Con la scusa della “guerra ibrida” vogliono imbavagliare politica e informazione
di Federico Rucco - Contropiano
Nella riunione del Consiglio Supremo di Difesa di lunedi, il ministro della Difesa Crosetto ha presentato un rapporto su “Il contrasto alla guerra ibrida” curato dallo stesso Ministero e dagli apparati di intelligence. Si tratta di un documento che merita la dovuta attenzione e deve suscitare altrettanto allarme.
Alla presenza del presidente Mattarella, della premier Meloni, del Capo di Stato Maggiore, di vari ministri e del sottosegretario Mantovano con delega sui servizi segreti, la riunione ha preso in esame scenari e contromisure di guerra che avranno serie e gravi ripercussioni sulla vita politica e democratica del paese.
Il Rapporto è un documento di 119 pagine che contengono valutazioni e analisi strategiche sulle guerre ibride – ossia non convenzionali – dalle quali l’Italia si sente minacciata da parte di potenze straniere, in particolare Russia, Cina e Iran ma con particolare attenzione sulla prima.
Il carattere non convenzionale di una guerra ibrida, ne rende indefiniti i confini e i fattori, consentendo di leggere come atti di “guerra ibrida” il sabotaggio di una infrastruttura come un attacco hacker, ma anche un articolo di giornale o una campagna elettorale non allineata. Se qualcuno pensa che si stia esagerando, purtroppo si tratta di affermazioni testuali contenute nel rapporto presentato dal ministro Crosetto.
“Nel dominio ibrido, l’impatto cognitivo prevale su quello fisico: lo scopo non è soltanto infliggere un danno, ma seminare incertezza, sfiducia e paura – si legge nel rapporto del Ministero della Difesa – “Anche senza evidenze incontrovertibili, la sensazione collettiva di vulnerabilità può generare conseguenze strategiche tanto gravi quanto — o persino più — di un attacco apertamente dichiarato”.
L'”incertezza”, però, dal punto di vista del governo, offre il grandissimo vantaggio di poter utilizzare qualsiasi “segno strano” come una “manifestazione dell’attacco nemico”. Basti pensare, per esempio, alla pletora di “droni” avvistati, non abbattuti, forse anche inesistenti, ma classificati come “attacco ibrido russo“. Una volta sollevato il manto di nebbia dell’incertezza, le ombre che si muovo diventano fantasmi, spericoli, “complotto”….
Indicativo anche un passaggio della prefazione del ministro Crosetto al rapporto, secondo cui:
“Nell’ambito ibrido conta più la percezione che la certezza: l’obiettivo non è solo colpire, ma instillare dubbio e insicurezza. La percezione pubblica di vulnerabilità, anche in assenza di prove definitive, produce effetti strategici pari – o superiori – a quelli di un attacco dichiarato”.
Nel documento è scritto che la guerra ibrida è oggi una delle principali sfide per le democrazie occidentali. “L’obiettivo è erodere la resilienza democratica, minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, dividere le società, influenzare le opinioni pubbliche con false informazioni”.
Ovviamente il maggiore soggetto nemico viene considerata la Russia. “Nel 2024 a Mosca sono state attribuite numerose attività ibride ai danni dei Paesi sostenitori dell’Ucraina” – è scritto nel rapporto – “Tali azioni avrebbero mirato a minare la coesione del fronte occidentale, incidendo sulle catene di approvvigionamento e sulle fonti energetiche, e si sarebbero concretizzate in sabotaggi e cyberattacchi di intensità crescente in Europa, oltre a campagne di disinformazione e alla strumentalizzazione dei flussi migratori a fini destabilizzanti”.
Non parlate male della Nato o dell’Unione Europea
Nel rapporto è scritto testualmente che “Gli attori della minaccia ibrida sfruttano vulnerabilità politiche, economiche e sociali con tattiche volte a destabilizzare i processi democratici degli Stati bersaglio. Tali tattiche includono:
a) interferenze nei processi elettorali e democratici (ad esempio, azioni mirate a influenzare o sabotare consultazioni elettorali)
b) delegittimazione dei sistemi e dei processi democratici;
c) indebolimento della coesione sociale nazionale e della fiducia nei confronti del governo;
d) destabilizzazione dell’ecosistema informativo interno;
e) diffusione di sfiducia nelle alleanze e organizzazioni sovranazionali (come UE, NATO, G7)
Se l’obiettivo è “evitare la destabilizzazione” allora ogni critica o contestazione delle politiche governative (italiane, europee, Nato) diventa un potenziale “attacco ibrido”, “disinformazione”, ecc.
I “nemici” sono vicino a te
Uno striscione in via di proibizione?
Le caratteristiche difficilmente catalogabili dei soggetti della guerra ibrida delle potenze straniere contro l’Italia, costringono il rapporto ad una indefinitezza che però lascia enormi margini di discrezionalità.
“Per la natura stessa del dominio cyber, gli effetti non sono sempre riconducibili ad azioni palesi. Inoltre, gli attori malevoli sono raramente identificabili, comunque non con certezza, e quindi non perseguibili in accordo a norme statuali e costituzionali interne, o del Diritto Internazionale.
Per questa ragione tutti vanno arruolati nella contro-guerra ibrida perché, secondo il ministero della Difesa, è “il nemico” può essere vicino a te, magari il tuo compagno di banco all’università o a scuola o il collega di redazione. A tale scopo, scrive il rapporto: “Serve un patto sociale: tutti coinvolti, dalla scuola ai social media: è prima di tutto una battaglia culturale che va combattuta da tutta la società”.
L’ossessione sull’uso dei social network
Tra le maggiori preoccupazioni del ministero della Difesa e degli apparati di intelligence – fino a diventare un’ossessione – è quello di coinvolgere questo “patto sociale” ai fini della contro-guerra ibrida nel controllo e nel depotenziamento dei social network come strumento di comunicazione alternativa a quella del mainstream.
Secondo il rapporto, “la disinformazione, i cyber-attacchi e le deepfake vanno affrontati insieme”, secondo le linee guida che vengono indicate.
In particolare, queste linee guida invitano le piattaforme a:
a) agevolare l’accesso degli utenti alle informazioni ufficiali sui processi elettorali;
b) realizzare iniziative e campagne di alfabetizzazione mediatica incentrate sulle elezioni;
c) adottare misure per fornire agli utenti informazioni sui contenuti e sugli account con cui interagiscono;
d) aggiornare e perfezionare i sistemi di raccomandazione dei contenuti online;
e) prevenire l’ambiguità e l’uso improprio dei messaggi di pubblicità politica;
f) demonetizzare i contenuti disinformativi, tramite misure mirate che evitino che la collocazione di pubblicità fornisca incentivi finanziari alla diffusione della disinformazione, nonché contrastare i contenuti di incitamento all’odio, di estremismo violento o radicalizzanti che possano influenzare le scelte elettorali degli utenti.
La clava della “disinformazione” per blindare media e partiti ufficiali e liquidare i “candidati estremisti”
Nel rapporto del ministero della Difesa e degli apparati di intelligence si entra poi a gamba tesa anche sul piano politico. Partendo dal presupposto che chi è fuori dai giochi politici istituzionali, se non è una minaccia, può diventarlo, il pretesto della disinformazione viene usato come una clava per impedire l’insorgere di opzioni politiche – anche elettorali – dissonanti da quelle bipartisan sempre più simili tra loro.
La disinformazione a quanto pare deve rimanere una prerogativa solo dei giornali o telegiornali mainstream e ovviamente di alcuni governi (vogliamo parlare di Usa e Israele?). Non solo. Anche l’astensionismo elettorale, qualora non sia fisiologico ma in qualche modo veicolato come opzione politica, diventa una minaccia sulla quale intervenire.
Su questo lasciamo parlare testualmente il rapporto:
“La diffusione di notizie false o manipolate costituisce una minaccia rilevante per l’integrità dei processi elettorali.
La manipolazione informativa può generare sfiducia nei media tradizionali, nelle istituzioni e nelle autorità, erodendo questi tre pilastri delle società democratiche e potenzialmente alimentando l’apatia dei cittadini verso i processi elettorali (fino a scoraggiare l’affluenza alle urne).
La formula è semplice: diffondere bugie per far perdere fiducia nella democrazia e scoraggiare il voto.
Inoltre, la propagazione di narrazioni estreme o anti-sistema può aumentare la visibilità di personaggi di nicchia le cui posizioni risultano in parte o del tutto allineate con quelle veicolate da attori ostili, fungendo da moltiplicatore di consenso per tali narrazioni.
In pratica sembra che vogliano due cose: che la gente non voti e che emergano candidati estremisti utili ai loro interessi”.
Infine, ma non certo per importanza, in nome del contrasto alle guerre ibride si vorrebbe mettere il bavaglio anche alle critiche, alle posizioni e ai movimenti che chiedono un cambiamento sociale. Una esagerazione? Niente affatto.
Nel Rapporto del ministero della Difesa è scritto testualmente che:
“Le recenti campagne di disinformazione hanno evidenziato come gli attori ostili elaborino e diffondano contenuti in concomitanza di importanti appuntamenti elettorali (come le elezioni del Parlamento UE o le Presidenziali USA), interferendo con il loro normale svolgimento.
In tali casi, le campagne mirano a:
a) influenzare l’opinione pubblica;
b) screditare partiti politici e candidati;
c) minare la fiducia in enti e istituzioni;
d) accentuare le divergenze socio-politiche preesistenti.
Quindi una forza politica, un giornale, un commentatore o altro soggetto, qualora cerchi legittimamente di “influenzare l’opinione pubblica con le proprie posizioni“, critichi gli altri partiti o candidati, semini sfiducia in enti e istituzioni o istighi al conflitto sociale per mettere fino alle disuguaglianze esistenti, potrebbe essere considerato un agente della guerra ibrida di una potenza straniera.
Addio “pluralismo” delle opinioni, competizione delle idee, dibattito politico. Una sola fonte di “informazione corretta”, tanti sorveglianti sulle opinioni “non riconosciute”… Il potere occidentale si blinda.
Sembra quasi impossibile, un mix tra fantapolitica e scenario distopico, ma questo è quanto sta accadendo sotto i nostri occhi, con l’autorevole avallo del Quirinale e il silenzio o qualche balbettio dell’opposizione. Del resto tre anni di clima di guerra cominciano a produrre ferite profonde nella vita politica e democratica del paese. La massa oceanica che ha riempito le piazze solo un mese fa ha evidentemente spaventato le cariatidi guerrafondaie, che ora temono possa non solo proseguire ma anche crescere.
Rischiando di essere indicati come agenti della guerra ibrida ci sentiamo di affermare che la democrazia in Italia appare più minacciata da se stessa che da Mosca. Ma con i parametri indicati nel rapporto presentato da Crosetto…. guai a dirlo!!

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