Dramma della gelosia a Vilnius, o quasi
di Fabrizio Poggi
Non c'erano dubbi che i fieri giornali “antiautocratici” milanesi non avrebbero lasciato in sordina un evento epocale come la grazia concessa a Minsk dal solito “ultimo dittatore d'Europa” Aleksandr Lukashenko al recluso Sergej Tikhanovskij, 46 anni, ex blogger-majdanista bielorusso, il cui nome dice forse qualcosa, a qualcuno, in qualità di consorte della “presidente” bielorussa Svetlana Tikanovskaja, a suo tempo “legittimata” nella carica dal duo Quartapelle-Boldrini.
Ma chi è colui che il Corriere della Sera presenta come «l’attivista che ha sfidato Lukashenko», in carcere dal 2020 e graziato (la condanna prevedeva 18 anni di carcere) dall'effettivo presidente bielorusso probabilmente in virtù di un “favore” concesso all'inviato di Donald Trump, Keith Kellog, in visita a Minsk?
La grazia, fa sapere l’ufficio di Lukashenko, è avvenuta «su richiesta diretta di Trump, per motivi umanitari».
Ovvio che le prime dichiarazioni, ci informano da via Solferino, l'ex recluso le abbia rilasciate dalla Lituania e più precisamente dalla «sede di Vilnius dell’opposizione bielorussa in esilio», con parole intervallate da «lunghi singhiozzi, ululati, balbuzie». Alla domanda se, in carcere, sia stato sottoposto a torture, il consorte di cotanta figura “presidenziale” risponde di non aver «mai ricevuto una lettera, non una telefonata»; addirittura – qui viene alla luce il volto più raccapricciante di un “regime di senzadio” - dal 2020 «non mi sono potuto nemmeno confessare con un prete... nessuna chiamata, nessun prete... Mi chiedete della tortura, questo isolamento non lo è?».
E allora, chi è Sergej Tikhanovskij? È stato, ci mette a parte il Corriere, «un oppositore popolare e spiritoso: nel 2020 si era inventato la “protesta della ciabatta”, paragonando il dittatore a uno scarafaggio e invitando la gente a scendere in strada con le ciabatte in mano, per schiacciarlo». Già: la ciabatta. Nemmeno poi così originale, a dire il vero: qualche anno prima di lui, Jurij Birjukov, consigliere dell'allora presidente golpista ucraino Petro Poroshenko, aveva caratterizzato i russi come «piccoli insetti nocivi». Alla domanda se si debbano odiare i russi, Birjukov aveva risposto di non provare «tale sensazione. Piuttosto, disgusto. Lo stesso che si prova per un insetto piccolo e nocivo... Quella stessa sensazione che si ha un momento prima di colpirlo con una ciabatta». E oggi, conferma Tikhanovskij, «non rinnego nulla». Ci mancherebbe! Anzi: pieno appoggio alla junta nazigolpista di Kiev.
Infatti, quello che il Corriere omette di raccontare è che, nella conferenza stampa a Vilnius, Tikhanovskij si è affrettato, sotto lo sguardo paternalistico della moglie Svetlana, a fare atto di fedeltà al nazigolpista-capo ucraino Vladimir Zelenskij. «Sostengo pienamente l'Ucraina. Il Presidente Zelenskij sta attraversando un periodo così difficile... Quello che ho passato io non è nulla in confronto a quello che il Presidente Zelenskij dve affrontare ogni giorno in tutti questi anni... Nessun altro presidente oggi in vita sta attraversando un periodo così difficile. Lo sostengo incondizionatamente e senza riserve. Per me è un eroe». Amen.
La grazia concessa da Lukashenko a Tikhanovskij e altri 13 detenuti politici, osserva PolitNavigator, rappresenta una sorta di “inchino” riservato all'alto ospite americano; un evento straordinario per la politica bielorussa, pur se prevedibile. Alla vigilia dell'arrivo di Kellog, infatti, con la scarcerazione dei quattordici, Lukashenko ha inteso “celebrare” il ripristino delle relazioni tra Minsk e Washington. Era accaduta più o meno la stessa cosa alla vigilia degli avvenimenti del 2020, quando, «a stormi», a Minsk si erano riversati Mike Pompeo, neoconservatori di alto rango e generali-falchi USA, parlando apertamente della necessità di «creare un bastione contro il neoimperialismo russo». Ed era stato quello, in effetti, il periodo di massimo raffreddamento delle relazioni tra Minsk e Mosca. La differenza, oggi, è che la parte americana ha preferito non parlare dei motivi della visita, menzionando solo la risoluzione del conflitto ucraino. Ma è molto probabile che si sia parlato anche d'altro: revoca delle sanzioni, rimozione dall'agenda del tema dei prigionieri politici, ecc.
In realtà, il rilascio di Tikhanovskij, osserva PolitNavigator, è stato semplicemente un gesto diplomatico di ampio respiro. Perché hanno rilasciato lui e non Babariko, Kolesnikova o altri noti oppositori? Di tutti i leader dell'opposizione del 2020, Tikhanovskij è il «più impertinente e il meno intellettuale. Non è il banchiere intellettuale Babariko, capace di tessere intrighi per anni. È una figura molto più modesta.
Ha iniziato la carriera nei brutali anni '90, negli 'ambienti criminali dello spettacolo, a Gomel, organizzando concerti e rave, anche come proprietario di locali notturni. Si dice che non abbia dato la propria “benedizione” a Svetlana-”Fethullah Gülena”-Tikanovskaja per la sua frenetica attività politica svolta mentre lui era in prigione. Al momento del suo arresto, lei era solo una casalinga. Tutta la storia successiva, con le elezioni e il ruolo del leader dell'opposizione, è già opera degli strateghi politici dell'opposizione e dei loro curatori occidentali.
Ci si chiede dunque ora se “Gülena” cederà al consorte la guida dell'opposizione: che ne pensano Quartapelle-Boldrini, tutti i curatori occidentali e gli altri parassiti (a proposito di ciabatte...) che da anni vivono alla greppia dei «flussi finanziari che ruotano attorno alla sua ottusa moglie»? In quella coppia, nota sarcasticamente PolitNavigator, i pantaloni li ha sempre portati Sergej; ora la situazione è cambiata. Sembra presentarsi la solita situazione aneddotica: “il marito rientra a casa prima del previsto e la moglie...". È probabile che il marito debba imparare molte cose nuove e non sono esclusi conflitti coniugali, che possono venir «sfruttati dai numerosi antagonisti di Svetlana all'interno dell'opposizione. Per farla corta: facciamo scorta di popcorn», il film sembra appena cominciato.
A parole, Sergej ha detto di non voler rivendicare la leadership dell'opposizione bielorussa in emigrazione. Al contrario, “Gülena”-Svetlana ha assicurato di voler conservare il “posto” quartboldriniano fino a quando non si tengano in Bielorussia «libere elezioni». Staremo a vedere.
https://politnavigator.news/guljona-tikhanovskaya-nikak-ne-zhdala-muzha-iz-zony.html