La dialettica del servo Draghi

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La dialettica del servo Draghi

 

di Alex Marsaglia

 

Venerdì 22 al meeting di Rimini, dopo il Presidente Scholz è intervenuto strappando gli applausi dei ciellini l’ex Presidente della BCE e del Consiglio Mario Draghi. È quantomeno curioso constatare come un personaggio del suo calibro, con la sua storia e i suoi incarichi continui a lanciare moniti come fosse un deus ex machina al di fuori dell’agone politico. Il riconoscimento come attore super partes deriva sempre e costantemente dal mondo moderato, cattolico e atlantista che lo ha fatto governare e che continua a consultarlo come oracolo postmoderno dell’Europa.

Il suo intervento ha subito fatto sobbalzare tutti sulla sedia, avendo esordito sancendo la fine del potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali dell’Europa. Una constatazione di una realtà di fatto che è però risultata finora indicibile nelle stanze del potere e all’opinione pubblica ammaestrata dal giornalismo mainstream.

Anche in questo caso però risulta evidente il suo piglio di chi si sente al di fuori della mischia, come se a governare l’Unione Europea non ci sia stato anche lui in questi anni, rendendosi compartecipe delle politiche responsabili di un tale disastro socio-economico. Insomma, come se anche lui non avesse creduto che la “dimensione economica europea di 450 milioni di consumatori” non ci avesse potuto conferire potere di per sé. Le politiche mercantiliste ed ordoliberiste dell’euro sono state sostanzialmente sostenute anche da Draghi, con l’obiettivo di fondo di esportare verso l’estero a tassi di competitività maggiori - seguendo il mantra della globalizzazione a tutti i costi - i prodotti tedeschi. Ora diventa difficile fare la morale alla Cina, perché mira a conquistare i nostri mercati dopo i dazi americani. Ogni entità sovrana indipendente cerca di ridisegnare la propria rotta nella tempesta protezionistica dell’impero americano decadente ed anche la Cina ha coltivato propri mercati di sbocco. L’aver reso l’Europa un mercato di sbocco per le merci cinesi, con una scarsa domanda interna per le merci europee è anche e soprattutto una responsabilità degli amministratori dell’Unione Europea che hanno fatto della deflazione salariale interna la principale strategia politica per la competitività globale. Ora è inutile piangere lacrime di coccodrillo, anche in merito alla moneta unica che ha direttamente governato per 8 anni, perché oggi l’Unione Europea raccoglie quanto ha seminato nell’ambito del commercio internazionale.

Vi è poco da lagnarsi anche in merito alle politiche commerciali imposte dal padrone americano, poiché basterebbe trasformare la dialettica di sudditanza hegeliana in una dialettica di ribellione marxiana. E invece si continua a seguire la dialettica del servo che seppur abbia più autonomia del padrone avendo sviluppato una praxis inaudita per il padrone, serve volendo servire. La plastica dimostrazione l’abbiamo dal passaggio in cui tocca le vergognose politiche di incremento della spesa militare come “decisione che forse avremmo comunque dovuto prendere”. E per quale motivo avremmo, forse, dovuto armarci forsennatamente? Per combattere un nemico che non ha mai voluto essere nostro nemico come la Russia? No, l’unica vera ragione di fondo è che il padrone americano ha colonizzato la mente degli europei per portarli alla guerra contro il loro principale partner commerciale. Li ha aizzati con golpe come quello di Majdan, con attentati come il Nord Stream e il risultato economico è sotto gli occhi di tutti: la produzione industriale europea è finita fuori mercato e persino la locomotiva tedesca - l’economia per cui è stato plasmato l’euro - è in una recessione senza fine. Draghi nel suo cerchiobottismo ha poi posto al centro il richiamo ai grandi valori dell’Unione Europea da difendere dal resto del mondo, come se fossimo una cittadella sotto assedio anziché un attore globale che ha scelto la decadenza pur di non smarcarsi dal suo padrone d’oltreoceano. Anche dal punto di vista culturale siamo notevolmente in ritardo rispetto al mondo che cambia con i BRICS: “Democrazia, pace, libertà, indipendenza, sovranità, equità, prosperità” vengono concepiti da Draghi come valori eurocentrici, tipici del nostro mondo e che le altre aree del pianeta non possono rappresentare degnamente.

La chiosa finale è poi perfettamente incastonata sul binario definito dalla nuova politica americana di delega all’Unione Europea del fronte ucraino. Infatti, l’ex Presidente della BCE e del Consiglio ripesca il “grande progetto del debito comune europeo” per finanziare cosa? Non certo i grandi valori summenzionati di democrazia, pace, libertà, indipendenza, sovranità, equità, prosperità; bensì, sostanzialmente, guerra. Come aveva già ricordato anni fa parlando di un debito “buono” per il quale è possibile sforare i vincoli di bilancio, perché ci viene ordinato dal padrone americano, allora  è utile utilizzare «forme di debito comune che possono sostenere progetti europei di grande ampiezza che sforzi nazionali frammentati insufficienti non riuscirebbero mai ad attuare. Questo vale: per la difesa, soprattutto per ciò che riguarda la ricerca e sviluppo».

In definitiva Draghi ci ripropone il vecchio minestrone riscaldato del keynesismo militare, con nuovi nemici e orizzonti politici internazionali limitati all’Occidente. Nessuno sguardo oltre l’orizzonte, nessun impegno reale ad aprirsi a nuove visioni che invece critica, come se la miopia fosse un merito. In In conclusione bisognerebbe ricordare al caro Draghi, che ha ragione, l’inazione uccide, ma ancor di più lo fa la miopia e la volontà di servire. Bisognerebbe invece rendersi conto che un altro mondo esiste ed è ancora possibile raggiungerlo nonostante gli sfaceli compiuti. Esistono progetti intercontinentali come la Via della Seta, esistono summit e sedi internazionali per valorizzare la produzione e il commercio italiano e agire finalmente come Stato indipendente e sovrano, ma sono al di fuori dell’Unione Europea che difende. Occorre però esercitare l’ottimismo della volontà che una classe politica di lacchè non ha avuto. Questa volontà arriverà da un altro mondo interno che finora è stato sommerso, ma che cercherà di salvare il Paese. Infatti, anche se Draghi non lo ha notato c'è un Paese che non si identifica con l’Unione Europea e che quindi afferma la propria indipendenza e sovranità che si è mobilitato e ha contato a livello internazionale da Gaza alla Pace in Ucraina.

Alex Marsaglia

Alex Marsaglia

Nato a Torino il 2 maggio 1989, assiste impotente per evidenti motivi anagrafici al crollo del Muro di Berlino. Laureato in Scienze politiche con una tesi sulla rivista Rinascita e sulla via italiana al socialismo, si specializza in Scienze del Governo con una tesi sulle nuove teorie dell’imperialismo discussa con il prof. Angelo d’Orsi. Redattore de Il Becco di Firenze fino al 2021. Collabora per un breve periodo alla rivista Historia Magistra. Idealmente vicino al marxismo e al gramscianesimo. Per una risposta sovranista, antimperialista e anticolonialista in Italia e nel mondo intero. 

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