Il referendum e i suoi detrattori con la coda di paglia

un convitato di pietra a difesa dello statu quo. Come respingere la narrazione dei dominanti e dei loro servi sciocchi

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Il referendum e i suoi detrattori con la coda di paglia

 

di Federico Giusti

 Girando per i canali televisivi abbiamo ascoltato narrazioni, a dir poco bizzarre, sul Referendum, ne riportiamo solo alcune per comprendere il clima surreale degli ultimi giorni

  • La Cgil sapeva che non avrebbe raggiunto il quorum e con essa anche il centro sinistra ma sono andati avanti per rivendicare che i votanti alla fine saranno più numerosi di quelli che hanno mandato al governo il centro destra
  • I sostenitori del referendum sono interessati alla loro visibilità e non ai contenuti ed esprimono un no pregiudiziale, immotivato e ideologico
  • Il Referendum è solo il retaggio di una visione arcaica del mondo del lavoro, come detto dalla segretaria Cisl si guarda al lavoro con lo specchietto retrovisore
  • Il mondo del lavoro deve affrontare i problemi reali che lo affliggono
  • I giovani non vogliono il posto fisso

Proviamo a confutare punto su punto queste tesi, definirle tali ci sembra già una concessione eccessiva riconoscendo ad un ipotetico interlocutore degli argomenti che invece non ha. 

  • La storia referendaria in questo paese è ricca di spunti, con i Referendum sono stati strappati diritti civili come aborto e divorzio, abbiamo rallentato, non certo arrestato, la privatizzazione di un bene comune come l'acqua pubblica. I referendum hanno permesso di raggiungere conquiste importanti che hanno migliorato la nostra vita. Se alle urne si reca ormai poco più della metà degli aventi diritto (ma in tal caso non ci si pone alcuna domanda sulla crisi dei corpi intermedi e delle istituzioni o dei partiti politici) non si capisce la ragione per la quale i referendum dovrebbero registrare una percentuale di votanti infinitamente superiore alle politiche, alle europee o alle regionali. È poi indubbio che argomentazioni illogiche siano funzionali a gettare discredito sui quesiti referendari costruendo una campagna che mira proprio al boicottaggio delle urne.
  • I no aiutano a crescere, troppi si sono stati invece espressi dai sindacati in questi anni, se avessero costruito un argine all'innalzamento dell'età pensionabile o alla precarietà oggi non ci troveremmo nella condizione di meta subalternità rispetto alle istanze datoriali. Urge rimettere al centro del dibattito non solo il lavoro ma soprattutto il punto di vista dei salariati, dei precari, dei disoccupati, dei giovani in cerca di occupazione, degli sfruttati, facciamolo prendendo le loro parti in maniera palese od occulta, siano i loro interessi materiali a prevalere anche nelle narrazioni a mezzo stampa.
  • La visione arcaica del mondo del lavoro imputata ai sostenitori del Si è l'ultimo atto della mistificazione della realtà. Siamo il paese in cui tra sgravi fiscali, aiuti di vario genere, generosi ammortizzatori sociali e altro ancora, i datori di lavoro ricevono sostegni assai maggiori di quelli presenti in altri paesi europei, in cui il capitalismo economico e finanziario negli ultimi decenni ha accumulato immense ricchezze senza investire in formazione, tecnologia e ammodernamento della produzione. Hanno ottenuto sempre quello che volevano ossia libertà di licenziamento, accordi di secondo livello in deroga ai contratti nazionali, detassazioni e aiuti fiscali, in cambio sono cresciuti i dividendi tra gli azionisti di maggioranza, la precarietà occupazionale e sono state abbattute le tutele individuali e collettive. Accettiamo la sfida: per guardare alla realtà bisogna partire dai dati, da Banca d'Italia, Mediobanca, Istat, Confindustria, Eurispes e altro ancora, leggersi i documenti e capire i limiti del capitalismo italiano e dei governi succedutisi. Al contrario chi accusa i referendari di guardare al passato pensa ancora alla concertazione, alla pace sociale nelle aziende. Chi sono allora i nostalgici del passato?
  • Il mondo del lavoro oggi deve affrontare l'invecchiamento delle maestranze e la minaccia che i pensionati superino a breve il numero degli occupati. In un paese fermo socialmente ed economicamente con lavori precari, la narrazione che i giovani vogliono la mobilità e sono disposti a cambiare dieci datori nell'arco della loro vita è anche questa una semplificazione americanista. Vogliono in realtà abituarci all'idea di perdere il posto di lavoro con pochissime mensilità come contropartita pur sapendo che una nuova occupazione è difficile da trovare e prova ne sia che la fascia di età sotto i 45 anni è la più penalizzata. La narrazione della fine del lavoro fisso è funzionale alla distruzione di tutele reale nel mondo del lavoro, del resto con l’ascensore sociale fermo, gli abbandoni scolastici e la mancata formazione anche una ipotetica mobilità non avrebbe terreno fertile.

Allora ripetiamo perchè votare 5 si al referendum dedicando a ogni quesito una piccola spiegazione

  1. Vogliamo l’abrogazione del contratto a tutele crescenti, ovvero il Jobs Act di Renzi che rende impossibile il reintegro dei lavoratori ingiustamente licenziati nelle aziende con più di 15 dipendenti, se assunti dopo il 07/03/15. Negli ultimi 10 anni sono 4 milioni i dipendenti assunti con il jobs act e le cause intraprese dopo il licenziamento si sono prevalentemente chiuse con la erogazione di soli 6 mensilità. Sei stipendi non compensano la perdita di un posto di lavoro!

2.Vogliamo eliminare il tetto massimo delle sei mensilità nel risarcimento spettante ai lavoratori licenziati ingiustamente da aziende con meno di 15 dipendenti. Un trattamento diseguale e inopportuno tra lavoratori di piccole e grandi aziende, intollerabile e vessatorio.

  1. Il Sindacato ha tante responsabilità per avere avversato il decreto dignità e le causali per i contratti a tempo determinato, è bene ricordare che ammettere l'errore di questi tempi è già un successo, ad esempio chiedendo di ripristinare l’obbligo delle causali al fine di arginare la precarizzazione del lavoro
  2. Quante volte ci siamo imbattuti in committenti pubblici che davanti alle proteste dei lavori esternalizzati si sono girati dall'altra parte? O hanno scaricato sull'appaltatore ogni eventuale responsabilità in materia di salute e sicurezza? Basta con gli appalti al ribasso, estendiamo invece la responsabilità alla ditta committente in caso di infortunio di un lavoratore dipendente di una ditta in appalto.
  3. Siamo un paese di vecchi e le aziende chiedono forza lavoro pur lesinando investimenti per formarla. Ci pare logica dimezzare da dieci a cinque anni il tempo di residenza nel nostro paese come requisito per inoltrare la richiesta di cittadinanza. Meno lavoratori al nero significa abbattere la ricattabilità dei lavoratori stranieri a vantaggio non solo loro ma degli autoctoni e di migliori condizioni di vita e di lavoro.

 

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