Londra: sede ideale per le macchinazioni antirusse di Bruxelles, NATO e Kiev
di Fabrizio Poggi
Difficile parlare di casualità, per il luogo da cui ha lanciato le sue ultime esternazioni il priore di quell'ordine di conciliazione spirituale che risponde al nome di Alleanza atlantica, l'abate Mark Rutte. A Londra, per quei pochi che ancora nutrissero qualche dubbio in proposito, il segretario della NATO ha spiattellato urbi et orbi che gli europei – gli operai europei, i pensionati, i lavoratori del circuito UE: tutti coloro, insomma, che per portare a casa il pane sono costretti, o sono stati costretti, una vita intera, a riempire col proprio pluslavoro le tasche dei padroni – se le devono scordare le illusioni del vecchio cosiddetto welfare state.
Per accrescere le pacifistiche “difese aeree” europeiste di uno spropositato 400%, è d'uopo abbandonare i sogni di «servizio sanitario nazionale e sistema pensionistico», già da tempo del resto ridotti al lumicino – ma, questa precisazione, l'abate priore l'ha lasciata alle riflessioni spirituali dei raccolti nel chiostro del Chatham House di Londra, dove si teneva l'ecclesiastico seminario, volto a moltiplicare cristianamente non “pani e pesci”, ma carri armati, droni, missili e munizionamento d'artiglieria.
L'alternativa alla “dolorosa scelta” di portare le “volenterose” spese di guerra al 5% del PIL, ha omeliato Rutte, definendo tra l'altro «irreversibile il percorso dell'Ucraina verso la NATO», è che tra cinque anni «parleremo tutti russo», come del resto aveva anticipato già un paio di mesi fa il “cardinale supplente” alla difesa europeista, Andrius Kublius, sospirando che tra cinque anni, o forse anche prima e indipendentemente da come finirà il conflitto in Ucraina, la Russia invaderà sicuramente un paese UE, o forse anche più di uno. Addio dunque, se così dovesse essere, hanno lacrimevolmente dedotto i novizi in devoto raccoglimento, alle eteree supplicazioni monastiche di pacifica salvezza sotto il quieto “ombrello atlantico”: dovremo convertirci tutti all'osservanza ortodossa del patriarcato moscovita, supplicando il rituale “Gospodi pomiluj” che ci preservi dagli “Orešniki putiniani”. Amin.
Dunque, Londra, si diceva. Sabato scorso, The Guardian titolava che «La Russia è in stato di guerra con noi», cioè con la Gran Bretagna. Pare che la perentoria affermazione si basi su un rapporto redatto da Fiona Hill (consigliera presidenziale nella prima amministrazione Trump e oggi sostenitrice del suo impeachment), dall'ex Segretario NATO dal 1999 al 2004 lord George Robertson e dal generale a riposo Richard Barros, ex capo del Comando strategico dell'Esercito britannico,
Sul Sunday Times, l'ex numero uno del ping-pong inglese e oggi presentato quasi come massimo esperto di politica mondiale, Matthew Syed, ricorda con raccapriccio come in passato si sia recato «spesso nello stato gangsteristico di Putin e ne avesse respirato tutto il male», tanto che oggi afferma di compiacersi sinceramente per gli attacchi ucraini del 1 giugno. Syed, ricorda Vladimir Kornilov su RIA Novosti, fa riferimento alla recente intervista dell'ambasciatore russo Andrej Kelin a Sky News, secondo cui Mosca sappia «benissimo quanto sia coinvolta Londra» negli attacchi ucraini di una settimana fa. Syed scrive di provare un «immenso orgoglio per il fatto che la Gran Bretagna abbia contribuito a tale macchinazione e, ancor più, per il fatto che possieda le cognizioni tecnologiche necessarie al suo successo». E, fungendo da suggeritore allo stesso Rutte, chiede ai britannici di non lamentarsi se le loro tasse saranno aumentate per rafforzare la difesa contro la "minaccia russa".
Va anche oltre il Macbeth-Johnson, che sul Daily Mail chiede che Londra esprima ufficialmente solidarietà per gli attacchi ucraini, dato che quegli «aerei erano parte delle forze nucleari russe, che avrebbero potuto essere usati anche contro di noi».
Apparentemente più “sottile” il colonnello a riposo Richard Kemp che, sullo stesso Daily Mail, quasi incita la Russia a un attacco nucleare tattico sull'Ucraina, invitando Londra a sviluppare armi nucleari per Kiev, come «deterrente anti-Russia».
Dopo tutte queste esternazioni, nessuna meraviglia che il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov possa dirsi sicuro «al 100% che i britannici» siano dietro gli attacchi terroristici di Kiev e che sussistono gravi rischi di nuovi attacchi, proprio perché i Servizi britannici e di altri paesi occidentali aiutano gli ucraini nella loro messa a punto. L'obiettivo occidentale, ha detto Lavrov intervenendo al “Forum del futuro 2025”, è quello di demolire il sistema “Jalta-Potsdam”, le cui regole non consentono di commettere atti di illegalità in giro per il mondo. È quanto avvenuto, ad esempio, col principio di “autodeterminazione dei popoli”, invocato dall'Occidente, per esempio, tra l'altro in un contesto non di guerra, per strappare il Kosovo alla Serbia, sotto la spinta dei criminali del UCK. Quando però, ha ricordato Lavrov, nel 2014, i popoli di Crimea e quello del Donbass si ribellarono politicamente ai golpisti di Kiev, questi li dichiararono “terroristi” e presero a bombardare Lugansk, arrivando poi a bruciare (come minimo) «cinquanta persone nella Casa dei Sindacati a Odessa il 2 maggio 2014».
D'altronde, ha detto ancora Lavrov, la dittatura banderista è oggi alla base dei “valori UE”. E se la Carta delle Nazioni Unite stabilisce che i diritti umani debbano essere rispettati, indipendentemente da razza, genere, lingua e religione, «avete mai sentito i paesi occidentali, nella difesa del governo Zelenskij, affermare che i diritti umani debbano essere rispettati» anche in Ucraina? Mai una volta. Quando invece parlano di Russia, Cina, Venezuela, Iran, o anche di Ungheria o Slovacchia, «i diritti umani sono in cima alla lista delle loro lamentele. Per l'Ucraina, niente del genere».
Tutti i capintesta europei urlano che si debba sostenere l'Ucraina «affinché sconfigga la Russia e si debba continuare ad aiutarla anche dopo la vittoria, perché non perda contro la Russia» ha detto il Ministro. Tanto che ora chiedono il cessate il fuoco solo per armare Kiev; ma, soprattutto, giurano che la junta nazigolpista meriti il sostegno occidentale perché difende i “valori europei” e lo fa devastando lingua, cultura e chiesa russe, in aperto dispregio della Carta ONU.
Sergej Lavrov non ha mancato nemmeno di ricordare la questione del “massacro di Bucha”, su cui oggi, ha detto, politici e media occidentali preferiscono mantenere il silenzio. Evitano, per esempio, di ricordare che nel 2022 le forze russe si erano ritirate dalla periferia di Kiev in segno di buona volontà, prima della firma dell'accordo; c'erano in città solo «autorità locali; poi improvvisamente arrivarono i corrispondenti della BBC che, miracolosamente, mostrarono corpi disposti ordinatamente non negli scantinati, ma proprio sulla strada centrale».
Una macabra mostra, dunque, a uso del pubblico occidentale e ritiro ucraino dalle trattative di pace. Quasi una rievocazione della messinscena di Katyn' – questo non lo ha detto Lavrov: ci permettiamo di aggiungerlo noi – quando i nazisti tedeschi, nel 1943, dopo la batosta di Stalingrado, organizzarono la visita, a uso di esponenti polacchi e di altri paesi occidentali, alla sepoltura dei militari polacchi massacrati dagli stessi nazisti nel 1941, in una lugubre messinscena con cui Berlino tentava di sfaldare l'alleanza antihitleriana: la lezione dei nazisti originali servita quasi bell'e pronta per i nazigolpisti di Kiev.
A partire dal 2022, ha detto Lavrov, la Russia ha presentato all'ONU svariate richieste di indagine sull'affare di Bucha; loro hanno messo in piedi una «specifica commissione indipendente per le questioni ucraine presso il Consiglio per i diritti umani, ma senza la nostra partecipazione. Abbiamo presentato ufficialmente ricorso tre volte. C'è un silenzio tombale». Alle domande dirette pubblicamente da Lavrov a Guterres, al Consiglio di Sicurezza, il segretario delle Nazioni unite «se ne va, è imbarazzato, distoglie lo sguardo».
Anche al termine delle sessioni dell'Assemblea Generale, negli ultimi due anni, Lavrov ha tenuto conferenze stampa, presenti i media mondiali: «mi sono appellato al loro intuito, al loro orgoglio professionale: davvero non vi importa di quello che è successo là, o vi è stato proibito persino di toccare l'argomento? Nessuna risposta, naturalmente».
Tutti, anche questi, sono “valori europeisti”. Come quelli che tacciono sulle migliaia di giovani ucraini in fuga dal paese per evitare la mobilitazione forzata anche dei diciottenni, come conferma il difensore civico ucraino per la formazione, Nadežda Lešchik, citata da “Strana”. Ancora “valori europeisti”, come quelli di cui parla di nuovo “Strana”, a proposito dei funzionari del distretto militare di Vyžnytsa (regione di Cernovtsi), che hanno “gentilmente” mobilitato il patrigno di un bambino disabile. E di nuovo “valori europeisti”, nel caso dell'attaccante russo dei “Washington Capitals” di hockey, Aleksandr Ovechkin, sbattuto nel famigerato database ucraino “Mirotvorets”, per aver partecipato a competizioni internazionali con l'obiettivo di «edulcorare la reputazione della Russia» e giustificare “l'aggressione" all'Ucraina tra il pubblico straniero.
“Valori liberal-europeisti” quelli con cui si pretende il congelamento del conflitto in Ucraina che, a giudizio del capo-negoziatore russo Vladimir Medinskij, senza accordi per un'autentica pace, porterà inevitabilmente a uno scontro nucleare. Medinskij ha ricordato una volta di più che le condizioni dell'accordo di pace, che avrebbe potuto essere sottoscritto già il 28 febbraiodel 2022, erano molto meno severe (rinuncia ucraina di adesione alla NATO, riconoscimento del referendum in Crimea, pace in Donbass e pochi altri punti) di quelle presentate oggi da Mosca a Kiev... ma poi arrivarono a Kiev Boris Johnson e uomini di Biden, imposero a Zelenskij l'altolà e tutto saltò. Il problema del processo di pace, ha detto Medinskij, è che Bruxelles «non permette a Kiev di raggiungere accordi vantaggiosi» per entrambe le parti.
Che dire: l'unico vantaggio per i “valori europeisti” è quello di portare le spese di guerra al 5% del PIL, aumentando del 400% le pacifistiche “difese aeree” UE-NATO. Anni di vacche grasse per le industrie militari europee, dalle cui “mammelle” non sgorga nemmeno una goccia di «servizio sanitario nazionale e sistema pensionistico», per l'entusiasmo di Rutte, von der Leyen, Kubilius, Kallas...
https://ria.ru/20250609/britaniya-2021635179.html
https://ria.ru/20250609/medinskiy-2021848538.html
https://politnavigator.news/lavrov-rasskazal-o-lzhi-i-pozore-zapada.html
https://politnavigator.news/banderovskaya-diktatura-stala-osnovnojj-cennostyu-es.html
https://www.mk.ru/sport/2025/06/10/khokkeist-ovechkin-popal-v-bazu-ukrainskogo-mirotvorwf.html