LA PIAGA DELLA SINISTRA INTELLETTUALE

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LA PIAGA DELLA SINISTRA INTELLETTUALE

 
Mai pensavo che sarei arrivato a dire ciò, proprio io, che all’età di diciassette anni ho scoperto inequivocabilmente di voler fare il professore universitario. Eppure, ne sono sempre più convinto, l’intellettualismo è la grande piaga della sinistra radicale.
 
L’intellettualismo è quella cosa che permette ai rosso-bruni di pensare che sia davvero possibile costruire un progetto politico conservatore nei valori e socialista sui temi economico-politici, o che non ci sia nulla di ridicolo ed eccessivo nel disquisire sul fatto che bisogna essere scettici sui vaccini perché sono prodotti da corporations, e se non sei scettico allora sei un pollo. Allo stesso tempo, l’intellettualismo è quella cosa che permette alla sinistra libertaria di credere che alla stragrande maggioranza delle persone possa fregare qualcosa delle battaglie sul linguaggio, sul fatto che dire “porca putt…” sia discriminiatorio e che dire “lavoro come un neg*ro” sia una forma di razzismo sistemico. L’intellettualismo, infine, è ciò che fa credere ai gruppetti pseudo-stalinisti di poter andare a parlare con gli operai che protestano perché in cassa integrazione a 0 ore circondandosi di bandiere rosse e falce e martello - con tutto il rispetto e l'affetto che nutro per quei simboli, sia chiaro.
 
Io non sono un anti-intellettualista. Ci mancherebbe. Sono estremamente favorevole a tutti i tipi di ragionamento e a qualunque tipo di esperimento intellettuale, per quanto paradossale. A patto che non si tenti di trasporre pari pari il ragionamento intellettualistico nella pratica politica. Chiederci se si possa pensare ad un socialismo conservatore oggi, così come chiederci che succede se portiamo una bandiera rossa ad un operaio che ha votato M5S, o ragionare sul linguaggio e le sue implicazioni, per me è importante. Perché si tratta di sfide mentali, che obbligano a ragionare e a sfidare i propri limiti e i preconcetti; e sfidarsi tramite pensieri nuovi, non convenzionali, complessi e paradossali è l’unico modo per crescere.
 
Ma ad una condizione. E la condizione è che si mantengano i piedi ben saldi nel mondo delle persone comuni e non iper-politicizzate. Ciò permette di lasciarsi sedurre dalle provocazioni intellettuali e dal ragionamento senza scambiare l’accademia e ciò che ne deriva per il campo della lotta politica. La politica vera si fa tra le persone comuni e ingaggiando un corpo a corpo col senso comune. Le microbolle sono delle importanti fucine di pensiero, ma fintanto che non riescono a incontrarsi, venendoci a patti, con la massa dei non politicizzati e col senso comune, non combinano una ceppa.
 
Il corpo a corpo con la realtà ineludibile della gente non iper-politicizzata permette di giocare con le idee provocatorie ed estreme della sinistra radicale senza finire per credere di poter trasporre in maniera lineare e diretta, senza compromessi e impurità, il ragionamento teorico, astratto, iper-razionalizzato, nella pratica politica. Non perché non sia giusto: semplicemente perché non funziona. Io ho la fortuna di aver sempre fatto politica in mezzo a gente “normale”, che mi ha obbligato a mitigare con un sano realismo e senso della misura il mio ego ipertrofico e il mio intellettualismo razionalizzante.
 
In fin dei conti, credo sia per questo che un partito grande, per quanto magari più moderato e compromesso, oggi sia meglio di una piccola cricca di duri e puri. Perchè tra le cricche di duri e puri si finisce, anche senza volerlo, a trattarsi come accademici che si fanno pelo e contropelo nelle peer-review: ogni mezza differenza è oggetto di dibattito e distinguo, in una perenne deformazione di ciò che è importante e ciò che non lo è, si perde la bussola. Non c’è spazio per l’amore e la pietà per le mille incoerenze che l’essere umano inevitabilmente ha. Ma come ci si può definire socialisti o comunisti se ti manca quel pezzo di contatto col suolo e il cuore dell’uomo?
 
Solo il contatto col suolo e il cuore dell'uomo può dare il senso della misura e dell'assurdo che permette all'intellettuale di poter fare politica per davvero, senza perdersi negli abissi creativi ma anche molto distorsivi della propria mente ipertrofica.
 
Grazie ad Andrea Bondioli per avermi supportato nel partorire questo pensiero che covavo da tempo. E grazie anche a Massimo Pace, Abdullahi Ahmed, Alessandra Dian e Irene Galletti che sono tra le persone che più di tutte mi hanno aiutato a capire nei fatti come si possa tenere assieme pensiero ed azione senza perdersi nei vaneggiamenti intellettuali.

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