Zelensky all'atto finale?
di Vincenzo Brandi
I commenti provenienti da ambienti europei che fanno capo alla cosiddetta “coalizione dei volenterosi” – quelli che vogliono continuare la guerra alla Russia ad ogni costo – e dal codazzo di giornalisti e commentatori che sono da loro stipendiati, per farsi coraggio parlano di “fallimento” del vertice tenuto in Alaska perché non sarebbe stato raggiunto il presunto obiettivo del vertice, quello di imporre alla Russia una tregua senza condizioni.
In realtà il vertice Putin-Trump ha riguardato obiettivi ben più importanti e globali di quelli auspicati dai “volenterosi” e dal loro pupillo Zelensky.
Il vertice si è interessato delle condizioni fondamentali per una pace duratura in Ucraina, e non di una semplice tregua che sarebbe solo servita a cercare di riarmare e rilanciare le azioni dell’esercito ucraino, in chiara difficoltà e a corto di uomini per l’esplodere della renitenza alla leva e le fughe continue all’estero di giovani, e meno giovani, per non essere arruolati.
Il vertice, più in generale, ha riguardato le condizioni necessarie per ottenere una situazione di reciproca sicurezza a livello mondiale. Il presidente Trump, rinunciando agli atteggiamenti da bullo che lo avevano portato a minacciare gravissime sanzioni contro la Russia se non avesse accettato una tregua immediata e incondizionata (un “bluff” in cui gli esperti dirigenti russi non sono minimamente caduti), ha alla fine saggiamente accettato l’agenda proposta dai Russi che consisteva nell’affrontare problemi ben più vasti e significativi di una semplice tregua, che riguardano l’avvenire del dialogo tra USA e Federazione russa.
Il vertice è durato poco più di due ore, segno che la precedente diplomazia sotterranea (alimentata ad esempio dalle visite dell’inviato statunitense Witkoff a Mosca) aveva già fissato una serie di paletti reciprocamente accettati. Altro indizio importante è l’esplicita rinuncia di Trump ad imporre sanzioni alla Cina per l’acquisto di petrolio russo. Probabilmente nei prossimi giorni saranno ritirate anche le analoghe minacce nei confronti dell’India ed altri paesi neutrali.
Di fronte a queste prospettive la preoccupazione dei dirigenti europei della coalizione dei “volenterosi” è evidente. Si consolano parlando di presunto “fallimento” del vertice e di volontà di continuare a sostenere lo sforzo bellico di Kyev. Più chiaro il commento del solito Calenda che parla di “catastrofe” e di resa a Putin, che “ha ottenuto tutto senza dare niente”.
In Italia, a “sinistra”, anche la Schlein si piange addosso, mentre risulta accettabile il commento dei 5 Stelle che accusano gli Europei ed il governo Meloni di essersi autoemarginati in una politica bellicista priva di prospettive.
Il più preoccupato di tutti è il povero Zelensky atteso lunedì a Washington da Trump, che (a meno di improvvisi sempre possibili voltafaccia del “Tycoon”) gli darà una lezioncina su quello che deve fare per porre fine alla guerra. L’ex eroe dell’Ucraina, con la sua ridicola eterna maglietta militare, è in disgrazia nel proprio paese dove il consenso nei suoi confronti si restringe rapidamente. Zelensky rischia anche la vita se dovesse aderire alle richieste di Trump di accettare pesanti compromessi e cessione di territori per giungere alla pace: I Nazi-fascisti ed ultra-nazionalisti ucraini, eredi delle bande che combatterono a fianco dei Nazisti tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, e che tengono Zelensky in ostaggio, continuano a portare avanti l’insostenibile propaganda della “Vittoria” finale. Potrebbero non gradire soluzioni di compromesso, spinti anche dai servizi segreti e dal sostegno del Regno Unito ed altri estremisti russofobi europei, pronti anche a creare “l’incidente” per fermare la pace,
Roma, 17 agosto 2025, Vincenzo Brandi