Coronavirus, il danno collaterale che più preoccupa gli analisti economici

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Coronavirus, il danno collaterale che più preoccupa gli analisti economici


Di Giuseppe Masala
 

Uno dei danni collaterali causati dal coronavirus che più preoccupa gli analisti economici è la possibile rottura della cosiddetta catena globale del valore (Global Chain Value) sulla quale si fonda l'intero fenomeno della globalizzazione.

In parole povere con questo termine si intende individuare l'attuale modello economico che spezzetta la produzione di qualunque bene in una serie di sottolavorazioni che si svolgono in luoghi diversi a seconda della convenienze economica e che, alla fine, viene commercializzato dopo l'assemblaggio finale. Per fare un esempio, la catena globale del valore della produzione di automobili di una ipotetica casa automobilistica potrebbe vedere la produzione di motori in Cina, quella delle carrozzerie in Italia, quelli degli interni in Romania e l'assemblaggio finale e la commercializzazione in Germania. Tutto questo per abbattere i costi delle produzioni intermedie e dunque per avere un margine finale più alto.
 

L'attuale modello di produzione che si rifà a questa teoria vede nella Cina il suo attore principale. Infatti migliaia di aziende in tutto il mondo hanno delocalizzato, in tutto o in parte le loro produzioni, in questo paese fino al punto da trasformare l'Impero di Mezzo nella fabbrica del mondo.
Come è facile intuire l'eventuale blocco delle produzioni causata dalla necessità di contenere i focolai di contagio del coronavirus può portare alla rottura di questa che è, appunto, una vera e propria catena globale. Se salta il primo anello, rischia di saltare tutto il resto.
 

E' di ieri per esempio la notizia che la Fiat-Chrysler potrebbe interrompere la produzione in uno stabilimento europeo vista l'impossibilità di approvvigionarsi di componenti intermedie prodotte in Cina. Mentre la Toyota la Hyundai e la Kia hanno già annunciato il blocco delle loro produzioni per lo stesso motivo. Non va meglio se guardiamo al settore aeronautico: l'Airbus ha annunciato il fermo del suo stabilimento di Tianjin. E così neanche nel settore elettronico: la Samsung ha annunciato la difficoltà ad approvvigionarsi di componenti intermedie prodotte in Cina per i propri smartphone.
 

Insomma, il coronavirus oltre che un grave problema sanitario potrebbe trasformarsi (se già non si è trasformato) in un vero e proprio disastro economico che potrebbe cambiare il sistema di produzione che ci siamo dati con la globalizzazione. C'è chi già parla di de-globalizzazione e anzi, come nel caso del segretario al commercio americano Wilbur Ross vede il lato positivo: il blocco delle produzioni in Cina riporterà molti posti di lavoro negli Stati Uniti.
 

Ma che tristezza vedere uomini politici che sostanzialmente gioiscono per le disgrazie altrui. A maggior ragione quando si tratta di disgrazie di tipo sanitario.

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