La politica dei dazi di Trump

612
La politica dei dazi di Trump

 

di Loretta Napoleoni

 

L’amministrazione americana, ed in particolare Donald Trump, stanno portando avanti con grande successo una politica industriale sui generis: fanno pagare agli europei la re-industrializzazione degli Stati Uniti. La strategia è semplice e ruota intorno alla minaccia di imporre pensati tariffe e dazi doganali ai prodotti Made in Europe a meno che, a meno che chi li produca investa pesantemente in America. È quanto è successo, ad esempio, con l’abbassamento delle tariffe su una grossa rosa di prodotti dal 25 al 15 per cento, decurtazione applicabile solo a chi continua ad acquistare energia dagli USA ed a chi è disposto ad aprire fabbriche negli Stati Uniti; discorso analogo vale per l’industria farmaceutica europea costretta a produrre in America se vuole evitare tariffe del 100 per cento sui prodotti europei.

Se qualcuno a gennaio ci avesse detto che questo era l’obiettivo della politica tariffaria apparentemente scimbolica di Donald Trump nessuno ci avrebbe creduto. In parte perché questo tipo di ricatti commerciali funziona solo quando tra due paesi esiste una dipendenza strutturale ed in parte perché il mondo ancora oggi tende a considerare Trump un uomo poco intelligente, un palazzinaro dalla dubbia reputazione. Ebbene entrambe queste vedute sono errate. Trump è sicuramente un immobiliarista che ha avuto una vita e un passato a dir poco ‘movimentato’, ma non è assolutamente vero che non è un astuto politico e quindi non va sottovalutato.

Ancora più importante, al fine del successo della politica tariffaria, è la dipendenza strutturale tra l’Europa e gli Stati Uniti, più importante perché ci si concentra sempre e solo sulla foto della bilancia dei pagamenti dei due blocchi. Il vecchio continente gode di un surplus commerciale considerevole nei confronti degli USA mentre gli Stati Uniti godono di un surplus di servizi, prevalentemente legato al settore tecnologico. Che questo sia un dato di fatto è innegabile. Ma esiste un altro tipo di dipendenza che si riferisce alla sicurezza del blocco europeo, in particolare al ruolo che la Nato ha svolto dalla fine della seconda mondiale ad oggi, che condiziona le decisioni europee e che rappresenta per gli Stati Uniti una leva preziosa.

L’uso delle tariffe quale arma commerciale ed industriale da parte di Trump funziona grazie a questo secondo tipo di dipendenza. Il conflitto in Ucraina ha, in un certo senso, legato le mani a Bruxelles. L’Europa non può ignorare le condizioni poste dall’amministrazione Trump perché dipende militarmente dall’ombrello della Nato e dalle provvigioni militari degli Stati Uniti. Se non ci trovassimo in una situazione del genere, il margine di manovra europeo sarebbe molto maggiore. Dietro l’accettazione delle condizioni ‘commerciali’ e di ‘investimento’ c’è il bisogno di continuare a considerare gli Stati Uniti come baluardo prioritario della difesa del continente.

Il conflitto ha anche chiuso una serie di mercati all’Europa, spingendola pericolosamente verso il mercato americano, impedendole di penetrare altri mercati, ad esempio i BRICS, che crescono a ritmi elevati. Per l’amministrazione Trump questa guerra, a detta del presidente creata dall’amministrazione Biden che lo ha preceduto, è diventata un’occasione da non perdere.

Chiusa in questa tenaglia l’Europa non solo ha abbandonato i principi su cui i padri fondatori hanno costruito l’avventura dell’unione europea, i.e. il pacifismo e la demilitarizzazione del continente, ma sta rifoggiando i rapporti di forza al suo interno. Aumentato è il peso delle nazioni più vicine geograficamente all’area del conflitto, si pensi alle repubbliche Baltiche, alla Polonia, alla Svezia ed alla Finlandia, economie meno grandi rispetto a quelle tradizionali dell’Europa dell’ovest, quali Francia, Italia, Spagna e in parte anche la Germania. L’epicentro della risposta europea al conflitto ucraino si è dunque spostato verso nord est e Bruxelles tende ad incamerare una visione ‘baltica’ di quanto sta avvenendo invece di perseguire una visione continentale.

Risultato: il successo della politica dei dazi e delle tariffe americane ed il flusso di investimenti europei nell’economia reale statunitense, un fiume di denaro con il quale Trump spera di rilanciare il settore industriale nazionale, fiaccato da trent’anni di globalizzazione e delocalizzazione. Una manovra abilissima che, se riesce, come ormai sembra possibile, farà sì che a pagare gran parte dello sforzo di modernizzazione del settore industriale americano siano i soldi del contribuente europeo.

Loretta  Napoleoni

Loretta Napoleoni

 

*Economista di fama internazionale. Ha insegnato alla Judge Business Schools di Cambridge e nel 2009 è stata invitata come relatrice alla Ted Conference sui temi del terrorismo. Nel 2005 ha presieduto il gruppo di esperti sul finanziamento del terrorismo per la conferenza internazionale su terrorismo e democrazia organizzata dal Club de Madrid. Autrice di diversi libri di successo tra cui Terrorismo SPAEconomia Canaglia e Maonomics, tradotto in 18 lingue, incluso l’arabo ed il cinese; ISIS, lo stato del terrore, uscito in 20 nazioni. L’ultimo si intitola Technocapitalism

 

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Le più recenti da Deglobalizzazione

La politica dei dazi di Trump di Loretta Napoleoni La politica dei dazi di Trump

La politica dei dazi di Trump

Gaza, Russia e il cortocircuito della stampa mainstream di Francesco Santoianni Gaza, Russia e il cortocircuito della stampa mainstream

Gaza, Russia e il cortocircuito della stampa mainstream

A cosa servono le manifestazioni? di Francesco Erspamer  A cosa servono le manifestazioni?

A cosa servono le manifestazioni?

Il nuovo paradigma politico che istituzionalizza la morte di Paolo Desogus Il nuovo paradigma politico che istituzionalizza la morte

Il nuovo paradigma politico che istituzionalizza la morte

La rivoluzione bolivariana e la Freedom Flottiglia di Geraldina Colotti La rivoluzione bolivariana e la Freedom Flottiglia

La rivoluzione bolivariana e la Freedom Flottiglia

Xi incontra i leader dell'UE a Pechino di Gao Jian Xi incontra i leader dell'UE a Pechino

Xi incontra i leader dell'UE a Pechino

Situazione grave (ma non seria) a quota 8000 di Alessandro Mariani Situazione grave (ma non seria) a quota 8000

Situazione grave (ma non seria) a quota 8000

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

Metsola e il turismo (senza sosta) dell'UE a Kiev di Marinella Mondaini Metsola e il turismo (senza sosta) dell'UE a Kiev

Metsola e il turismo (senza sosta) dell'UE a Kiev

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente di Gilberto Trombetta Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

C’era una volta una parvenza di Diritto internazionale di Michele Blanco C’era una volta una parvenza di Diritto internazionale

C’era una volta una parvenza di Diritto internazionale

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino di Paolo Pioppi Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti