Geopolítica del Mar Rosso: perché Israele riconosce il Somaliland?
Una mossa calcolata per rompere l'isolamento e guadagnare un avamposto cruciale nello scacchiere del Mar Rosso e del Golfo di Aden
Nel giro di poche ore, la mossa diplomatica di Israele ha scatenato un terremoto geopolitico. Dopo che Tel Aviv ha riconosciuto ufficialmente la repubblica autoproclamata di Somaliland come Stato indipendente e sovrano, diventandone il primo alleato internazionale, l'attenzione si è immediatamente spostata sulla reazione degli Stati Uniti. Tuttavia, il presidente Donald Trump ha bruscamente spento ogni speculazione, prendendo le distanze dall'iniziativa israeliana con un secco rifiuto. "Chi sa veramente cos'è Somaliland?", ha dichiarato telefonicamente al New York Post da un campo da golf in Florida, aggiungendo, quando interrogato su un eventuale riconoscimento USA: "Semplicemente di no".
La freddezza di Trump contrasta con le intenzioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che aveva annunciato di voler discutere con il presidente statunitense, in un incontro previsto per lunedì, della possibile adesione di Somaliland agli Accordi di Abramo. Questi accordi, siglati nel 2020 su impulso della stessa amministrazione Trump, avevano normalizzato le relazioni tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. Netanyahu ha giustificato il riconoscimento di Somaliland proprio come un'espansione di quello "spirito". Tuttavia, Trump ha chiarito di non volersi lasciare influenzare, auspicando piuttosto che il colloquio con Netanyahu si concentri sulla situazione nella Striscia di Gaza.
La decisione israeliana, presa in un momento di crescente isolamento internazionale per le sue operazioni militari (leggi genocidio) a Gaza, è ampiamente interpretata come una mossa strategica per aprirsi un varco nel Corno d'Africa. Analisti israeliani sottolineano la necessità di acquisire alleati nella regione del Mar Rosso, cruciale per le rotte commerciali e per possibili scenari di confronto con gli Houthi dello Yemen. La posizione strategica di Somaliland, affacciata sul Golfo di Aden, ne fa un partner potenziale di valore.
Questa logica, però, si scontra con un muro di condanne internazionali. La manovra è stata definita un "fatto compiuto" che mina il diritto internazionale e la stabilità regionale. Oltre cinquanta paesi, insieme all'Unione Africana e a governi chiave come Turchia, Egitto e Gibuti, hanno respinto con forza il riconoscimento. L'Unione Africana ha espresso "profonda preoccupazione", ribadendo il sostegno all'integrità territoriale della Somalia e avvertendo che si crea un "precedente pericoloso" per tutto il continente.
La Turchia ha bollato la decisione come un "nuovo esempio di azioni illegali" che generano instabilità, paragonando la negazione del diritto alla statualità per la Palestina alla creazione artificiale di nuovi Stati in Africa. Il governo somalo, dal canto suo, ha denunciato un "attacco deliberato" alla sua sovranità, ricordando che il Somaliland è una parte inalienabile del suo territorio.
Mentre Trump chiude la porta a un impegno USA, la comunità internazionale si stringe attorno alla Somalia, lasciando Israele solo, per ora, nel suo riconoscimento. La partita sul Somaliland si rivela così non solo una questione di autodeterminazione, ma uno specchio delle tensioni geopolitiche globali, dove le alleanze si frammentano e il diritto internazionale viene sfidato da calcoli di pura realpolitik.

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