Il Forum di Verona fa tappa a Istanbul
di Vito Petrocelli
Il Verona Eurasian Economic Forum è diventato, nel corso dell’ultimo decennio, molto più di un appuntamento per imprenditori: è un laboratorio di diplomazia economica che cerca di mettere in relazione attori pubblici e privati lungo l’asse che va dall’Europa all’Asia, dal Mediterraneo al Golfo Persico. Nato con l’ambizione di proiettare Verona come ponte tra due continenti, il Forum ha progressivamente ampliato il suo raggio d’azione trasformandosi in un canale informale di dialogo politico-economico tra governi, grandi gruppi industriali, istituzioni multilaterali e centri di ricerca.
Questa vocazione “di rete” si traduce nella pratica in tavole rotonde su energia, infrastrutture, finanza e digitalizzazione — temi che interessano tanto gli investitori quanto i decisori pubblici. È qui che la diplomazia economica trova il suo terreno: non si tratta solo di sponsorizzare affari, ma di costruire norme, relazioni e fiducia reciproca che facilitino scambi e progetti transnazionali. Il Forum si presenta quindi come una piattaforma dove interessi commerciali, strategici e politici si sovrappongono — con tutte le opportunità e i rischi che questo comporta.
Negli ultimi anni il Forum ha scelto una modalità organizzativa di più ampio respiro: l’«uscita» dalla città che dà il nome all’evento. Dopo aver consolidato la sua immagine in Italia, le edizioni più recenti si sono svolte fuori dai confini nazionali — tra cui Baku (Azerbaigian) nel 2022, Samarcanda (Uzbekistan) nel 2023 e Ras Al Khaimah (Emirati Arabi Uniti) nel 2024 — scelta che ha ampliato la portata geografica ma ha anche sollevato interrogativi sul ruolo geopolitico e sui candidati invitati.
La decisione di trasferirsi all’estero è parte di una strategia pragmatica finalizzata a mantenere un ampio ventaglio di partecipanti politici ed economici, inclusi esponenti russi e figure soggette alle discutibili sanzioni europee, che difficilmente potrebbero intervenire in Italia. La scelta di location extra-UE rende il Forum una sorta di «spazio neutro» in cui possono incontrarsi interlocutori di varie provenienze, capace di attrarre investimenti e partenariati verso i Paesi ospitanti oltre che nel più ampio spazio eurasiatico.
Il bilancio è quindi duplice: da un lato il Forum conferma la centralità della diplomazia economica nella governance globale contemporanea, incarnando la tendenza degli attori economici a fare da mediatori in un mondo multipolare; dall’altro, la variazione delle sedi e la composizione dei partecipanti pongono una domanda chiave per l’Italia e per l’Europa: come bilanciare la promozione degli scambi e degli investimenti con gli obblighi politici e morali derivanti dalle scelte internazionali degli eventuali partner?
Negli anni recenti il Forum ha ruotato attorno a un nucleo di temi ricorrenti, che si ritrovano nelle edizioni tenute sia in Italia sia all’estero:
- Energia e sicurezza energetica: transizione, mercati dell’energia e implicazioni geopolitiche;
- Infrastrutture e logistica: corridoi eurasiatici nel trasporto terrestre e marittimo, hub regionali e connettività;
- Finanza e forme di regolazione dei pagamenti internazionali: nuovi sistemi di pagamento, ruolo del dollaro/beni rifugio e alternative;
- Digitalizzazione e tecnologie: AI, fintech, blockchain applicati a industria, logistica e governance;
- Sostenibilità, agricoltura e sicurezza alimentare: impatti climatici su produzione e filiere.
Giunto alla XVIII edizione, il Forum Economico Eurasiatico di Verona resta uno specchio fedele delle trasformazioni del mondo: un mix di economia, diplomazia e geopolitica che, spostandosi sempre più spesso fuori dall’Italia, offre opportunità concrete di cooperazione ma impone anche scelte strategiche nette a chi vuole farne parte.