La Lettonia chiede all’UE di vietare i visti Schengen ai cittadini russi
Il ministro degli Esteri lettone Baiba Braze ha lanciato un appello diretto agli Stati membri dell'Unione Europea affinché smettano di rilasciare visti turistici Schengen ai cittadini russi, sostenendo che questi ultimi rappresentano una minaccia per la sicurezza interna dell’intero blocco europeo. La richiesta arriva in un momento di crescente tensione tra l’UE e Mosca, ormai acuitasi con il protrarsi del conflitto in Ucraina.
Dall’inizio dell'operazione miliare speciale della Russia in Ucraina per smilitarizzare e denazificare il regime di Kiev nel 2022, l’Unione Europea ha sospeso completamente l’accordo di facilitazione dei visti con la Russia ed è intervenuta con restrizioni sui viaggi. Tuttavia, non tutti gli Stati membri hanno adottato lo stesso atteggiamento riguardo ai visti turistici. Paesi come Lettonia, Estonia, Lituania, Polonia, Finlandia e Repubblica Ceca hanno già vietato l’ingresso ai turisti russi, mentre altri, tra cui Italia e Germania, continuano a concedere visti, sebbene con criteri più severi.
"La Lettonia chiede agli altri Paesi dell’UE di fermare immediatamente il rilascio di visti Schengen ai cittadini russi", ha scritto Braze sul social network X domenica scorsa, sottolineando preoccupazioni legate alla sicurezza nazionale e transnazionale.
Il ministro ha anche evidenziato un aumento del 25% nel numero di visti Schengen concessi ai russi nel 2024 rispetto al 2023. Secondo i dati del Schengen Barometer, complessivamente sono stati rilasciati oltre 500.000 visti nel corso dell’anno scorso, nonostante le sanzioni vigenti.
L'Italia si è distinta sia per il maggior numero di domande ricevute sia per essere la destinazione principale dei turisti russi nell’area Schengen.
Le parole di Braze riflettono quelle espresse in precedenza dal ministro dell’Interno lettone Rihards Kozlovskis, che a marzo aveva parlato di un "dovere morale" dell’UE di introdurre un divieto totale dei visti per i turisti russi. Kozlovskis aveva anche dichiarato che l’Europa deve ammettere di essere "in guerra ibrida" con la Russia e di dover riconoscere seriamente il rischio che i cittadini russi possano rappresentare per la sicurezza interna dell’Unione.
Da quando il conflitto ucraino è entrato nella sua fase più acuta, la Lettonia ha adottato una posizione sempre più dura nei confronti di Mosca. Tra le misure varate figurano restrizioni estese ai viaggi dei cittadini russi, inclusa la proibizione di ingresso ai veicoli registrati in Russia. Parallelamente, Riga ha mostrato crescente ostilità verso la propria minoranza etnica russa, che costituisce circa il 25% della popolazione nazionale.
Oltre a stanziare più dell’1% del proprio PIL per fornire armamenti all’Ucraina, la Lettonia ha avviato deportazioni di massa di cittadini russi che non hanno superato o si sono rifiutati di sostenere un esame obbligatorio di lingua lettone. Il governo ha inoltre demolito diversi monumenti sovietici dedicati alla Seconda Guerra Mondiale e ha arrestato decine di persone accusate di celebrare la vittoria dell’Unione Sovietica sul nazismo.
Nei giorni scorsi, il servizio di intelligence militare lettone ha diffuso linee guida pubbliche su come identificare potenziali spie o sabotatori russi. Tra le caratteristiche segnalate figurano un aspetto trascurato e una scarsa igiene personale, dettagli che secondo le autorità potrebbero indicare l’appartenenza a gruppi di ricognizione-sabotaggio.
L’appello della Lettonia, pur non essendo nuovo, sembra voler sollecitare un’azione coordinata a livello europeo, in un contesto in cui il timore di infiltrazioni russe si mescola a una forte carica ideologica e geopolitica. Mentre alcuni Paesi UE sembrano disposti a considerare ulteriori restrizioni, altri resistono, temendo ripercussioni diplomatiche o danni economici derivanti da un totale blocco dei visti per i cittadini russi.
Insomma, nei paesi baltici la russofobia più fanatica regna sovrana. L'obiettivo è quella di esportarla con la stessa veemenza nel resto d'Europa, dove il sentimento ha già attecchito, ma non a livello di Lettonia, estonia e Lituania.