In Siria, gli Usa, con la complicità delle milizie filocurde, saccheggiano 66.000 barili di petrolio al giorno

Un soldato statunitense a guardia dei giacimenti petroliferi nella provincia siriana di Hasaka, 13 febbraio 2021. (Foto: AFP)

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In Siria, gli Usa, con la complicità delle milizie filocurde, saccheggiano 66.000 barili di petrolio al giorno

 

Questa denuncia che può essere di parte, ma fino ad un certo punto, dovrebbe oggetto di lettura per coloro che ancora credono nel Rojava come L’Utopia che il mondo intero deve avere come esempio.

Ci piacerebbe che coloro i quali ci possono accusare di sostenere una tesi falsa, ci portassero dati, cifre che dimostrino il contrario.

Le milizie filocurde sono quelle che parano il sacco ai ladri statunitensi quando di tratta di rubare petrolio e grano, mentre i siriani ogni anno devono far fronte all’inverno bruciando i vestiti per riscaldarsi o quando arriva un po’ di greggio dall’Iran fare, affrontare, comunque un razionamento. Senza contare quanto sia importante avere idrocarburi per il funzionamento degli ospedali, uffici pubblici, industrie, trasporti e commercio.

Il 6 agosto il ministero siriano del commercio interno e della protezione dei consumatori ha dovuto aumentare il prezzo della benzina sovvenzionata, a causa anche delle turbolenze del mercato globale degli idrocarburi. Dunque, se ci saranno proteste, è facile sapere dove nascono. Sanzioni e furti di risorse sono l’arma degli Usa da sempre per provocare caos e disordine.

A tal proposito, proprio oggi, il ministro del petrolio siriano Bassam Tomeh ha dichiarato che durante la prima metà di quest'anno la produzione media di greggio è stata di oltre 80.000 barili al giorno (bpd), di cui 66.000 barili al giorno sono stati rubati dalle "forze di occupazione statunitensi" e dai loro alleati, le Forze democratiche siriane (SDF), la milizia curda che occupa i più importanti giacimenti petroliferi della Siria orientale.

Ha anche ricordato che, degli 80.000 barili al giorno totali prodotti, solo 14.200 barili vengono lavorati nelle raffinerie del paese arabo.

Tomeh ha precisato che i settori petrolifero e minerario siriano hanno subito danni collaterali a causa del conflitto che affligge il Paese dal marzo 2011. Ha aggiunto che le perdite dirette e indirette in questi settori finora dall'inizio della crisi sono state pari a 105 miliardi di dollari.

Prima della guerra gli idrocarburi rappresentavano una delle principali fonti di reddito per il paese levantino. Nel 2010 rappresentavano il 35% delle esportazioni e il 20% delle entrate del governo.

Nel conflitto con gruppi terroristici come Daesh-ISIS e al Nosra, sostenuti dall'Occidente e da alcuni paesi della regione, il cui obiettivo era rovesciare il governo di Bashar al-Assad, le infrastrutture energetiche siriane sono state gravemente danneggiate, a volte interrompendo la produzione.

Gli embarghi imposti dall'Occidente a Damasco hanno colpito anche il settore petrolifero siriano, costringendo le multinazionali a lasciare il Paese dilaniato dalla guerra.

Il governo siriano, che ha perso il controllo della maggior parte dei pozzi petroliferi del Paese, denuncia la presenza illegale degli Usa nelle zone ricche di petrolio e la considera una violazione assoluta della sua sovranità. Damasco assicura che utilizzerà il suo diritto per rispondere all'occupazione come ritiene opportuno e promette di recuperare presto tutti i territori siriani occupati.

 

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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