La vera posta in gioco del Vertice in Alaska

Il Summit cruciale in Alaska: partita a due tra Russia e USA. Ucraina e UE restano a guardare

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La vera posta in gioco del Vertice in Alaska

 


di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

 

Le trattative per la pace in Ucraina si rivelano essere una partita due tra gli Stati Uniti e la Federazione Russa, che venerdì 15 agosto in Alaska decideranno le sorti dei territori sotto controllo russo, oltre a questioni di cooperazione strategica e divisione delle zone di influenza. Unione Europea e Ucraina resteranno a guardare.

Mentre in Europa cresce la preoccupazione che la Casa Bianca e il Cremlino possano accordarsi per porre fine alla guerra prolungata, bypassando Kiev, Zelensky rifiuta il piano di Trump del riconoscimento del Donbass russo.

Accetta un cessate il fuoco con il congelamento dell'attuale linea del fronte, nell’ambito del piano europeo, che prevede il cessate il fuoco prima di ogni altra mossa, il ritiro delle truppe secondo il principio “territorio per territorio” e garanzie di sicurezza, inclusa l’adesione alla NATO.

Dunque Kiev dice no ad un riconoscimento de iure ma apre ad un riconoscimento de facto.

È pur sempre un progresso nei negoziati, un «ammorbidimento della posizione» ucraina scrive il Telegraph. Zelensky incassa il sostegno dei partner europei e della NATO, attraverso cui l’Ucraina acquisirà potere negoziale.

Intanto, tra la stampa occidentale, inizia ad affermarsi l’idea che la posizione di Kiev di rifiutare concessioni territoriali sia irrealistica. Secondo il commentatore del The Financial Times, Gideon Rachman, il riconoscimento de facto dei territori sotto controllo russo potrebbe necessario se garantirà che “l’Ucraina riuscirà a mantenere la propria indipendenza e democrazia”.

“…alcune concessioni territoriali di fatto possono essere dolorose, ma accettabili”.  

 

Perché Zelensky ha cambiato idea?

Due fattori hanno contribuito ad ammorbidire la postura di Kiev:

 

  • Il timore che un no di Zelensky a Trump possa avere come conseguenza lo stop all’assistenza militare e di intelligence, come già accaduto a febbraio, dopo l’”incidente” allo studio ovale.
  • Il sempre maggiore consenso dell’opinione pubblica verso una fine negoziata e immediata della guerra.

 

Secondo un sondaggio Gallupp condotto a inizio luglio e pubblicato la scorsa settimana, il 69% degli ucraini si è detto favorevole a una fine negoziata della guerra il prima possibile, rispetto al 24% che vuole continuare a combattere fino alla vittoria.

Inoltre, mostrando un’apertura al piano di Trump, i paesi europei e l’Ucraina sperano di essere coinvolti nelle trattative, per aumentare il peso negoziale della parte occidentale.

L’UE cerca il suo posto al banchetto delle trattative

Secondo un noto adagio diplomatico, se non stai seduto al tavolo allora sei nel menù. Sempre più estromessa dai giochi, l'Unione Europea cerca di rimediare una sedia al tavolo delle trattative. Per questo ha pubblicato una dichiarazione in cui esorta Trump a considerare gli interessi dell'Europa e dell'Ucraina nei negoziati con Putin.

Rimarca il diritto del popolo ucraino di determinare autonomamente il proprio futuro, nonché la necessità di una soluzione diplomatica della guerra che tuteli gli interessi ucraini ed europei.

"Le trattative costruttive possono svolgersi solo nel contesto di un cessate il fuoco o di una riduzione delle attività belliche", si legge nella dichiarazione. L'Ungheria non ha sostenuto la dichiarazione.

 

Il botta e risposta Kallas-Dmitriev

Kaya Kallas, in un post di X, ha ribadito l'unità transatlantica, il supporto all'Ucraina e la pressione sulla Russia come modo per concludere questa guerra e prevenire quella futura.

Non si è fatta attendere la risposta del rappresentante speciale di Putin, Kirrill Dmitriev, che conduce l’aspetto economico e di cooperazione delle trattative tra Russia e USA, ricordando che il conflitto si risolve con il dialogo e la sicurezza si rafforza con la risoluzione dei problemi attraverso la cooperazione, mentre falliranno quelli che contunuano a seguire le narrazioni di Biden.

L’alto rappresentante per la politica estera europea ha aggiunto che l'UE si prepara ad una maggiore pressione sulla russia con più sanzioni e più armi, annunciando la preparazione del 19 esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia.

 

Il piano di Trump

L'Unione Europea non intende discutere di concessioni territoriali finché la Russia non accetterà un cessate il fuoco completo e incondizionato. Il presidente Trump, invece, intende trovare un accordo per porre fine ai combattimenti, che includa uno scambio di territori tra Mosca e Kiev.

Gli Stati Uniti cercheranno di fissare i confini delle Repubbliche Popolari del Donbass sull’attuale linea del fronte, che servirà anche come linea di demarcazione su cui congelare la guerra per i territori che non saranno oggetto di scambio e che riceveranno un riconoscimento de facto. 

Tuttavia Trump è cauto e avverte che questo incontro con Putin sarà solo preliminare, per chiedere la fine della guerra e stabilire un dialogo costruttivo.

Il capo del Pentagono, Pete Hegset, ha confermato che lo scambio dei territori sarà una questione chiave del summit in Alaska.

“Nella fase di negoziazione, potrebbero esserci scambi territoriali, ci saranno concessioni. Nessuno sarà soddisfatto”, ha dichiarato a Fox, assicurando che Trump non regalerà una vittoria totale a Putin.

 

Il riarmo “storico” dell’UE

Mentre l’America intende chiudere lo scenario ucraino, o quantomeno ritirarsi, l'UE si sta preparando alla guerra con la Russia.

È quanto emerge da un’inchiesta del Financial Times, che mostra come l’Europa stia affrontando un riarmo senza precedenti: le fabbriche di armi si stanno espandendo ad un ritmo tre volte superiore a quello in tempi di pace, estendendosi di 7 milioni di metri quatrati di nuovo sviluppo industriale. Lo studio è basato su un'analisi dei dati satellitari relativi a 150 strutture e 37 aziende che producono missili e munizioni, “due colli di bottiglia nel sostegno all’Ucraina da parte dell’Occidente”.

Tra le strutture con maggiore espansione c’è un progetto congiunto del gigante tedesco Rheinmetall e della compagnia statale ungherese di difesa N7 holding, per la costruzione di un grande stabilimento per la produzione di munizioni ed esplosivi a Varpalota, nell’ovest dell’Ungheria.

“La portata e la diffusione del lavoro rilevato suggeriscono un cambiamento generazionale nel riarmo, che ha portato l'Europa dalla produzione just-in-time in tempo di pace alla costruzione di una base industriale per una condizione di guerra più duratura”, scrive il FT.

L’UE, dunque, non ha alcuna intenzione di mollare la presa, piuttosto intende continuare la sua guerra alla Federazione Russa fino all’ultima goccia di sangue dell’ultimo ucraino. Da questa prospettiva, sorge l’inquietante preoccupazione che il summit di venerdì 15 agosto tra Putin e Trump servirà soltanto a stabilire un ritiro degli Stati Uniti dalla guerra per avviare dei nuovi rapporti con la Federazione Russa, un partner indispensabile per dialogare con Pechino, Teheran e altri challengers di Washington.

Ma il tritacarne ucraino proseguirà con la guerra sostenuta dagli Stati europei e dalla NATO.

 

 

 

 

 

Clara Statello

Clara Statello

Clara Statello, laureata in Economia Politica, ha lavorato come corrispondente e autrice per Sputnik Italia, occupandosi principalmente di Sicilia, Mezzogiorno, Mediterraneo, lavoro, mafia, antimafia e militarizzazione del territorio. Appassionata di politica internazionale, collabora con L'Antidiplomatico, Pressenza e Marx21, con l'obiettivo di mostrare quella pluralità di voci, visioni e fatti che non trovano spazio nella stampa mainstream e nella "libera informazione".

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