Il Summit Putin-Trump in Alaska certifica le gerarchie mondiali

772
Il Summit Putin-Trump in Alaska certifica le gerarchie mondiali

 

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico

 

Probabilmente il vertice russo-americano al quale abbiamo assistito ieri ad Anchorage in Alaska è uno dei più spettacolari e significativi dell'ultimo mezzo secolo.

Certamente il più importante dal 2000 in avanti. 

Un summit quello tra Putin e Trump che segnerà la storia dei prossimi anni e questo lo si intuisce anche dall'enorme portato simbolico che è stato racchiuso nel cerimoniale. I simboli sono sostanza, soprattutto quando si parla di vertici internazionali di questa portata.

Oltre ai simboli, naturalmente, ad Anchorage si sono verificate una serie di eventi e situazioni che chiariscono benissimo l'attuale stato dei rapporti internazionali, non solo tra i leader di Russia e USA, ma anche tra gli “stati profondi” dei due paesi e, più in generale, sulla base di quanto accaduto, possono essere visti in controluce anche i reali rapporti tra i due grandi blocchi esistenti in questa fase storica: quello “occidentale” e quello del cosiddetto “sud globale”. Al lettore una importante avvertenza: non tutto ciò che è appare e non tutto ciò che appare è. 

 

*Cerimoniale e aspetto simbolico del Summit*

Raramente nella storia, come è avvenuto in questo vertice l'aspetto cerimoniale e simbolico ha assunto una valenza fondamentale per chiarire lo stato dell'arte delle relazioni internazionali, non solo tra le due superpotenze, ma più in generale tra i due blocchi fondamentali che stanno emergendo in questa fase storica, quello dei BRICS e quello occidentale. Se nelle intenzioni di Trump, che per accogliere Putin  ha ordinato i massimi onori possibili, molto probabilmente si voleva  solo compiacere, e quasi adulare, l'interlocutore per ottenere condizioni più favorevoli si è andati nella realtà ben oltre le intenzioni.

I simboli si sa ( e questo in diplomazia vale ancora di più) vivono di vita propria e trasmettono messaggi oltre le intenzioni di chi ne ha ordinato l'utilizzo. Così è stato in questo caso. La scorta degli F-35 all'aereo presidenziale russo, Il fappeto rosso steso ai piedi di Putin sulla pista, il palchetto per i convenevoli iniziali e soprattutto il presidente americano che attende l'arrivo dell'ospitato con ai lati un picchetto d'onore composto da tutte le  componenti delle forte armate a stelle e strisce, mandano un chiaro ed inequivocabile messaggio al mondo intero: la Russia non è più un paese paria nel consesso internazionale, e non è neanche una potenza regionale come dichiarava Obama qualche anno fa, ma è di nuovo una potenza globale con la quale bisogna fare i conti. Un messaggio dalla portata dirompente che avrà comunque ampie ripercussioni.  

Anche i russi hanno mandato dei messaggi simbolici. Basta pensare a Lavrov, storico liberale, che si è presentato ad Anchorage con una felpa con la scritta CCCP in cirillico. Anche qui il messaggio è chiaro ed evidente, i russi ritengono di essersi guadagnati sul campo di battaglia ucraino il riconoscimento di potenza globale perso con la disgregazione dell'URSS. 

 

*Le delegazioni ed il programma*

Inizialmente il programma comunicato prevedeva un primo step nel quale i due leader si sarebbero parlati alla sola presenza degli interpreti, successivamente si sarebbe dovuto svolgere un incontro tra le due delegazioni comprese dei leader (dunque 6 persone per parte) e infine ci sarebbe stata una colazione di lavoro conclusiva del vertice. Nelle ore, evidentemente convulse, del prevertice gli statunitensi hanno comunicato uno spettacolare cambiamento nel framework del summit. Non ci sarebbe più stato il tête-à-tête  in solitaria tra i due leader ma ci sarebbe stato un vertice allargato a due ulteriori componenti della delegazione. Nel caso americano i prescelti sono stati Steven Witkoff e il Segretario di Stato Marco Rubio mentre, per parte russa i prescelti sono stati Sergei Lavrov, ministro degli Affari esteri russo, e Yuri Ushakov, assistente di Putin per la politica estera. Come si può capire il dato più importante lo si evince dalla presenza di Marco Rubio – falco neocon – in questo nuovo formato scelto all'ultimo secondo: i neocons ormai marcano strettissimo Donald Trump non lasciandogli molti margini di manovra. Considerazione questa, che a maggior ragione, si avvalora se si pensa alla spettacolare (e taciuta dal mainstream) esclusione, all'ultimo minuto, del vice Presidente J.D Vance dalla delegazione del vertice “artico”. Credo non ci possa essere dimostrazione più emblematica di come ormai la componente MAGA dell'amministrazione Trump sia sostanzialmente tagliata fuori dalle decisioni che contano e dai consessi a maggior rilevanza. I neocons sono i padroni del campo a Washington e marcano strettissimo il Tycoon newyorkese. 

 

*La questione ucraina*

Nell'ambito di questo vertice certamente è di estrema rilevanza il conflitto ucraino. Gli statunitensi (di concerto con gli europei) pretendevano un immediato cessate il fuoco che i russi non hanno concesso per l'ovvia ragione che i dati provenienti dal Donbass chiariscono che gli unici a guadagnarci sarebbero gli ucraini che potrebbero riprendere fiato in un momento di enorme difficoltà. Da notare che Trump ha mangiato la foglia e ha evitato di insistere, a ancor di più, si è guardato bene dal minacciare sanzioni secondarie o altre forme di rappresaglia qualora i russi non avessero accettato il cessate il fuoco. Segno questo evidente di come il coltello dalla parte del manico ce l'abbia Putin, cosa questa che non potrà non essere letta correttamente in tutte le cancellerie del mondo. Allo stato c'è un vincitore certo del conflitto ucraino e questo è Putin. 

Per quanto riguarda invece il vertice trilaterale tra Zelenskij, Putin e Trump con la finalità di arrivare alla pace in Ucraina, non si è decisa una data pertanto è chiaro che tacitamente si vuole lasciare al campo di battaglia il compito di chiarire i reali rapporti di forza tra le parti. Secondo l'autorevole Elena Panina, direttore dell'Istituto di Strategie Politiche ed Economiche internazionali di Mosca, questa sorta di appeasement di Trump che ha comunque ottenuto molto meno di quanto sperava in relazione all'Ucraina è da interpretare come la volontà degli USA di ritagliarsi un ruolo di “facilitatore” per arrivare alla pace, lasciando all'Ucraina stessa e all'Europa il ruolo di avversari di Mosca. 

Per essere onesti, qualora la previsione della Panina fosse corretta, il ruolo che Trump vorrebbe ritagliarsi levandosi da quello scomodo di sconfitto, non sarebbe neanche sbagliato. Gli USA infatti la loro guerra l'hanno vinta: hanno raggiunto l'obbiettivo strategico che si erano preposti, ovvero distruggere la competitività europea tagliando il cordone ombelicale con la Russia che forniva materie prime a basso costo e offriva inoltre uno sbocco importantissimo alle merci europee nel ricco mercato russo. 

 

*Obbiettivi economici*

Nulla di sostanziale le due parti hanno detto sulle altre materie oggetto del summit. Ma alcune considerazioni si possono fare. La forte presenza di uomini legati all'economia lascia presumere che i rapporti commerciali e lo sviluppo economico del sempre più strategicamente importante Artico siano stati al centro dell'attenzione. Possiamo affermare questo anche alla luce del fatto che Il presidente Putin, proprio ieri, ha firmato un decreto che permette agli azionisti stranieri, in primo luogo alla compagnia americana Exxon Mobil, di recuperare la quota nel progetto "Sakhalin-1", se intraprendono azioni per favorire la revoca delle sanzioni occidentali, stipulano contratti per la fornitura delle attrezzature importate necessarie e trasferiscono i fondi sui conti del progetto. Oltre a Exxon, i partner del progetto erano "Rosneft", l'indiana ONGC Videsh e la giapponese SODECO.  Che Mosca e Washington puntino ad una normalizzazione dei rapporti economici pare evidente, magari a scapito dei sempre più derelitti ed emarginati europei che ben difficilmente riavranno le condizioni di favore che avevano prima dello scoppio del conflitto ucraino.

 

*Obbiettivi militari*

Considerata anche la presenza del Segretario alla Difesa americano Pete Hegseth e del suo collega russo Andrej Belousov anche le questioni militari hanno certamente avuto un importante spazio nel vertice. In particolare, è facile  supporre, che si sia parlato del trattato New START, che limita le armi nucleari strategiche tra Stati Uniti e Russia e scade il 5 febbraio 2026. Entrambe le parti, e questo è noto, sono disposte a sedersi al tavolo delle trattative, solo che gli americani vorrebbero che anche i cinesi entrino nel trattato e chiedono ai russi di intercedere e convincere Pechino al grande passo. Stante la delicatezza del tema è ovvio che non si sia proferita parola su questo aspetto da entrambe le delegazioni, ma ormai essendo a meno di sei mesi dalla scadenza del trattato è impossibile che non se ne sia parlato. Altro tema di cui probabilmente si è discusso è la richiesta russa (avanzata con lettera ufficiale prima dello scoppio del conflitto ucraino) di ritiro delle truppe USA sulle posizioni precedenti alla caduta del Muro di Berlino. Anche su questo argomento, cruciale per il futuro dell'Europa, le due delegazioni hanno taciuto ma ciò non significa che non se ne parli. Del resto i russi insistono sulla necessità di eliminazione le ragioni di fondo che hanno portato alla guerra in Europa e la principale è certamente l'avanzata continua della NATO in questi ultimi trenta anni. 

*Conclusioni*


Se risultati concreti non ci sono stati e anzi lo stravolgimento dell'ultimo minuto del formato e della composizione delle delegazioni partecipanti al summit chiarisce quanto sia stata enorme la preoccupazione delle due parti, si può comunque dire che la stessa portata simbolica del vertice eleva la federazione Russa al ruolo che storicamente le compete; quello di grande potenza globale. Altra considerazione che si può trarre dall'accettazione americana della mancata concessione del cessate il fuoco è che l'Ucraina e l'Europa sono attori di secondo piano che al prezzo giusto possono essere in tutto o in parte sacrificabili.

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Lenticchie e acqua fresca per le retrovie di Gaza di Michelangelo Severgnini Lenticchie e acqua fresca per le retrovie di Gaza

Lenticchie e acqua fresca per le retrovie di Gaza

Il Saccheggio Coloniale della Cultura Nativa Americana di Raffaella Milandri Il Saccheggio Coloniale della Cultura Nativa Americana

Il Saccheggio Coloniale della Cultura Nativa Americana

L' anticlericalismo "woke" di chi si accorge oggi di Gaza di Francesco Erspamer  L' anticlericalismo "woke" di chi si accorge oggi di Gaza

L' anticlericalismo "woke" di chi si accorge oggi di Gaza

Ponte sullo stretto e questione meridionale di Paolo Desogus Ponte sullo stretto e questione meridionale

Ponte sullo stretto e questione meridionale

Xi incontra i leader dell'UE a Pechino di Gao Jian Xi incontra i leader dell'UE a Pechino

Xi incontra i leader dell'UE a Pechino

Resistenza e Sobrietà di Alessandro Mariani Resistenza e Sobrietà

Resistenza e Sobrietà

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente di Gilberto Trombetta Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Una necessità  irrinunciabile: nuovi partiti  socialisti di Michele Blanco Una necessità  irrinunciabile: nuovi partiti  socialisti

Una necessità irrinunciabile: nuovi partiti socialisti

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino di Paolo Pioppi Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti