Pechino in allerta: la BRI nel mirino del conflitto Israele-Iran
L'analista Tangen: "Il 45% del greggio cinese transita da Hormuz"
Davanti all'intensificarsi dello scontro tra Israele e Iran, con il Presidente USA Donald Trump che chiede la "resa incondizionata" di Teheran e lancia minacce esplicite, la Cina innalza il livello del suo impegno diplomatico. Pechino condanna fermamente i raid israeliani e la retorica incendiaria di Washington, lanciando un monito sulle potenziali conseguenze catastrofiche di una guerra regionale su vasta scala.
Secondo analisti cinesi, un eventuale collasso del governo iraniano – esito che molti ritengono Israele e gli USA perseguano – scatenerebbe il caos nella regione, interromperebbe i vitali flussi energetici e metterebbe a rischio gli ingenti interessi di Pechino in Medio Oriente.
"Scenario da incubo" per la Cina
Einar Tangen, analista dell'Istituto Taihe di Pechino, ha descritto a TRT World la prospettiva della caduta di Teheran come uno "scenario da incubo" per la Cina. "Il quarantacinque percento del petrolio cinese transita dallo Stretto di Hormuz", ha affermato Tangen. "Il caos regionale e l'interruzione dei flussi petroliferi avrebbero un impatto enorme sulla linea vitale energetica e sugli interessi strategici cinesi. Oltre a questo, creerebbe un enorme vuoto di potere, minacciando gli investimenti cinesi nella Belt and Road in tutta la regione".
I dati sono eloquenti: la Cina acquista circa il 90% delle esportazioni petrolifere iraniane. A marzo, il greggio iraniano ha rappresentato il 16% delle importazioni cinesi via mare.
“Violazione della sovranità”
Jian Gao, professore dell'Università di Studi Internazionali di Shanghai, ha fatto eco all'allarme, definendo l'attacco iniziale israeliano all'Iran "una palese violazione della sovranità". "Questa è assolutamente una gravissima violazione della Carta delle Nazioni Unite", ha dichiarato Gao a TRT World. "Esiste un'alta probabilità che questo tipo di attacco possa degenerare in una guerra su larga scala nel prossimo futuro – non è ciò che la Cina desidera vedere".
Le dichiarazioni di Tangen e Gao riflettono la posizione ufficiale ripetutamente espressa da Pechino. Il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi, in colloqui con i suoi omologhi israeliano e iraniano la scorsa settimana, ha condannato gli attacchi israeliani come violazione del diritto internazionale, avvertendo che rischiano di spingere il Medio Oriente in una turbolenza più profonda. A Israele ha chiesto "misure immediate per evitare l'escalation e tornare alla diplomazia", e condannato esplicitamente la violazione della sovranità e il pericoloso precedente degli attacchi a strutture nucleari.
Jianlu Bi, commentatore politico di Pechino, ha sottolineato la coerenza della posizione cinese: "Fin dall'inizio, Pechino ha espresso profonda preoccupazione per l'escalation delle tensioni, opponendosi a qualsiasi violazione della sovranità iraniana e chiedendo misure immediate per 'frenare' il conflitto".
Pechino ha anche agito concretamente per proteggere i propri cittadini, evacuandone centinaia da Iran e Israele. Il portavoce del Ministero degli Esteri Guo Jiakun ha confermato l'evacuazione di 791 cittadini dall'Iran "con il supporto dei paesi vicini" e il rimpatrio di oltre 1.000 persone, con ambasciate (come quelle in Azerbaigian e Turkmenistan) attive ai valichi di frontiera.
La Cina si propone nuovamente come potenziale mediatore, capitalizzando il successo della riconciliazione tra Arabia Saudita e Iran mediata nel marzo 2023. Wang Yi ha offerto l'aiuto di Pechino per facilitare il dialogo, sottolineando che "la forza non porta una pace duratura".
Complessità geopolitiche
Tuttavia, Tangen ha osservato che Pechino, pur condannando gli attacchi e invocando moderazione, difficilmente andrà oltre l'impegno diplomatico per ora, anche se gli USA decidessero di unirsi a Israele. "La Cina vedrebbe un attacco congiunto USA-Israele all'Iran come un'escalation avventata e una pericolosa violazione della Carta ONU", ha spiegato Tangen. "Ma la Cina non vuole uno scontro diretto con gli USA. Si atterrà a sollecitare la de-escalation, cercando di proiettarsi come potenza globale responsabile".
Gao ha evidenziato le complessità: "I contrasti tra Israele e Iran sono in una sorta di stallo. Una situazione caotica in Medio Oriente non è nell'interesse neanche degli Stati Uniti. Forse serve gli interessi immediati di Israele, ma USA e Israele non hanno interessi identici nella regione".
Entrambi gli esperti hanno messo in guardia contro il superamento di "linee rosse", come gli attacchi a siti nucleari e infrastrutture civili, con Gao che ha giudicato irrealistico l'obiettivo di un cambio di regime a Teheran: "È impossibile impiantare un governo filo-occidentale o filo-USA in Iran. Quello che è successo in Afghanistan non è una storia lontana".
Minaccia alla BRI e pragmatismo cinese
L'escalation bellica minaccia direttamente le ambizioni della Belt and Road Initiative (BRI) nella regione. Tangen ha osservato che il conflitto potrebbe infliggere un grave colpo ai piani commerciali cinesi verso ovest, ipotizzando che "questo potrebbe rientrare nella strategia di Washington per destabilizzare la BRI", contrapponendo l'enfasi di Pechino sullo sviluppo alla propensione statunitense per la diffusione di "guerra e armi".
Bi ha spiegato che gli appelli cinesi alla moderazione derivano sia da principi che da pragmatismo: "La posizione cinese riflette i suoi principi di politica estera di non interferenza e soluzione pacifica, ma anche una valutazione pragmatica dei suoi interessi nazionali. L'instabilità nella regione impatta direttamente sui mercati energetici globali e sulle catene di approvvigionamento vitali per lo sviluppo economico cinese".
Tangen ha riconosciuto gli sforzi di Pechino verso tutte le parti, ma ha avvertito che con USA e Israele intenzionati a rovesciare il governo iraniano, progressi significativi verso la pace potrebbero essere impossibili. Bi ha sottolineato con forza che è il momento per una "diplomazia multilaterale sostenuta e vigorosa": "L'attuale traiettoria del conflitto è insostenibile. Tutti gli attori internazionali devono esercitare la massima pressione su Israele e Iran per de-scalare. Negoziati robusti dietro le quinte e un fermo rifiuto della violenza come strumento politico sono essenziali".
Gao ha ribadito l'approccio cinese: "La Cina non prenderà parte, ma fornirà una piattaforma per negoziati di pace tra le diverse potenze. Quello che abbiamo visto dalla Cina negli ultimi anni è esattamente questo tipo di impegno costruttivo".
Nessun collegamento con Taiwan
Rispondendo a speculazioni sulla possibilità di sfruttare la crisi da parte cinese per un’azione su Taiwan, Tangen ha categoricamente smentito, precisando che la posizione di Pechino sull'isola rimane invariata, focalizzata sulle preoccupazioni per le forniture di armi offensive statunitensi. Ha però ribadito che "qualsiasi mossa verso l'indipendenza o il dispiegamento di missili in grado di colpire Pechino supererebbe una linea rossa profonda, innescando una risposta cinese immediata". L'analista ha infine accusato l'amministrazione Trump di provocare tensioni globali senza una strategia chiara: "Gli Stati Uniti – o più precisamente, il Presidente Donald Trump – non hanno una strategia chiara e coerente, lasciando al resto del mondo il ruolo degli adulti nella stanza, in attesa che questo comportamento irresponsabile e infantile faccia il suo corso".