Italia: riserve auree e sovranità effervescente
di Francesco Fustaneo
L'acquisto di oro da parte delle banche centrali non si arresta, anzi prosegue incessantemente.
A certificarlo è l'ultima indagine condotta dal World Gold Council [1]da cui emerge che il 76% delle banche centrali deterrà una quota maggiore delle riserve totali tra cinque anni, in aumento rispetto al 69% dello scorso anno. Una tendenza che accomuna tanto le banche centrali delle economie avanzate, quanto quelle dei mercati emergenti e in via di sviluppo (EMDE).
I fattori alla base di tale trend sono molteplici: l'oro è da sempre considerato il bene rifugio per eccellenza. Ha una capacità insita di mantenere “valore” nel tempo, anche durante periodi di crisi economica e instabilità geopolitica. Le banche centrali accumulano oro per proteggersi dai rischi associati alle fluttuazioni valutarie e alle crisi finanziarie globali. Quando i mercati sono volatili, l’oro poi funge da ancora di stabilità, riducendo l’esposizione a rischi economici; essendo un asset fisico svincolato dalle politiche economiche dei singoli stati, permette una forma di diversificazione delle riserve, contribuendo a bilanciare i rischi associati alla detenzione delle valute tradizionali. L'oro inoltre funge da strumento di protezione contro l'inflazione e rappresenta un’alternativa sicura per ridurre l’esposizione al debito sovrano.
Diversi analisti economici sostengono poi che l’attuale sistema finanziario internazionale, basato sul dollaro, possa essere soggetto a cambiamenti significativi nei prossimi anni. L'accumulo di oro potrebbe dunque, essere una strategia delle banche centrali per far fronte a un possibile nuovo ordine monetario globale.
Grandi economie come Cina e India stanno cercando di ridurre la loro dipendenza dal dollaro e rafforzando la loro posizione economica e geopolitica: in tale ottica l'oro si pone come un mezzo per ribadire la credibilità e la stabilità delle loro valute nazionali.
E l' Italia? Con 2.451,8 tonnellate d’oro si colloca al terzo posto globale come nazione per riserve auree, dopo Usa e Germania, nonostante sia solo l’ottava economia mondiale per Prodotto interno lordo.
E' il quarto soggetto per detenzione di riserve auree se in questa classifica. invece consideriamo anche il Fondo Monetario Internazionale.
Le riserve auree italiane ammontano a 2.452 tonnellate - delle quali 4,1 tonnellate sotto forma di moneta (si tratta di 871.713 pezzi di moneta il c.d. “oro monetato”) e le rimanenti sotto forma di lingotti - dopo che nel 1999 sono state conferite alla BCE - 141 tonnellate.
Ma dove sono custodite tali riserve?[2] Presso la sede della Banca d'Italia in Via Nazionale, vi sono 1.100 tonnellate di oro, comprendenti anche la totalità dell'oro “monetato”, insieme a una quota (100 tonnellate) delle riserve conferite alla BCE.
Il resto invece è dislocato all'estero:il 43,29 % del totale negli Usa , in Svizzera il 6,09 % e nel Regno Unito il 5,76%
Anche la Germania, che nella classifica delle riserve auree come abbiamo visto precede l'Italia, aveva parte delle stesse detenute presso i caveau statunitensi, ma le ha richiamate sul proprio territorio.
L'Italia invece non ha seguito l'esempio tedesco.
Eppure la storia ha dei precedenti e ci ha insegnato cosa può accadere all'oro di un paese quando quest'ultimo non rientra più nelle simpatie geopolitiche degli Usa o del Regno Unito e in generale delle nomenclature occidentali: rifiuto della concessione della sua disponibilità o vere proprie confische dello stesso.
I casi connessi all'oro detenuto all'estero dal Venezuela[3] e dalla Russia sono stati eclatanti, con buona pace del diritto internazionale e della stabilità dei mercati.
Dunque per ragioni di opportunità, se proprio non vogliamo citare in ballo la “sovranità”, sarebbe lecito aspirare al fatto che le “nostre” riserve auree siano interamente detenute in territorio italiano e non oltreoceano o al di là della Manica.
Paradossalmente poi, anche la titolarità della proprietà delle stesse è stata oggetto di dubbi legittimi.
A fornire un chiarimento è stato nel 2019, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte[4], al Senato ad un interrogazione specifica posta in merito : “La proprietà delle riserve auree nazionali è della Banca d’Italia”, spiegava.
Il fatto che l'oro sia della Banca d'Italia e non propriamente dello Stato italiano comunque non è un elemento da sottovalutare.
Il capitale sociale infatti della Banca d'Italia sebbene la stessa sia formalmente un Istituto di diritto pubblico, è detenuto quasi totalmente da istituti bancari, fondazioni, imprese di assicurazione e casse previdenziali private. La rappresentanza pubblica nel capitale delle Banca d’Italia è data dalle sole INPS e INAIL che ne detengono quote marginali.
Ora è bene premettere che più che giuridico il dato è politico, rafforzato dalla considerazione che la Banca d'Italia non è autonoma ma fa parte integrante dell' Eurosistema, ossia l’insieme delle banche centrali dell’area euro con le quali è strettamente interconnessa.
In un paese realmente sovrano, dei dubbi sulla gestione, detenzione e proprietà reale delle proprie riserve auree in capo alla propria Banca Centrale non dovrebbero esistere, ma visto che la sovranità declinata sul piano formale negli ambiti più svariati, in Italia spesso nella sostanza è venuta meno, i partiti politici dell'intero arco parlamentare qualche interrogativo dovrebbero porselo.
Note:
[1] https://www.gold.org/goldhub/research/central-bank-gold-reserves-survey-2025
[2] https://www.bancaditalia.it/compiti/riserve-portafoglio-rischi/quantita-qualita-localizzazione/index.html
[3] https://it.euronews.com/2020/07/07/di-chi-e-l-oro-venezuelano
[4] https://www.youtube.com/watch?v=8yqqfqXZG3Q