Cosa resta del No Green Pass dopo la sentenza della Consulta?

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Cosa resta del No Green Pass dopo la sentenza della Consulta?


di Francesco Santoianni - da Avanti.it 

Tutti i media ad osannare la sentenza della Corte costituzionale che legittima l’obbligatorietà di un “vaccino” che, per la prima volta nella Storia, non impedisce al vaccinato di infettarsi e reinfettare e neanche le forme gravi di malattia considerando il persistere di centinaia di giornalieri “morti di Covid” (dato ormai scomparso dai notiziari TV). Entusiasmo dettato dalla speranza che la sentenza faccia sparire per sempre un movimento (i cosiddetti “No Green Pass”) che, pur tra errori e ingenuità, ha rappresentato una assoluta novità mobilitando migliaia di persone che, aldilà di precostituite ideologie, sono scese in piazza sfidando una martellante campagna diffamatoria condotta da tutti i media e, purtroppo, anche da una certa “sinistra antagonista”.

Forse è troppo presto per scrivere una storia del movimento No Green Pass in Italia, del quale i tre fallimentari schieramenti elettorali sono stati le vestigia. Limitiamoci, quindi ad alcune considerazioni che si spera possano permettere di fortificare un movimento indispensabile per affrontare le “nuove emergenze epidemiche” che si paventano.

Le prime mobilitazioni contro la gestione dell’emergenza Covid risalgono all’ottobre 2020 quando, a Napoli, migliaia di esercenti di ristoranti, bar, alberghi… scesero in piazza all’insegna dello slogan “Tu ci chiudi, tu ci paghi”. È da evidenziare a tal proposito che questa, certamente legittima, richiesta non metteva minimamente in discussione la folle pretesa di “fermare” attraverso lockdown il contagio (di un virus che, come cominciava ad essere noto, circolava in Italia dall’estate 2019 e che era già diventato endemico) e accettava pienamente il ruolo di elemosinieri che già aveva permesso al Governo e, soprattutto, ai governatori regionali (si veda il caso de Luca) di rafforzare enormemente il loro potere.

Ancora peggio succedeva per le prime mobilitazioni degli insegnanti contro la chiusura delle scuole e la conseguente didattica a distanza, fatte pretendendo una “scuola “sicura” che avrebbe dovuto essere garantita anche dalla disseminazione di tamponi tra studenti e alunni (per i quali, come era già noto, la presenza del virus Sars-Cov-2 e lo stesso Covid non rappresentava un significativo pericolo). I risultati furono “controlli a campione” (e cioè tamponi effettuati, quasi sempre, in scuole dove lavoravano insegnanti additati come “No vax”) che, una volta scovato l’inevitabile studente o alunno “positivo” si concludevano con la chiusura dell’intero plesso scolastico.

Intanto, nell’autunno 2020 cominciavano a crescere movimenti composti da medici che, già agli esordi dell’emergenza Covid, non si erano limitati come tanti altri colleghi a prescrivere telefonicamente Tachipirina e vigile attesa ma che continuavano a curare a domicilio i loro pazienti. Uno dei primi, il Comitato Cura Domiciliare Covid-19, strutturato su Facebook con 320.000 membri, pur accettando la logica della vaccinazione anti-Covid di massa, avrebbe potuto essere un valido alleato per i pochi che cominciavano a tenere sparute manifestazioni contro una sempre più fallimentare gestione dell’emergenza. Così non è stato, vedremo il perché.

Nel luglio 2021, contro un Green Pass imposto con il ricatto del licenziamento e della esclusione da tutta una serie diritti, le piazze, finalmente cominciano a riempirsi. Anche di fascisti; alcuni mandati lì da apparati dello Stato a provocare incidenti. Questo fece sì che il movimento No Green Pass fu trasformato in un problema di ordine pubblico, anzi di “antifascismo”, (nonostante le prime partecipazioni di settori del movimento operaio, così come è stato a Trieste e in Campania) con il corollario di scontri e denunce.

La presenza di fascisti alle manifestazioni provocò, inoltre, in alcune città, scissioni tra i No Green Pass tra chi proponeva di buttarli fuori dalle manifestazioni e chi di accoglierli a braccia aperte per dar vita ad un “fronte” che includesse indistintamente tutti coloro che dissentivano dalla gestione governativa dell’emergenza Covid. Pochissimi, purtroppo, proposero la scelta più logica: accogliere tutti coloro che, invece di sbandierare in piazza le loro ideologie, dovevano limitarsi a propagandare il programma del movimento per affrontare l’emergenza Covid.

E qui affrontiamo il nocciolo della questione.

A differenza di altri movimenti, quello contro il Green Pass è nato già lottizzato da tutta una serie di “influencer antisistema” che avevano acquisito una certa notorietà, soprattutto su Youtube. Questo ha di fatto impedito che il movimento No Green Pass si dotasse di un preciso e credibile PROGRAMMA SANITARIO, ad esempio, questo, con il quale rapportarsi ai tanti che - pur controvoglia o per non perdere alcuni diritti - sì vaccinavano) e saldarsi con le suddette organizzazioni di cure domiciliari. Questo non è stato fatto e, considerato che solo nell’ultima fase del movimento si sono costituite strutture scientifiche di riferimento  (ad esempio, il Comitato scientifico del coordinamento 15 ottobre) per molto tempo i No Green Pass si sono assiepati intorno a influencer in cerca di ulteriore notorietà, i quali, in alcuni casi, arrivavano ad inneggiare a Trump (a Napoli, anche ai Borboni) e/o si abbandonavano a considerazioni politico-filosofiche condite con strampalate teorie quali quelle del grafene-5G o del  complotto satanista. Questo fece scappare via, inorriditi, i tanti che – per curiosità o per avere un sostegno al loro rifiuto del vaccino - si erano avvicinati ai raduni contro il Green Pass.

Ancora peggio, quando l’incedere delle vaccinazioni spinse tanti attivisti No Green Pass – demoralizzati dalla “passività” di una popolazione che essi non erano riusciti a coinvolgere - in una sorta di narcisismo che li spinse a presentarsi come testimoni e propugnatori di una arbitraria e assoluta “libertà” che, per la maggior parte della popolazione, era considerata la causa del perdurare del contagio e quindi della morte di tanti “per Covid”. Una articolazione di questo culto della assoluta libertà individuale (improponibile in alcune, gravi, emergenze epidemiche) è stata la pretesa che questa fosse “sancita dalla Costituzione”. Una illusione spazzata via dalla suddetta sentenza della Corte costituzionale.

Nonostante ciò, non poche persone diventate “No Green Pass” costituiscono ancora oggi un nuovo prezioso serbatoio di energie sulle quali contare, come attestato dal loro immediato mobilitarsi contro la partecipazione del nostro Paese alla guerra in Ucraina. Persone improvvisamente e, confusamente, “politicizzatesi” trovandosi a confrontarsi con una gestione dell’emergenza Covid finalizzata, sostanzialmente, all’asservimento della popolazione. Persone il cui numero è certamente sottostimato dal numero dei “No vax” votanti alle ultime elezioni politiche (caratterizzate da una campagna elettorale compressa in pochi giorni e dalla presenza di tre liste “No vax” in concorrenza tra loro).

Una unica, duratura, rappresentanza politica per queste persone che, per dirla come Mark Twain, <<sono diventate rivoluzionarie avendo scoperto di essere state ingannate>>? Gli ultimi eventi si direbbe non lascino ben sperare, ma sarà il caso di riflettere su questa prospettiva.

Francesco Santoianni

Francesco Santoianni

Cacciatore di bufale di e per la guerra. Autore di "Fake News. Guida per smascherarle"

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