Reuters rilancia: USA inviano uno squadrone anfibio nei Caraibi meridionali (aggiornamento)

Psicologia di un assedio: come riconoscere le operazioni belliche ibride a marchio USA

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Reuters rilancia: USA inviano uno squadrone anfibio nei Caraibi meridionali (aggiornamento)


di Fabrizio Verde

In un'operazione degna dei migliori thriller politici e dal sapore decisamente hollywoodiano, l'agenzia di stampa statunitense Reuters ha diffuso la notizia che tre cacciatorpediniere USA - gli USS Gravely, Jason Dunham e Sampson - sarebbero stati diretti verso le acque venezuelane nelle successive 36 ore per operazioni contro i cartelli della droga. La notizia, ripresa da vari media internazionali, ha immediatamente innalzato la tensione in una regione già segnata dai continui attacchi provenienti dal tracotante vicino del Nord.

Tuttavia, un'attenta verifica condotta dal blog venezuelano La Tabla ha completamente smontato la ricostruzione di Reuters, rivelando come essa sia priva di qualsiasi fondamento fattuale. Incrociando dati ufficiali della US Navy, rapporti di dispiegamento e tracciamenti satellitari, La Tabla ha dimostrato che:

- L'USS Sampson si trova attualmente nell'Oceano Pacifico orientale, a oltre 3.500 chilometri dal Venezuela, dove appena l'11-12 agosto ha condotto operazioni antidroga culminate con il sequestro di 1.500 kg di cocaina.

- L'USS Jason Dunham risulta inattivo presso la base navale di Mayport in Florida, dove è rientrato lo scorso giugno dopo un dispiegamento nel Mar Rosso contro gli Houthi.

- Solo l'USS Gravely opera effettivamente nella regione, ma nel Golfo del Messico e in missione di supporto alla Guardia Costera americana in operazioni antidroga di routine.

La Tabla ha sottolineato come Reuters abbia basato il proprio scoop su "due fonti informate" rimaste anonime, ignorando completamente i dati pubblici disponibili che smentiscono categoricamente la notizia. Inoltre, ha evidenziato come tutte e tre le navi citate appartengano al Comando Nord statunitense (NORTHCOM), mentre il Venezuela ricadrebbe sotto la giurisdizione del Comando Sud (SOUTHCOM).

Questa fake news si inserisce in un contesto già pesantemente aggravato dalle recenti dichiarazioni della procuratrice generale statunitense Pamela Bondi, stretta alleata di Trump, che ha offerto una taglia per l'arresto del presidente Maduro accusandolo - senza fornire prove - di essere a capo di un fantomatico "Cártel de los Soles" e di collaborare con il gruppo criminale Tren de Aragua. Due accuse totalmente prive di fondamento e che ciclicamente riafforano al solo scopo di screditare Nicolas Maduro e la Rivoluzione Bolivariana dipingendo il Venezuela come un narcostato al servizio dei cartelli della droga. 

Peccato che tale narrazione distorta crolli di fronte alle evidenze. Dati forniti dall’ONU dimostrano che il Venezuela non è produttore né rotta principale della droga. Solo il 5% delle sostanze stupefacenti prodotte in America Latina transita in territorio venezuelano. Dunque gli Stati Uniti dovrebbero cambiare obiettivo se il loro vero scopo è quello della lotta al narcotraffico come sbandierato ai quattro venti.

La macchina della psyop

Questa operazione si inserisce nel contesto degli scandali che travolgono Trump: dalle condanne penali ai legami con Epstein. La procuratrice Pamela Bondi ha rilanciato la taglia da 50 milioni su Maduro proprio mentre nuovi documenti Epstein minacciavano di travolgere l'amministrazione.

Marco Rubio, dal canto suo, persegue un'agenda personale: preparare la corsa presidenziale del 2028 cavalcando l'onda anticastrista della Florida. Per questo alimenta la narrata del "narcostato" venezuelano, nonostante i rapporti ONU confermino che solo il 5% del narcotraffico regionale transiti dal Venezuela, come abbiamo visto in precedenza

La risposta di Caracas: miliziani e Quadranti di Pace

Maduro ha reagito con il dispiegamento di 4,5 milioni di miliziani e il potenziamento dei 5.336 Quadranti di Pace - un sistema innovativo di difesa territoriale che integra sicurezza e sviluppo sociale. "Fucili e missili per la forza contadina e operaia", ha annunciato, trasformando la minaccia in un'opportunità di mobilitazione popolare.

Il ministro degli Esteri Yván Gil ha bollato le accuse come "l'ultimo capitolo di uno show degno di una serie TV di scarsa qualità". Il presidente dell'Assemblea Nazionale Jorge Rodríguez ha denunciato il tentativo di "incoraggiare gruppi estremisti a riprendere la violenza". Notevole il fatto che anche esponenti dell'opposizione moderata, come il deputato Jesús Brito, hanno sconfessato la narrativa del "Cártel de los Soles" definendola "una invenzione per creare un pretesto d'intervento". Mentre il dirigente di opposizione al governo bolivariano, Enrique Ochoa Antich, intervistato nel programma Aquí y Ahora ha definito lacchè i leader dell'opposizione che sostengono le misure adottate dal governo degli Stati Uniti contro il Venezuela e il suo popolo. "Lo trovo ripugnante, doloroso e vergognoso", ha sottolineato.

Ochoa Antich ha commentato che la presunta mobilitazione militare del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nelle acque caraibiche ha il solo scopo di esercitare pressione e negoziare.
"Ho l'impressione che questa mobilitazione militare nei Caraibi da parte di Trump abbia fondamentalmente lo scopo di spingere il governo a negoziare".

La strategia appare chiara: creare un clima di tensione costante attraverso notizie false e accuse infondate, mantenendo il Venezuela sotto pressione psicologica continua. Tuttavia, Caracas ha dimostrato in questi anni di possedere gli anticorpi necessari per resistere a questa guerra ibrida.

Dai tentativi di colpo di Stato alle sanzioni economiche, dagli attacchi informatici alle operazioni con i mercenari, il Venezuela bolivariano ha mostrato una capacità di resistenza che pochi osservatori internazionali gli riconoscono. La pronta smentita della notizia delle navi da guerra attraverso dati verificabili conferma come Caracas abbia imparato a combattere sul terreno della disinformazione con strumenti efficaci e precisione analitica.

In un momento in cui Trump cerca di distogliere l'attenzione dai propri scandali interni - dalle condanne penali ai legami con Epstein - il Venezuela rappresenta il bersaglio perfetto per una strategia di distrazione di massa. Ma come dimostrano gli ultimi eventi, Caracas non è disposta a recitare il ruolo della vittima designata. La Rivoluzione Bolivariana ha irrimediabilmente scelto dignità, indipendenza e sovranità come percorso obbligato per continuare a percorrere la strada tracciata dal Comandante Hugo Chavez.

AGGIORNAMENTO (21/08/2025)


Secondo nuove informazioni diffuse ancora dall'agenzia Reuters, gli Stati Uniti avrebbero ordinato l'invio di uno squadrone anfibio nel Mar dei Caraibi meridionale. Le navi designate sono l'USS San Antonio, l'USS Iwo Jima e l'USS Fort Lauderdale, che potrebbero giungere al largo del Venezuela entro questa domenica. A bordo, secondo quanto riferito, ci sarebbero 4.500 effettivi, di cui 2.200 fanti di marina. Le fonti, pur evitando di precisare la missione, hanno indicato che il dispiegamento è orientato a fronteggiare minacce di organizzazioni definite "narcoterroriste".

Questo nuovo annuncio rappresenta un'evidente intensificazione della postura aggressiva di Washington, che segue di poco la notizia del posizionamento di tre cacciatorpediniere poi smentite dall'inchiesta del portale La Tabla.

La risposta di Caracas: mobilitazione popolare e difesa della sovranità

Il presidente Nicolás Maduro ha reagito immediatamente annunciando l'attivazione di un "piano speciale" per mobilitare 4,5 milioni di miliziani in "tutto il territorio nazionale". "Milizie preparate, attivate e armate", ha enfatizzato, trasformando ancora una volta la minaccia in un'opportunità di unità e difesa popolare.

"Nostri mari, nostri cieli e nostre terre li difendiamo noi, li liberiamo noi, li vigiliamo e li pattugliamo noi. Nessun impero verrà a toccare il suolo sacro del Venezuela né dovrebbe toccare il suolo sacro del Sudamerica".

Condanna unanime nella regione e oltre

Le azioni degli Stati Uniti hanno generato un'ondata di condanne da parte dei leader latinoamericani, segnando una significativa unità regionale contro l'interventismo.

Messico: la presidente Claudia Sheinbaum ha criticato le operazioni statunitensi definendole un atto di ingerenza. "No all'interventismo. Questo non è solo convinzione ma è nella Costituzione", ha affermato.

Colombia: il presidente Gustavo Petro ha lanciato un severo avvertimento sulle conseguenze catastrofiche di un'intervento. "Gli [statunitensi] sono in grandissimo errore se pensano che invadendo il Venezuela risolvono il loro problema. Trasformerebbero il Venezuela in una nuova Siria, con l'aggravante di trascinare la Colombia nello stesso destino". In un intervento sui social, Petro ha inoltre smontato la narrativa del "Cártel de los Soles", definendola "una menzogna come le armi di distruzione di massa in Iraq" e accusando invece la "Junta del Narcotráfico" e le stesse intelligence occidentali di gestire il traffico di cocaina.

Cuba: il presidente Miguel Díaz-Canel ha condannato l'uso della lotta al narcotraffico come pretesto, definendo gli USA "lo Stato più narco del mondo". "Cuba denuncia fermamente questa nuova dimostrazione di forza imperialista", ha dichiarato.

Cina: la portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha riaffermato la sua opposizione a ogni ingerenza esterna e all'uso della forza. "Ci opponiamo a che forze esterne interferiscano negli affari interni del Venezuela con qualsiasi pretesto", ha sottolineato.

Iran: anche la Repubblica Islamica dell'Iran ha condannato le minacce di Washington, avvertendo delle gravi conseguenze per la stabilità regionale e denunciando una violazione della Carta delle Nazioni Unite.

La strategia resta invariata

Questo nuovo capitolo conferma la strategia già analizzata: creare un clima di tensione costante attraverso notizie basate su fonti anonime non verificabili, mantenere il Venezuela sotto pressione psicologica e cercare di legittimare una possibile azione militare dipingendo il paese come uno "Stato canaglia".

 

Fabrizio Verde

Fabrizio Verde

Direttore de l'AntiDiplomatico. Napoletano classe '80

Giornalista di stretta osservanza maradoniana

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