Sull'appello di Greta a Zuckerberg di estendere la sua campagna “contro l’odio”

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Sull'appello di Greta a Zuckerberg di estendere la sua campagna “contro l’odio”



Incredibile questo silenzio stampa dei media mainstream; circostanza che aveva spinto molti (compreso chi scrive) a credere che la notizia dell’appello di Greta Thunberg a Zuckerberg di estendere la sua campagna “contro l’odio” (che già ha fatto chiudere migliaia di gruppi Facebook ed espellere centinaia di migliaia di utenti) fosse una fake.

Così non è.
 




 
Si, ma perché nessuno ne parla? Verosimilmente per gli stessi motivi che fecero passare sotto silenzio la contestazione di Greta Thunberg ad una manifestazione antisovranista (presentata da un imbarazzato sito mainstream come una manifestazione nazista): l’attacco di Greta ai sovranisti sarebbe stato troppo “divisivo” per il suo movimento; e così l’ufficio stampa di Friday for Future, nell’impossibilità di rimuovere i post  di Greta, avrebbe deciso di metterci una pietra sopra.
 

Ma tornando alla censura contro la campagna di odio chiesta da Greta. Se può consolarla, per questa campagna ne hanno già fatto le spese innumerevoli persone; ultimo caso in Italia un allenatore sportivo che per avere insultato Greta Thunberg - non con un suo articolo o con un suo post Facebook, ma con un COMMENTO (certamente sgradevole e censurabile)  sotto ad un post - è stato licenziato su due piedi dalla società sportiva per la quale lavorava. E chissà quanti licenziamenti dagli impieghi pubblici proporrà la Commissione anti-odio online in costituzione, su impulso della Bodrini, in Parlamento.
 


 

Eppure Facebook continua a essere pieno di gruppi messi su solo per insultare questo o quel personaggio. Perché due pesi e due misure? Sostanzialmente per la sacralità nella quale i suoi sponsor pretendono di avvolgere Greta Thunberg, scelta, tra i tanti che parlano di clima, verosimilmente, solo per il suo essere malata (Sindrome di Asperger); il che trasforma ogni critica in una bestemmia e chiunque osi criticarla in un infame senza cuore.

Da licenziare su due piedi.
 
Francesco Santoianni
 

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