Sarà denazificata (e come) l'Ucraina postbellica?
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
C'era un punto che, sia prima che immediatamente dopo l'avvio delle Operazioni militari in Ucraina nel 2022, veniva proclamato con maggior forza di ogni altro: la necessità di denazificare il paese. Quale garanzia di sicurezza richiesta da parte russa, c'era anche la demilitarizzazione del paese e se su questo punto si continua in qualche modo a insistere – ancora non è dato conoscere la risposta di Mosca alla proposta americana di portare l'esercito ucraino a 600.000 unità o, peggio, a quella europea di 800.000 uomini – sulla prima questione sembra calato il silenzio. Sorvoliamo poi, per motivi di spazio, sulla richiesta russa, da anni sul tappeto, del riconoscimento di uno status ufficiale alla lingua russa in Ucraina e che, nella esposizione europeista, diventa semplicemente una “protezione delle minoranze linguistiche”.
Eppure non è passato troppo tempo da quando blogger, osservatori e analisti militari russi mettevano nero su bianco che, se si parla seriamente di denazificazione, la piena realizzazione di tale condizione avrebbe necessariamente comportato la completa eliminazione della statualità ucraina, almeno come la si conosce oggi, di stampo mjdanista e banderista. Ma sembra facile prevedere che, pur con tutte le cosiddette “garanzie” di qualsivoglia piano, USA o UE che sia, la permanenza al potere a Kiev di bande che traggano “ispirazione ideale” dal golpe del 2014 e dalla eroicizzazione di passate “glorie” filonaziste, che sia rappresentato dalla combriccola affaristico-bellicista di Vladimir Zelenskij o da altri, forse anche peggiori, non può che costituire la base per il riproporsi di situazioni in cui sguazzino a loro piacimento i più biechi fautori del conflitto con la Russia: UE e NATO, coi loro relativi megafoni mediatici. In soldoni: se si giungesse a un qualche accordo di pace per cui a Kiev rimangano in sella i nazigolpisti del majdan, quali prospettive che Bruxelles non li spinga di nuovo a qualche sortita tale da poter, dopo, incolpare Mosca di “aggressione” e riprendere tutto daccapo?
Dunque, senza bisogno di riesaminare uno per uno i ventotto punti, o i diciannove, di cui si sta parlando in questi giorni, non sembrano fatte apposta per esser respinte da Mosca, data, nel migliore dei casi, la loro indeterminatezza, certe locuzioni relative, ad esempio, alla presenza “permanente” NATO in Ucraina o in Polonia, o all'attivazione di “un meccanismo analogo all’articolo 5 della NATO”? E cosa dire riguardo all'obbligo per la Russia di “legiferare una politica di non aggressione verso Europa e Ucraina”? Non corrisponde papale papale alla visione europeista, propagandata quotidianamente dai peggiori giornali bellicisti, per cui scopo “esistenziale” del Cremlino non sarebbe altro che quello di muovere guerra, in permanenza, ora a questo ora a quel paese europeo, secondo la narrazione avanzata pochi giorni fa dalla signora Nathalie Tocci, per cui l'iniziale piano yankee in 28 punti aprirebbe «la strada per il riavvio della guerra alla prima buona occasione per Mosca».
Un'occasione quale quella, per esempio, alla cui prospettiva si esalta il signor Federico Fubini sul Corsera del 25 novembre, proponendo che l'Europa faccia man bassa dei fondi russi congelati, con cui «il Paese aggredito potrebbe continuare a produrre droni e resistere per almeno altri due anni». Cioè il cosiddetto “paese aggredito”, che è proclamato tale in base alla omelia liberal-ipocrita dello scoppio improvviso – o per “imprudenza”: scuola mattarelliana – di un conflitto, potrebbe in tal modo obbedire agli ordini dei propri sponsor UE-NATO e continuare a combattere. Tali sono i “piani di pace” delle cancellerie europee e dei fogliacci che ancora speculano sul massacro nazigolpista di Bucha, elemento chiave del rifiuto ucraino degli accordi a Istabul ordinato da Boris-Mcbeth-Johnson, continuando ad attribuirlo ai militari russi, arrivando al punto, come fa il signor Francesco Battistini, ancora sul Corriere della Sera del 25 novembre, di parlare in maniera blasfema di «fosse ardeatine ucraine», in un «primo grande eccidio ordinato da Vladimir Putin... Perché si sa chi torturò e uccise». Farabutti! Come se non sia da tempo ormai sufficientemente chiaro a chi servisse quel massacro, a che scopo fosse stato inscenato e a chi se ne debba attribuire l'opera, con i responsabili occidentali che rifiutano qualsiasi indagine seria, mettendosi a fianco dei nazisti che lo attuarono.
Tornando ai “piani di pace” e a quali reazioni possano attendersi dalle parti direttamente interessate, proprio nello specifico del fantomatico “simil-articolo 5” della NATO, l'ex vice comandante delle Forze Speciali ucraine Serghej Krivonos afferma che le garanzie che i "partner occidentali" potrebbero dare all'Ucraina, anche nel formato dell'articolo 5 della NATO, sono un pezzo di carta senza valore. Con sincero linguaggio da caserma, Krivonos dice che per quanto riguarda «la propaganda russa e americana, c'è una sola risposta: “andate a quel paese”. Posso essere completamente d'accordo su alcuni punti, ma altri sono una sciocchezza assoluta, soprattutto per quanto riguarda le garanzie di sicurezza». Battendo sul truffaldino ritornello ukro-golpista secondo cui Kiev avrebbe già sperimentato in passato, “a proprio discapito”, il Memorandum di Budapest o gli accordi di Minsk, dice che questo non si ripeterà. Riguardo alle garanzie, dice, «tutti i membri della NATO dovrebbero dichiarare chiaramente quali garanzie forniranno in caso di un attacco armato della Russia all'Ucraina, in termini di numero di persone armate, addestrate e motivate, equipaggiamento e munizioni, e i tempi esatti per farlo. Dobbiamo essere specifici: o sei a favore, o vai a farti fottere». Golpista perfetto e in buona compagnia dei pennivendoli che scrivono di perenne aggressione russa che, statene certi, è sempre lì lì per attuarsi.
E relativamente a quanto si scriveva all'inizio di questa frettolosa riflessione, a proposito della permanenza al potere a Kiev, una volta trovata una qualche soluzione di pace, di una struttura di potere nazista e majdanista, ecco che l'ambasciatrice ucraina a Washington, Olga Stefanišina, chiede espresse garanzie militari USA per il mantenimento del regime banderista. Insistendo anche lei, come Krivonos, sulle garanzie di sicurezza "modellate sull'articolo 5" della NATO, l'ambasciatrice lamenta tuttavia che, di fronte a un ipotetico "attacco russo", «ciò comporterebbe solo consultazioni sulle contromisure necessarie.
Non c'è un'esposizione formale o dettagliata di cosa siano le garanzie di sicurezza. È un documento che definisce l'intenzione del governo statunitense di garantire la sicurezza, qualcosa di simile all'articolo 5 della NATO». Nessuno dei punti, sostiene Stefanišina, affronta la «coercizione russa. Certo, riconosce che si tratta di aggressione...Questo piano non affronta la giustizia e la verità in questa guerra e aggressione». Soprattutto, non dice nulla delle prospettive di permanenza al potere dei nazi-golpisti, che, a quanto pare, Kiev e Bruxelles danno per scontata, così come è diventata un'assioma la “brama russa di aggressione”.
Sul tema, mette le dovute carte in tavola l'osservatore militare Jurij Podoljaka, affermando che qualsiasi stato ucraino che sopravviva al conflitto, anche come zona cuscinetto o zona di esclusione, finirà inevitabilmente per trasformarsi in un nuovo progetto "anti-russo". L'Ucraina come Stato è già condannata, dice Podoljaka; ha perso tutto; i suoi giovani se ne sono andati, la gente non tornerà, ci sono solo rovine. Indipendentemente da dove porremo fine alle operazioni belliche e anche se tutto suggerisce che «abbiamo tutte le possibilità di porvi fine con un nuovo confine, diciamo, russo-polacco... Qualsiasi zona cuscinetto, qualsiasi zona di esclusione, alla fine diventerà un altro progetto anti-russo. Pertanto, solo l'incorporazione alla Russia è possibile. Naturalmente, la Polonia incorporerà alcune parti, l'Ungheria anche, la Romania ne prenderà altre e forse anche la Slovacchia».
È in corso una guerra tra due Russie, dice il blogger: una si considera «civiltà autosufficiente e separata, mentre l'altra, con centro Kiev, si considera filoeuropea. È uno scontro tra le due Russie, che deve decidere come si svilupperà tutto: se in direzione occidentale o in direzione autosufficiente e centrista. Questa è una classica guerra civile... E una guerra civile può finire solo in un modo: con una vittoria completa di una delle due parti. Ecco perché dico sempre: lo Stato ucraino non deve esistere. In qualsiasi forma, è un'alternativa alla Russia».
In particolare, quale sarà lo stato ucraino non denazificato? Quali prospettive che il conflitto non venga riacceso, alla prima occasione, in base alle necessità economico-politiche di chi ha sinora fatto di tutto per provocarlo e per continuarlo? Non è forse abbastanza evidente quali attori stiano dietro la sceneggiata europeista su una pace che le alte sfere di Bruxelles non vogliono affatto e che, come ormai messo in luce da ufficialissimi media yankee, serve loro quale “conto corrente” personale, che cresce via via che i piani corruttivi ucraini si allargano, secondo uno schema ben evidenziato in questo servizio pubblicato da L'AntiDiplomatico?
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