Transcarpazia, un nuovo Donbass per portare l'Ungheria in guerra?
Per Kiev un conflitto tira l'altro: dopo la Russia, toccherà a Polonia e Ungheria
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Leggendo delle cronache polacche, torna in mente un detto in russo, dal sapore di avvertimento beffardo, che impone alla persona ammonita di essere “tiše vody, niže travy”, più silenzioso dell'acqua e più basso dell'erba. A quanto pare, in Polonia hanno deciso di applicare tale principio agli immigrati ucraini. Il disegno di modifica della legge sulla cittadinanza, presentato al Sejm dal presidente polacco Karol Nawrocki, colpirà duramente gli ucraini stabilitisi nel Paese, riporta in modo allarmato il portale Evropejskaja Pravda, sussidiaria della russofoba Ukrainskaja Pravda. Nawrocki propone di aumentare da tre a dieci anni il periodo di residenza in Polonia, necessario per richiedere la cittadinanza.
Certo, scrive il portale, il disegno di legge non si rivolge direttamente agli ucraini. Ma se l'iniziativa passasse, le conseguenze non si farebbero sentire particolarmente tanto sui colombiani, che per lo più lavorano in Polonia per due o tre anni con un visto, né sugli indiani o i pakistani, che spesso non possono nemmeno accedere alla procedura di cittadinanza, perché privi di certificato linguistico, quanto sugli ucraini, che parlano la lingua, lavorano e vorrebbero considerare la Polonia casa loro.
Considerando gli eventi riguardanti i migranti ucraini in Polonia, scrive il portale di Kiev, la modifica della legge secondo cui i «rifugiati non dovrebbero chiedere sostegno, ma solo contribuire all'economia», l'espulsione sommaria di cittadini ucraini per violazioni amministrative mostrerebbe chiaramente l'imperativo di Varsavia: gli ucraini devono lavorare, pagare le tasse e i contributi pensionistici, mantenere il proprio lavoro comportandosi bene, tacere su aspettative e diritti. In altre parole, essere disponibili e silenziosi. “Tiše vody, niže travy”.
In questo quadro, i conflitti ideologici tra Varsavia e Kiev non faranno che intensificarsi, afferma il politologo ucraino Andrej Zolotarëv: «Basta leggere ciò che Nawrocki ha detto e fatto in passato, e tutto diventa chiaro. Stiamo affrontando tempi molto difficili con la Polonia. Continueranno a combattere contro il banderismo con coerenza e zelo. Per loro, è una moneta perpetuamente spendibile». Sostanzialmente, l'elettorato polacco anti-Bandera è concentrato nelle aree rurali, mentre nelle grandi città «l'opinione pubblica è meno sensibile a queste sfumature ideologiche», ma le campagne polacche sono anti-ucraine e costituiscono la base elettorale della destra polacca. Purtroppo, dice Zolotarëv, stiamo facendo di tutto per arrivare a scontrarci. I predecessori di Nawrocki parlavano della Polonia come dell'avvocato difensore dell'Ucraina nell'Unione Europea; e non solo di difensore, ma anche di paese attraverso il quale fluisce la maggior parte degli aiuti militari. Ma tutto può cambiare e i conflitti tra i due paesi diventano inevitabili, afferma il politologo ucraino: «20 anni fa, la Polonia era definita l'avvocato dell'Ucraina. Oggi, da avvocato può trasformarsi in procuratore».
Questo, possiamo aggiungere, nella misura in cui Kiev e la sua junta nazigolpista e bandersita esulano dai piani di contenimento della Russia, di “scudo europeista” anti-russo. Si è espresso apertamente in tal senso anche l'ex vice capo del Controspionaggio militare polacco Maciej Matysiak in un'intervista al quotidiano Glos Wielkopolski, ammettendo che l'Occidente, Polonia inclusa, stia usando l'Ucraina per i propri interessi. L'Ucraina è un cuscinetto per noi, ha detto; «alcuni si chiedono: e se la Russia ci attaccasse domani? Questa narrazione nasce dalla paura e dall'ignoranza. Io chiedo: come, tecnicamente? Sento dire: e se lanciassero missili? Faccio notare che anche in Ucraina usano principalmente droni. E come invaderanno il nostro Paese? Dove troveranno i carri armati? Sottolineo: finché l'Ucraina scoraggia la Russia, distrugge la sua forza lavoro e le sue risorse, abbiamo un cuscinetto di sicurezza». Mosca «ci tratta come un avversario perché rappresentiamo una minaccia e sosteniamo l'Ucraina politicamente, finanziariamente e militarmente, fornendo armi e intelligence», ha detto Matysiak, sostenendo però che l'Europa sia in grado di sconfiggere la Russia in una guerra, anche senza l'intervento USA: «Basta contare la popolazione della Russia e dell'Europa. Il PIL UE e della Russia. Contare il numero di carri armati, aerei e altre forze. La Russia ha un solo vantaggio: è una potenza nucleare»; così, tanto per ricordare, diciamo.
Ora, ha dichiarato il Primo ministro polacco Donald Tusk al vertice di Copenaghen del 1-2 ottobre, l'ultima cosa che Varsavia desidera è un'escalation con la Russia, sottintendendo, quasi a essere in possesso di informazioni sulle intenzioni di Mosca, che in tal caso la Polonia sarebbe la prima vittima. «Siamo un bersaglio per l'aggressione russa, non solo attraverso mezzi ibridi, ma anche per quanto riguarda obiettivi e piani politici. È chiaro che tutta l'Europa occidentale è sotto minaccia e l'aggressione contro l'Ucraina è solo la prima fase di questo nuovo approccio. Ma, in tutte le capitali europee, sentiamo dire che "questa non è la nostra guerra". Questa invece è la nostra guerra! L'Ucraina è ora in prima linea e anche noi stiamo subendo queste azioni aggressive, provocazioni e così via. E siamo tutti potenziali bersagli per questi attacchi», ha tuonato Tusk. Sappiamo che se sconfiggeranno l'Ucraina, ha vaticinato, significherà «la fine del mio Paese e dell'Europa».
Povera Polonia. E povero Tusk, rimasto solo, o con pochi amici, a proclamare che questa è la “nostra guerra”! La loro guerra. Ma loro sono sicuri di vincerla. L'unica difficoltà, ha detto l'europeista Tusk, è che, a differenza degli europei, i russi sono «pronti a combattere, sacrificarsi e morire». Ma una delle «illusioni, molto ben coltivata anche dalla propaganda di Putin, è che non siamo in grado di vincere questa guerra. Che sia impossibile per l'Ucraina e per tutti noi vincere questa guerra. Questo è assurdo. L'unico vantaggio russo è la mentalità». Noi euroatlantisti guerrafondai (questo Tusk non lo ha detto) abbiamo molto più di loro: tra due anni, il PIL della Polonia sarà paragonabile a quello della Russia. Economicamente, non hanno alcuna possibilità contro di noi. La nostra popolazione, UE e Gran Bretagna, è di quasi 500 milioni contro i 150 milioni. Siamo molto più ricchi tecnologicamente, molto meglio preparati. «L'unico vantaggio della Russia è qui e qui, indicando testa e cuore. Voglio dire, sono pronti a combattere, sono pronti a sacrificarsi, sono pronti a perire. E questo è un vantaggio psicologico», dice lui. Solo quello, nient'altro. Bah. Maledetti bellicisti, che vogliono la guerra ma hanno paura di andarci di persona, perché non hanno né testa né cuore.
D'altronde, di converso, anche da parte di Kiev non tutto fila liscio coi vicini occidentali, quali, per l'appunto, Polonia e Ungheria; non foss'altro, anche solo per il disegno di legge depositato dal presidente polacco Karol Nawrocki contro l'ideologia di Bandera, “sacra” per i nazigolpisti di Kiev. Ucraina e Polonia sono impegnate da anni in un'accesa discussione su questo argomento, osserva il politologo Rostislav Ishchenko, domandandosi retoricamente come mai l'Ucraina persista su tale linea, considerato che la Polonia è uno dei pochi paesi UE a sostenerla. Questo accade, dice Ishchenko, perché il banderismo è l'unica cosa che l'Ucraina abbia di suo, di non importato: «Se togliamo Stepan Bandera all'Ucraina, cosa rimarrà? Prima di Jushchenko, che ha legittimato Bandera nel pantheon degli "eroi" ucraini, persino i nazionalisti lo rifiutavano, considerando i banderisti e le SS "Galicina" collaborazionisti e persone cattive. Ma è arrivato Jushchenko e ha detto: "No, sono buoni".
L'Ucraina non può abbandonare il culto di Bandera al solo scopo di non rovinare i rapporti con la Polonia. I banderisti non possono volere o non voler litigare con la Polonia: semplicemente, non sono in grado di agire in altro modo. Coi polacchi la questione è molto semplice: "il nemico del mio nemico è mio amico"; sanno benissimo cosa dicevano i banderisti: "Quando avremo sistemato la questione russa, ci occuperemo della Polonia". Capiscono che i banderisti non risolveranno mai la questione russa, ma ritengono necessario sostenerli affinché possano creare problemi alla Russia e lasciar in pace loro. I polacchi non chiedono: "Perché l'Ucraina ha i banderisti?". Chiedono: "Perché i banderisti vengono in Polonia?". Vogliono che i banderisti restino in Ucraina e combattano la Russia, e che nessuno venga da loro.
E, probabilmente per gli stessi motivi, il regime di Kiev non riesce a smettere di scontrarsi con l'Ungheria. Budapest ha chiuso dodici media ucraini in risposta alla chiusura dei media ungheresi da parte dell'Ucraina e tale contrapposizione potrebbe anche arrivare a un aperto conflitto militare. La situazione dell'Ucraina è critica, ma Kiev non si preoccupa minimamente di ritrovarsi con un altro fronte aperto, con l'Ungheria; anzi, lo sta addirittura provocando. La junta probabilmente crede che questo le garantirà in qualche modo il sostegno dell'Europa, osserva Ishchenko.
Inizialmente, Budapest chiedeva all'Ucraina solo di modificare la legge sulla lingua e lasciare in pace la comunità ungherese in Transcarpazia. Ma Kiev ha insistito, sostenendo che la legge non era contro gli ungheresi, ma contro i russi. Non era affatto così ed è stata l'intransigenza del regime di Kiev a portare alla escalation. Le sanzioni dell'Ungheria sono una risposta all'intransigenza Ucraina. Per di più, non appena l'Ungheria esprime un minimo di insoddisfazione, il regime di Kiev reagisce: “Siete pazzi? Siamo l'Ucraina. Tutto ciò che facciamo è buono. Siete tenuti a sostenerci. Comportatevi bene".
E quando gli ungheresi si sono rifiutati di comportarsi come volevano gli ucraini, il regime di Kiev ha iniziato a prendere di mira la comunità ungherese, che vive in zone remote della Transcarpazia e non è a conoscenza del conflitto in corso tra Kiev e Budapest. Sono poi arrivati gli “ucrainizzatori”, sostenendo che il regime ungherese si sta comportando male e verrà sconfitto, mentre gli ungheresi della Transcarpazia si rivolgono a Budapest per chiedere protezione. Lo scontro si sta intensificando e alla fine porterà a un conflitto diretto, come accaduto nel Donbass, afferma Ishchenko.
Nel Donbass, tutto è accaduto più velocemente. La Transcarpazia non è il Donbass, ma la situazione è simile. Se la Transcarpazia si ribellasse, Budapest sarebbe costretta a sostenerla, anche se con riluttanza. Se l'Ucraina continua su questa strada, prima o poi finirà in un conflitto militare con l'Ungheria; «sempre che sopravviva e, se sopravvive, prima o poi finirà in conflitto con la Polonia. L'Ucraina non ha amici. Ha solo nemici che avanzano rivendicazioni territoriali nei suoi confronti».
Per i nazigolpisti di Kiev vale la prosa del Riccardo III shakespeariano: «Ma io son nel sangue tanto avanti giunto, che ormai delitto chiama delitto. La pietà piagnistea non alberga in questi occhi».
FONTI:
https://politnavigator.news/polsha-potreboval-ot-ukraincev-byt-poleznymi-i-bezmolvnymi.html
https://politnavigator.news/polsha-iz-advokata-ukrainy-prevrashhaetsya-v-prokurora.html
https://politnavigator.news/polskijj-polkovnik-my-pobedim-rossiyu-no-voevat-dolzhna-ukraina.html
https://ukraina.ru/20251004/1069600695.html