Myanmar scontri e violenze tra musulmani e buddisti. Proclamato lo stato di emergenza
Dopo anni di isolamento Myanmar si sta aprendo al mondo. Aung Sang Suu Kyi, leader storica dell'opposizione, per anni prigioniera in casa proprio è entrata da qualche mese in parlamento con grande plauso della comunità internazionale che si era interessata a lei e mobilitata per la sua causa.
Tuttavia sono molti gli anni che Rangoon deve recuperare e le sfide da affrontare. Ora è il turno delle tensioni etniche. Da sempre la regione di Rakhine è dilaniata dai conflitti tra la negletta comunità islamica dei Rohingya e la maggioranza dei cittadini birmani di fede buddista ( circa il 90% in tutto il paese). Questa volta a far scoccare la scintilla dell'odio etnico-religioso sarebbe stata lo strupo e l'uccisione di una donna buddista.
E così sarebbe iniziato il circolo vizioso della vendetta che per ora ha portato più di una decina di morti e 500 feriti, Il Presidente Thein Sein ha proclamato lo stato di emergenza per la regione interessata dagli scontri ma non sembra comunque che una soluzione possa essere trovata a breve per dirimere la controversia. La comunità Rohingya vive in condizioni di grande povertà, senza diritti dal momento che Rangoon non riconosce la loro cittadinanza e impossibilitata a muoversi confinata tra il Bangladesh e la regione di Rakhine. Anche Aung Sang Suu Kyi ha chiesto che venga riportato l'ordine da parte della polizia.