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"Vola il Pil", ma i salari restano al palo. Una coscienza di classe direbbe basta!
Oggi giornata ricca di dati macroeconomici europei. I vari istituti di statistica hanno pubblicato in particolare il dato del pil del secondo trimestre. Il Pil Francia congiunturale +0,9% (era previsto +0.8%), Germania 1,5% (era previsto 2%), Italia 2,7% (era previsto 1,3). Crescita anno su anno secondo trimestre Italia previsto +15,9%, dato reale 17,3% e i servizi ad aprile erano ancora chiusi.
Secondo l'Istat il dato acquisito nel 2021, cioè se la crescita fosse nulla nel terzo e quarto trimestre, è pari a +4.8%. I più si aspettavano un dato congiunturale di 1.5, solo il Centro Studi di Confindustria nei giorni scorsi stimava 2%, ma il dato reale, 2,7%, è inaspettato, a tal punto che il sito del Sole 24 ore titola "Vola il pil".
Si saprà nelle prossime settimane quali settori, e in che misura, hanno contribuito. Di certo ora si sa una stazionarietà dell'agricoltura e una forte crescita di industria e servizi. E' uscito anche il dato della disoccupazione a giugno. Era prevista al 10,4%, dato reale 9,7%. Da febbraio sono stati creati 400 mila posti di lavoro, ma moltissimi a tempo determinato, ne mancano per i livelli pre covid 470 mila, ma di certo si assiste ad una crescita occupazionale, specie negli ultimi mesi. Lo stesso Inps ha dichiarato nelle scorse settimane che le perdite contributive (vale a dire le trattenute in busta paga pensionistiche) sono state tutte recuperate.
Un altro dato è uscito, l'inflazione passa da 1,3% a 1,8% ma non sappiamo ancora se ciò è dovuta a vivacità di domanda o maggiori costi scaricati sui consumi. Di certo il differenziale inflazionistico, che porta ad erodere quote di mercato mondiale, con la Germania, sempre a questo paese favorevole, tranne nelgi ultimi anni, è pari a 2% (l'inflazione registrata dalla Germania è pari a 3.8%).
Di tutti questi dati chi non può gioire sono i lavoratori: ieri l'Istat ha pubblicato il dato delle retribuzioni, cresciute in un anno appena dello 0.6%, con punte 1,2 nell'industria, ma triennale ed in ogni caso inferiore all'inflazione e crescita nulla per molti settori, nonostante abbiano siglato contratti. La deflazione salariale attanaglia i veri artefici di questa crescita.
Una coscienza di classe, diffusa, potrebbe portare a dire: basta! Meglio tardi che mai.
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