IN RUSSIA PUTIN HA (STRA)VINTO MA…

IN RUSSIA PUTIN HA (STRA)VINTO MA…

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76.69% e 67.54%: sono questi i numeri da cui partire per analizzare brevemente le elezioni avvenute in Russia il 18 marzo 2018. Il 76.69% degli elettori ha votato per confermare Vladimir Putin a guida della Federazione Russa. Il 67.54% è la percentuale di aventi diritto che si è recata alle urne.
 

Fatta eccezione per il candidato del Partito Comunista della Federazione Russa Pavel Grudinin (11,77% di voti), tutti gli altri si sono fermati ampiamente sotto il 10%. Si va quindi a consolidare il ruolo del KPRF come unica reale alternativa al partito di governo Russia Unita.


Se il sostegno a Vladimir Putin in Russia è sostanzialmente senza rivali, è anche vero che Mosca nei prossimi anni dovrà affrontare una serie di questioni che fino ad oggi sono state sempre rimandate.


Le materie prime. Croce e delizia della Russia


La Russia è probabilmente il paese per eccellenza per quanto riguarda le materie prime: territorio sterminato e scarsamente popolato, enormi riserve di carbone e gas, ampia disponibilità di legname e presenza sul proprio territorio di molti minerali fondamentali per l’economia di qualunque paese sviluppato.  Ma come spesso accade, i paesi che si trovano una fortuna sotto i piedi, faticano a sviluppare gli altri settori e la Russia non fa eccezione.


Escludendo materie prime, banche ed armi, è davvero difficile pensare ad una qualche compagnia russa che si sia imposta a livello globale; eppure le potenzialità ci sono tutte. Grandi università, grande mercato interno (anche se ancora da sviluppare), ampia possibilità di investimenti pubblico-privati e, fattore ultimo in quest’elenco ma forse primo come importanza, un governo che può muovere importanti leve economiche del paese.


Il Partito Comunista della Federazione Russa, in campagna elettorale, aveva individuato un paese a cui “ispirare” la propria politica economica nel caso avesse avuto la meglio nelle elezioni: la Repubblica Popolare Cinese. L’auspicio è che, in questo quarto mandato di Vladimir Putin, la Federazione Russa riesca a inserire del “dengismo” all’interno del proprio sistema economico. Da una parte lo Stato deve continuare a dirigere l’economia ma, dal’altro, deve permettere che il ruolo del mercato possa adempiere in maniera più ottimale alla valorizzazione delle compagnie russe, in particolar modo quelle che sono presenti o possono nascere in settori che avranno grande importanza nel futuro, come la robotica e l’intelligenza artificiale.


Le relazioni con l’Ovest

Pessime. Non certo per volontà di Mosca, anzi. Le capitali dell’UE e Washington fanno qualunque cosa per peggiorare i rapporti bilaterali e, più nel complesso, quelli tra paesi NATO e Federazione Russa. Al giorno d’oggi, anche se la Russia gode di uno status internazionale inimmaginabile anche solo 10 anni fa, vi è il rischio che, pur tra mille successi (Crimea, Siria e Unione Economica Eurasiatica solo per ricordarne alcuni) Putin rischi di essere ricordato come il presidente russo che, da una parte ha risollevato un paese che si trovava alla fame grazie a Eltsin&Co, ma dall’altra ha perso gran parte dell’influenza russa sull’Ucraina.


Probabilmente Mosca sta ancora pagando per l’errore di fondo che fece dopo il collasso dell’Unione Sovietica: credere che l’Occidente la ritenesse un partner alla pari. Certo, oggi la dirigenza russa sa che quello fu uno sbaglio ma certe tendenze non si invertono nel giro di qualche anno. A ciò va aggiunta l’isteria antirussa di gran parte dei paesi occidentali che è onestamente indifendibile e imbarazzante. Ad esempio l’avvelenamento di Sergej Skripal’, ex spia russa, è solo l’ultimo di una serie di eventi che dovrebbe far riflettere seriamente sugli atteggiamenti di gran parte dei paesi della NATO. Riassumendo in due righe: 1) Sergej Skripal’ e sua figlia vengono avvelenati; 2) si scopre che la sostanza è un gas nervino di tipo militare (il Novichok) “sviluppato dalla Russia” (cit.) (sviluppato non vuol dire che quello usato contro Skripal’ e sua figlia sia stato prodotto in Russia anzi, l’uso dei termini “sviluppato in Russia” dimostra la cautela degli esperti nell’attribuire eventuali responsabilità); 3) Theresa May praticamente incolpa Putin (“è altamente probabile” (cit.)). Prove? Nessuna. Ma perché doverle mostrare? È così comodo avere “il mostro” da incolpare ogni qual volta che si desidera.


Semplificazioni a parte, è evidente che il compito che attende nei prossimi anni il presidente russo e tutta la Federazione Russa è estremamente complicato e di difficile risoluzione anche perché, probabilmente, ormai si tratta più di odio personale verso l’inquilino del Cremlino che di vera strategia politica occidentale.


Conclusione

Oggi la Russia è la sesta economia mondiale in base al PIL a parità di potere d’acquisto e ha sostanzialmente superato senza troppi problemi le sanzioni occidentali, dimostrando una più che discreta capacità di adattamento al nuovo contesto economico internazionale, adattamento favorito anche dal combaciare di interessi con la Cina e la Nuova Via della Seta (BRI) che vede l’Asia Centrale quale tassello fondamentale dell’integrazione economica eurasiatica. Se Mosca riuscirà nel suo intento di sviluppare l’Unione Eurasiatica e creare un’economia più completa e meno dipendente dalle materie prime, potrà continuare a svolgere un ruolo estremamente importante in tutto lo scacchiere internazionale. In caso contrario vedrà il proprio margine di azione ridursi progressivamente a scapito di altri paesi.

 

D. B.

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