ballottaggio per 3 punti percentuali, anche per la scelta della sinistra trozkista che, con un peso di voti esattamente del 3%, si rifiuta di appoggiare il candidato kirchnerista nelle indicazioni di voto del ballottaggio chiamando a votare scheda bianca.


Da quel momento, col governo di Macri – figlio di un grande imprenditore italo-argentino diventato uno degli uomini più ricchi d’Argentina durante la dittatura del 70, e con strani fili che lo legano alla ndrangheta italiana – la tragedia del neo-liberismo sfrenato torna ad abbattersi sul popolo argentino.

La ricetta liberista per far “crescere” il paese, produce gli stessi risultati di ovunque: crescita  solo per una piccola parte di super ricchi e grandi corporazioni, e impoverimento generale per tutti, poveri e classe media e medio bassa. Tagli alle spese sociali, che portano dirette conseguenze sulle vite di tanti, calo della produzione nazionale in favore dell’import-export internazionale, crollo del rapporto tra peso e dollaro che porta a quell’odioso meccanismo della bicicletta finanziaria, che sostanzialmente fa arricchire un piccolo gruppo di speculatori sulla pelle di milioni di poveracci, e fa ripiombare il paese in una crisi senza precedenti, che ovviamente verrà attribuita da governo e media alla “gestione precedente” (quella di Cristina).


Crisi che porta lo scorso anno il governo di Macri a richiedere al Fondo Monetario Internazionale il prestito più grande della storia dell’Argentina, una roba da quasi 60 miliardi di dollari, come se ciò che è successo nemmeno 20 anni fa, non fosse mai successo. Oltretutto, l’incubo più grande potrebbe essere un altro; che non solo non si tratti di un’operazione politico-economica semplicemente folle che costringerà l’Argentina in una situazione di debito infinito ed impagabile per i prossimi decenni, ma che addirittura non si tratti neanche di un’azione economica con un filo ideologico, ma dell’ “apparecchiamento” di un vero e proprio banchetto in cui molti costruiranno le proprie fortune in questi anni, trascinando il popolo in un baratro senza precedenti.


Arrivano i soldi dell’FMI, il Governo ne distribuisce la maggior parte alle grandi corporazioni degli amici e degli amici degli amici, e dopodiché chi s’è visto s’è visto, tanto il debito lo pagherà il popolo (e il futuro Governo) a lacrime e sangue per i prossimi decenni, almeno fino a quando qualcuno deciderà di rifiutarsi di continuare a pagarlo, col rischio di trascinare il paese in una guerra difficile da combattere con uno degli organismi più potenti del mondo.


È ciò che sarebbe successo alla fine degli anni 90 e che pare sia stato uno dei fattori scatenanti della crisi del 2001, ed è quello che il candidato maggioritario dell’opposizione, Alberto Fernandez, ha denunciato in questi giorni durante un confronto televisivo col rivale. Una roba da far accapponare la pelle, ma che potrebbe non essere così folle in un paese e in un continente dove i livelli di corruzione possono forse far impallidire anche quelli di casa nostra.


Tutta questa  serie di misure impopolari e anti-nazionali portano nell’arco di un anno a far schizzare il valore del dollaro, che ha un importanza altissima in tutta l’economia argentina; da che a Gennaio 2018 un dollaro valeva 20 pesos, oggi vale 60, il che vuol dire che il costo della vita è triplicato nel giro di un anno e mezzo. Cosa che ha portato alla rovina la maggior parte della popolazione argentina che, soprattutto al di fuori della cerchia di Buenos Aires Capital, era una popolazione principalmente di classe medio-bassa e con alti picchi di povertà semi-totale. Il che, unito al taglio dei sussidi, all’esplosione delle tariffe dei servizi pubblici (luce,gas,acqua… con aumenti fino ad oltre il 1.000% !!!), all’eliminazione del Ministero di Salute ed alla chiusura di un numero impressionante di piccole e medie imprese, ha portato ad una crisi sociali senza precedenti.


— L’ARGENTINA OGGI E PERCHE’ L’ELEZIONI DEL 27/10 SONO COSI’ IMPORTANTI —


Vi potremmo raccontare alcuni tra i tanti aspetti di questa crisi che stanno distruggendo la vita quotidiana di tanti argentini, ma non sapremmo da dove iniziare; e oltretutto siamo arrivati a crisi già esplosa, quindi non abbiamo avuto modo di vedere con i nostri occhi quali fossero le condizioni generali prima di questa esplosione. Ma l’idea che ci siamo fatti è quella di un paese, innanzitutto, diviso in 2.


Da una parte Buenos Aires Capital, il centro ricco – probabilmente con molta più ricchezza concentrata di tante capitali europee -, dall’altra tutto il resto del  paese, a cominciare dall’immenso conurbano che si estende ai margini della Capital, che è dove ci troviamo. Una periferia formata per la maggior parte da classi popolari, con alti picchi di povertà assoluta, povertà che nell’era kirchnerista era stata però tenuta sotto controllo con numerosi piani sociali. E, d’altro canto, da un’importante fetta di classe media / medio bassa (e per media s’intende che possegga una casa ed un auto di proprietà, niente di più …), sviluppatasi negli anni 90 e, dopo il suo disgregamento nel 2001, rinata dalla crescita degli ultimi 15 anni, che aveva portato tanti a conoscere un tenore di vita per lo meno dignitoso. Insomma, nel complesso, con tutte le relatività del caso, però non una situazione molto lontana da quella di una paese “ricco ma povero” europeo, come potesse essere un Sud Italia, una Grecia o un Portogallo.


In ciascuna di queste due grandi crisi finanziarie – cioè non legate all’economia reale ma ai giochetti dell’alta finanza – nel 2001 e nel 2017/18, i risvolti sociali sono sempre i più tragici: quelli che erano arrivati ad un livello di dignità sono ripiombati nell’inferno delle “12 ore lavorative minime per riuscire, in qualche modo, ad arrivare a fine mese, non si sa come”; e dopodiché, il numero impressionante del 35% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà, con quasi un 8% del totale sotto i livelli di indigenza, che non riesce a mettere insieme un pranzo con una cena. E le principali vittime di questa barbarie economica sono los pibes, i bambini, che qua sono una fetta importante della popolazione, soprattutto nelle fasce più deboli; 1 su 2, oggi, in Argentina, non ha accessibilità alla quantità di cibo che necessiterebbe per la sua crescita. E pensare che l’Argentina produce cibo per oltre 400 milioni di persone nel mondo, ma non riesce a sfamare i propri figli.


Aldilà dei numeri, basta farsi un giro nella periferia bonarense per rendersi conto delle condizioni precarissime di una grandissima parte della popolazione. Che sono diventate insostenibili negli ultimi 2 anni, e che ancora non esplodono definitivamente anche grazie alle tante organizzazioni sociali o religiose che offrono un minimo di riparo alle fasce più vulnerabili della popolazione.

 

È in questo, e per questo clima che le elezioni di questo 27 Ottobre hanno assunto un valore storico.


Di fronte abbiamo due diversi possibili futuri per il popolo argentino, sia da un punto di vista materiale che ideologico. Da un punto di vista sociale e materiale, per molti è davvero una questione di vita o di morte: o si rimette in moto la produzione di lavoro e di sussidi pubblici, o in tanti andranno a infittire il numero di persone che dormono per la strada o che vanno a fare la fila in piazza per un pezzo di pane.


I motivi per cui queste elezioni sono fondamentali da un punto di vista politico, geopolitico e culturale sono altrettanti e altrettanto importanti, soprattutto in virtù di ciò che sta accadendo in questi anni in tutta l’America Latina, col ritorno in grande stile degli squali nordamericani che, in combutta con le oligarchie nazionali, hanno da sempre rappresentato il grande tumore di questo continente:  il Venezuela sotto assedio ormai da anni, il Brasile finito nelle mani di Bolsonaro, il grande caos in tutto il Centro-America, e nelle ultime settimane le rivolte scoppiate in Ecuador e in Chile.


Senza prolungarsi troppo nell’analisi geo-politica, che richiederebbe molto più tempo e conoscenze, ci limitiamo ad affermare che questa Domenica l’elettorato argentino è chiamato a decidere su due distinti modelli di idee di mondo e di paese, che si possono riassumere in:


“Liberazione, sovranità nazionale e crescita collettiva”


 o “Dipendenza dal capitale straniero, arricchimento per pochi e disperazione per tanti”;

Il primo modello rappresentato dalle mille anime legate al peronismo e alla sinistra che si trovano all’interno del Frente de Todos che candida Alberto Fernandez e Cristina Kirchner vice, il secondo rappresentato dall’attuale presidente e candidato del fronte “Juntos por el Cambio” Mauricio Macri, ovviamente espressione del centro / centro destra liberista.


Esistono altre coalizioni che producono un candidato presidente, il peronismo moderato di Roberto Lavagna (che è sul 6/7%), il fronte della sinistra trozkista di Nicolas Del Caño (intorno al 3%), e i due mini partiti ultra-conservatori di Centurion e Espert (entrambi sotto il 2%). Sarà interessante vedere come si esprimeranno questi fronti in caso di ballottaggio.


Le elezioni primarie dell’11 Agosto (P.A.S.O.) hanno fatto gridare di gioia mezzo paese con la vittoria della Coalizione Fernandez su Macri per 49 % a 33 %; questi dati hanno un importantissimo valore sondaggistico, ma le elezioni che valgono sono quelle di Domenica, e la militanza di base argentina ha continuato in questi mesi la propria campagna per assicurarsi che l’aiutino dei mercati a Macri (con l’aumento del dollaro provocato dai mercati il giorno dopo le primarie, nel giro di 2/3 giorni gli argentini si sono ritrovati a pagare tutto quasi il 20% in più!) non possa portare a inimmaginabili ribaltoni.


Di fatto il clima è stato più sereno in questi mesi, proprio in virtù della schiacciante vittoria del Frente de Todos alle elezioni primarie di Agosto (obbligatorie, in cui quindi tutti hanno dovuto votare), e la superstizione non è proprio il forte degli argentini, per cui praticamente pare abbiano già vinto; ma è comunque presto per festeggiare. Fernandez dovrebbe vincere con più del 45 % dei voti o con 10 punti in più rispetto a Macri per essere eletto direttamente Presidente. In caso contrario, si andrà a ballottaggio, a fine Novembre, e lì la questione potrebbe diventare leggermente più delicata.


Non abbiamo, in quest’articolo, approfondito la realtà politica argentina che caratterizza il fronte peronista, e sicuramente lo faremo in futuro, ma per ora non possiamo far altro che invitare tutti a fare il tifo per questa parte nel voto di Domenica, per lo meno per evitare che si continui col flagello della dittatura neo-liberista e per far sì che le fasce più deboli della popolazione possano avere un minimo di sollievo nei prossimi anni. Anche se sappiamo bene che, in caso di vittoria di Fernandez, i mercati non saranno certo generosi col futuro presidente argentino, e faranno quindi schizzare il dollaro a livelli mai visti primi, come accaduto i giorni seguenti a las “P.A.S.O.” Ma vogliamo essere convinti che gli argentini capiranno, sapranno riconoscere le circostanze storiche ed economiche che creano queste condizioni, e supporteranno il loro nuovo governo popolare… Via, noi siamo italiani quindi meglio toccarsi!


Domenica scorsa in Bolivia è stato riconfermato il governo popolare di Evo Morales, e speriamo questo possa essere un buon segno anche per le seguenti tornate elettorali (Domenica si vota anche in Uruguay per le presidenziali, e in Colombia per le municipali). Il Venezuela continua a resistere, Chile e Ecuador si stanno risvegliando e anche il Brasile pare essere sulla buona strada; questa Domenica è il turno dell’Argentina.


In Italia, questa Domenica si cambia l’ora e si portano avanti le lancette.


Speriamo che qua si cambi la storia, e si porti avanti il popolo!

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