Pacchetto sicurezza, saltò di qualità per una nuova spirale repressiva

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Pacchetto sicurezza, saltò di qualità per una nuova spirale repressiva

 

di Federico Giusti

Solo nel novembre scorso il Governo aveva approvato il “Pacchetto Sicurezza” ma fin dall’indomani è iniziata la solita campagna ideologica e politica costruita ad arte per andare ben oltre all’impianto securitario e repressivo approvato.

L’idea, diffusa e trasversale non solo a tutto il centro destra ma ben accolta anche da esponenti di centrosinistra, consiste per rafforzare le pene a carico dei manifestanti, reati amministrativi diventano penali, prova ne sia la pena del carcere da sei mesi a due anni per i blocchi stradali e ferroviari che poi riguardano manifestazioni sindacali, sociali e ambientaliste.

È sufficiente “il reato commesso da più persone riunite” per prevedere pene severissime che andranno a colpire innumerevoli proteste. E una volta approvate le norme potranno essere ulteriormente rafforzate ed estese ad ulteriori reati, del resto con questa pratica siamo arrivati alla istituzione di uno Stato penale.

La spirale repressiva è stata giustificata come “norma anti-Ultima Generazione” ma è evidente si rivolga ai movimenti dell’abitare, alle realtà in lotta contro la costruzione di nuove basi militari o il Ponte sullo stretto come i primi Pacchetti sicurezza erano rivolti ai senza fissa dimora, ai migranti privi di permesso di soggiorno e ai facchini della logistica.

Questa ennesima legge colpirà ferocemente i partecipanti ai blocchi stradali, una pratica di lotta e di protesta storicamente diffusa e utilizzata, per questo siamo certi che si tratta di norme indirizzate a criminalizzare e colpire i movimenti sociali alla vigilia dell’apertura di innumerevoli grandi opere.

È evidente la trasformazione di una sanzione pecuniaria in un grave reato penale con tanto di pena detentiva anche per manifestazioni simboliche e pacifiche, di mera protesta e testimonianza sociale.

La norma antiblocco stradale è stata approvata in fretta e furia dentro la apposita Commissione, esclusa a priori qualsivoglia discussione per approvare un testo blindato da inviare al Parlamento ove sarà approvato senza alcuna remora.

Ma è solo l’inizio di una spirale repressiva che prevede l’innalzamento delle pene per chi protesterà in modo “minaccioso o violento” contro le grandi opere infrastrutturali come il Ponte sullo Stretto o il Tav o un inceneritore o una base militare. Se ne parlerà a settembre ma è evidente la volontà del Governo di approvare queste norme repressive in fretta e furia per avere un codice penale aggiornato con pene draconiane per i reati sociali a partire dal prossimo autunno-

Sono anni che attraverso i Pacchetti sicurezza si introducono nuovi e pesanti reati penali ma questa volta è indubbio il salto di qualità perché la norma in discussione riguarda tutte le manifestazioni di opposizione sociale, non si fa distinzione alcuna tra manifestazioni violente e pacifiche, da qui al divieto a manifestare corre ben poco

Le proposte di emendamento vanno poi a colpire un’altra forma di lotta del movimento operaio, quella dei picchetti equiparati a grave violenza privata. Recenti sentenze hanno stabilito che i reati contro la produttività sono severamente puniti mentre costituzionalmente accettabili sono gli scioperi che bloccano la produzione, pensiamo allora che ben presto questa distinzione sarà annullata e la nozione di produttività estesa oltre ogni limite ragionevole proprio per aprire le porte al carcere per tanti attivisti

Non siamo quindi solo davanti a nuovi reati da inserire nel Codice penale o all’inasprimento di pene, si mira direttamente alla impunità delle forze dell’ordine, a costruire nel paese una sorta di doppio standard.

E su questo punto è bene esprimerci con chiarezza perché numerosi addetti alle forze dell’ordine da tempo hanno anche manifestato contrarietà al loro costante e crescente utilizzo in chiave repressiva.

Forse l’obiettivo del Governo è quello della militarizzazione di tutte le forze dell’ordine dentro un processo di militarizzazione generale della società annullando perfino parte delle riforme “democratiche” degli anni Settanta. E del resto tutte le conquiste di quel periodo storico (dal Servizio sanitario nazionale alla Legge Basaglia contro i manicomi, per dirne alcune) sono da tempo sotto attacco. Le forze dell’ordine, vedi la possibilità di portare un'arma anche fuori dall'orario di lavoro, diventeranno il braccio armato di Governi disposti a ogni forma repressiva e autoritaria per salvaguardare il loro potere?

Ultima considerazione si indirizza alle rivolte nei carceri e nei Cpr, pensiamo che manifestazioni di protesta siano presto configurabili come vere e proprie rivolte e i reati contestati andranno a colpire anche eventuali iniziative di sostegno esterno da parte di familiari e solidali ai quali dobbiamo la denuncia avvenuta di tanti, troppi, pestaggi avvenuti negli istituti di pena.

Sono riflessioni forse scontate, volutamente semplificate per arrivare a un quesito elementare: una volta approvate queste norme potremo ancora dire di vivere in un paese democratico? E davanti alla criminalizzazione del dissenso esisteranno ancora agibilità democratiche e sociali? E ogni qual volta i lavoratori si riuniranno ai cancelli per scongiurare dei licenziamenti saranno accusati di reati associativi e di eversione?

Le risposte sono scontate, o nel paese si svilupperà una opposizione a questi provvedimenti in atto o un domani la repressione busserà alle porte di ciascuno di noi, senza esclusione alcuna. E non basterà parlare di Garanzie costituzionali in un paese in cui arriverà anche la autonomia differenziata, il restringersi del diritto di sciopero (sono in discussione proposte in tal senso nel settore ferroviario).

 






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