Carlo Freccero e Alessandro Di Battista - Assange, l'ultimo parresiasta

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Carlo Freccero e Alessandro Di Battista - Assange, l'ultimo parresiasta



di Carlo Freccero e Alessandro Di Battista - Il Blog di Beppe Grillo
 

Julian Assange è l’eroe dei nostri tempi. Come lui ce ne sono pochi altri: Edward Snowden, Chelsea Manning e tutta la platea degli hacker anonimi che combattono il sistema.


Ogni epoca ha i suoi eroi. Nel passato gli eroi uccidevano il drago, sbaragliavano con la loro forza le falange nemiche, si cimentavano in imprese fisiche impossibili. Ma anche allora la forza non era sufficiente. L’eroe, per essere tale, doveva combattere il male.


Che cos’è oggi il male? C’è un male ufficiale e un male reale. La propaganda capovolge il concetto di male, ma, per chi dissente, il male è la propaganda stessa. Nell’epoca del pensiero unico qualsiasi nefandezza diventa presentabile: guerre, sfruttamento, riduzione in schiavitù. La propaganda, con la sua neolingua, ce le presenterà come missione di pace, aiuti umanitari, soccorso agli ultimi. Tutto questo è il “bene” che il cittadino comune non può mettere in discussione, pena l’emarginazione sociale. C’è oggi, socialmente come il caso Assange ci insegna, un unico delitto veramente grave: mettere in discussione il pensiero unico. Ma per chi pensa che il pensiero unico sia il male, Assange è un eroe, perché del pensiero unico, ci mostra il lato segreto. Assange c’è riuscito facendo parlare gli interessati: i militari americani in Iraq che giocano a tirassegno con i civili, e si compiacciono della loro mira; Hillary Clinton la cui ambizione personale ha causato la distruzione dello Stato libico e il colpo di stato in Honduras. E’ l’autofalsificazione di una narrazione buonista che la propaganda non è in grado né di combattere né di recuperare, perché le testimonianze derivano dalla fonte stessa che si vorrebbe scagionare.


Non è Assange che denuncia il lato oscuro del potere che dovrebbe restare segreto. E’ il potere stesso, messo a nudo, che testimonia le sue nefandezze attraverso mail, documenti, filmati.


Assange pubblica i documenti dei potenti perché tutti possano sapere la verità. Il suo gesto è l’unico gesto possibile a favore della libertà di opinione. Se ancora esiste una parvenza di democrazia, le scelte democratiche non devono essere dettate dalla propaganda, ma dalla conoscenza oggettiva dei fatti. E i documenti di Assange non riguardano la sfera privata, la privacy, il gossip, ma scelte di proclamato interesse pubblico da cui il pubblico è regolarmente tagliato fuori, se non ingannato. Da tempo parole come giornalismo d’inchiesta, libertà di espressione, pensiero critico, non fanno più parte dei valori riconosciuti. L’unico valore riconosciuto è il valore economico. Non a caso da poco è passata in Europa una legge sul diritto d’autore che limita gravemente la libertà di comunicazione su internet. Non a caso Assange non è stato estradato ed arrestato per uso eccessivo della libertà di stampa, ma per furto di password riservata. Furto, delitto contro la proprietà, l’unico delitto riconosciuto in una società che ha cancellato tutti i valori o li conserva solo per giustificare il suo neocolonialismo.


La verità è potere, è cosa per le élites, interdetta al popolo. Come ci ricorda Varoufakis nel suo diario Adulti nella camera – tradotto in francese come Conversazioni tra adulti – la divisione della società tra popolo ed élites, fa della verità un obiettivo coscientemente negato al popolo in quanto immaturo, infantile, incapace di gestirla.


Come Prometeo ha rubato il fuoco agli dei per darlo agli uomini, così Assange ruba la verità alle élites per renderla pubblica.


Forse non tutti sanno che Assange ha studiato filosofia. Tutta la sua vita è un esempio che ci incita a combattere non solo per benefici economici concreti, ma per valori come dignità e verità.


Essere complici o solo indifferenti nei confronti di quel potere che ci nega la verità perché ci ritiene incapaci di intendere e di volere, ci spoglia della dignità di cittadini che la democrazia, prima di trasformarsi in neodemocrazia, riconosceva tutti.

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