La sovranità energetica. Rinnovabili: opportunità o minaccia?

La sovranità energetica. Rinnovabili: opportunità o minaccia?

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di Gandolfo Dominici*

 

La sovranità energetica – uno dei più antichi problemi dell’Italia moderna – è tornata di drammatica e tangibile evidenza a seguito del conflitto in Ucraina e della crisi dei rapporti con la Russia che ne è seguita.

 

Detta crisi, invero, era già stata ampiamente preceduta da speculazioni da parte delle (pochissime e per lo più statunitensi) multinazionali delle energie fossili volte a causare l’attuale impennata del costo dell'energia che ha aggravato la già preesistente stagflazione1 che – a sua volta - era stata causata dalla contrazione dei consumi, prima, e poi dai problemi nella catena di fornitura dovuti al lungo periodo di restrizioni attuate dai vari governi col pretesto della pandemia.

 

Il concatenarsi dei fatti appena citati ha comportato l’aggravarsi della atavica dipendenza del nostro Paese da fonti estere per l’approvvigionamento di materie prime energetiche. Tale dipendenza è tornata ad essere drammaticamente evidente per le tasche degli italiani, dando nuova evidenza all’italica mancanza di autonomia in campo energetico che – con innegabile evidenza – è il drammatico effetto di decenni di politiche errate, malpensate e peggio realizzate, che ci hanno portato a diminuire - se non abbandonare – (fra le altre cose) le estrazioni di idrocarburi in patria.

 

Per questo, ma non solo, la famigerata “transizione ecologica ancora tarda a farsi vedere, e gli interessi geopolitici che hanno impedito la sovranità energetica dell’Italia - per cui si era battuto il mai abbastanza compianto Enrico Mattei, fino ad essere assassinato – evidenziano come l’Italia - oggi – si trovi sull’orlo di un precipizio economico e sociale in cui sarà estremamente difficile non cadere.

 

Il forsennato varo delle molteplici e ingenue (o per meglio dire suicide) sanzioni boomerang attuate contro la Russia da parte delle “Colonie atlantiche” europee – con il Draghistan il prima linea – hanno già dimostrato la ampia miopia continentale (non casuale, a parere dello scrivente), aggravata dalla evidente - ma non senza colpevoli - mancanza di alcuna analisi preventiva del rapporto costo/benefici delle stesse né, tantomeno, di omologhe e doverose analisi intermedie prima del varo degli ulteriori pacchetti di sanzioni che, stolidamente, si sono susseguiti in questi mesi.

 

 

Nonostante tali premesse, rimane chiaro - tuttavia - come la cosiddetta “transizione ecologica” debba essere, oggi, considerata alla stregua di un imperativo categorico, ma questa non è priva di rischi.

 

 

 

Infatti, l’attuazione dei proclami del Draghistan, attraverso la affrettata ed isterica dismissione delle fonti energetiche fossili che sinora hanno assicurato una certa prosperità al Paese, attuata tagliando i ponti con i correlati fornitori (rectius: la Russia) senza la necessaria gradualità, si è già palesato alla stregua di un disastro, ma è importante comprendere come si tratti di un disastro annunciato (o a voler pensar male, un disastro voluto). Questa repentina e forzata transizione verso le rinnovabili – (anche) attraverso quel forzato cambio di fornitori – rischia di comportare una nuova sudditanza dell’Italia, e dei Paesi dell’UE in generale, nei confronti delle solite multinazionali tanto care alle lobby globaliste al potere.

 

Dei rischi della transizione “green” come pretesto per il controllo sociale ho già scritto nell’articolo “La vera genesi del "Green Pass" del Draghistan 2

 

Ciò ha comportato un forte incremento nel dissenso che gli oppositori del Draghistan associano al termine “sostenibilità”. Tuttavia, tali rischi non devono indurci a rifiutare a priori tutto ciò che possa rientrare sotto gli aggettivi green e sostenibile. Infatti, nel Draghistan - dove la guerra è pace e la sostenibilità è insostenibile - ad essere deprecabile non è la sostenibilità in sé, ma la distorsione applicata allo stesso termine perpetrata dal governo del Draghistan (come a quelli di salute, di pace, di libertà, di lavoro, etc.).

 

Parallelamente, sono sempre più frequenti - sui social - affermazioni del tipo: “la sostenibilità è l’adesione al verbo transumanista”. Un tale approccio manicheo, ove accettato, porterebbe (paradossalmente) ad affermare che i coltelli sono la “causa” degli omicidi, o che la salute è la causa delle restrizioni draconiane (o per meglio dire dragoniane).

 

Questo atteggiamento è sintomo di un grave errore logico che vede l’oggetto come la causa dell’azione del soggetto. Non è l’oggetto (il fuoco, il coltello, la tecnologia, etc.) il male per sé ma l’uso che se ne fa. Attribuire all’oggetto caratteristiche etico morali è - a mio parere - cadere nella trappola logico-concettuale che i nostri avversari hanno accuratamente preparato.

 

 

In termini reali - invece - la sostenibilità si basa su tre pilastri: economico, sociale ed ambientale. L’operato del Draghistan, e delle lobby globaliste da cui deriva è - dunque - tutto fuorché sostenibile.

 

Ciò nondimeno, la preoccupazione per il cattivo uso della transizione non deve causare immobilismo, o peggio ancora cieco conservatorismo dello status quo, che non farebbe altro che stringere il giogo del ricatto energetico che imbriglia il nostro paese e impedisce la sua sovranità da lunghissimo tempo.

 

La sovranità energetica, oggi, non può prescindere dallo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. L’era delle nuove energie, se correttamente gestita, può essere una occasione unica per ridefinire gli equilibri geopolitici verso un nuovo mondo sovranista e multipolare.

 

 

Nel merito, come è emerso dalla relazione del dott. Mario Pagliaro del CNR al convengo “Palermo Solare”, organizzato lo scorso mercoledì 1 Giugno all’interno del ciclo di seminari per promuovere la candidatura dell’Arch. Ciro Lomonte a sindaco di Palermo, molti pregiudizi sul fotovoltaico sono oggi superati dall’avanzamento delle nuove tecnologie3. Esaminiamo questi pregiudizi e le soluzioni possibili.

 

 

Possono le energie rinnovabili coprire il fabbisogno energetico?

 

Secondo un calcolo effettuato dall’ing. Alex Sorokin di Legambiente4 se lo sviluppo delle fonti rinnovabili fosse continuato con lo stesso tasso di crescita annuale medio del triennio 2010?2013, oggi l’Italia avrebbe visto ridotto il proprio fabbisogno di gas metano di 20 miliardi di metri cubi l’anno, riducendo le importazioni di gas del 70%. Una tale copertura del fabbisogno unita ad altre fonti sarebbe stata bastevole a garantire la sovranità energetica del Paese.

Sempre secondo i calcoli di Sorokin, infatti, per coprire l’intero fabbisogno energetico italiano (sommatoria di usi civili, industriali e trasporti) sarebbe sufficiente un corretto mix di rinnovabili. L’idroelettrico, può coprire il 10% del fabbisogno ed è una fonte rinnovabile programmabile, cioè capace di fornire stabilità alla rete elettrica quando manca il sole o non c’è vento; un'altra quota pari al 45% potrebbe essere coperto dall’energia solare, con una media di 20 metri quadri di pannelli fotovoltaici per ogni abitante; mentre il 40% del fabbisogno potrebbe derivare dall’energia eolica ed il rimanente 5% dalle biomasse, la geotermia e rifiuti5.

 

Gli impianti sono costosi e perdono rendimento?

 

I costi dell’installazione sono in forte diminuzione e, dati gli aumenti delle bollette medie, sono oggi più convenienti che mai, anche in assenza di incentivi. Un esempio è quello della Scuola “Maddalena di Canossa” di Catania, dove - nel Luglio 2020 - l’Associazione per il Risparmio e la Sostenibilità Energetica di Aci Castello, tramite il gruppo d’acquisto fotovoltaico residenziale “Progetto ErIC”, ha installato sul tetto dell’edificio un impianto fotovoltaico capace di generare circa 50 kW, l’impianto è stato abbinato a un pacco batterie al litio ferro fosfato da 20 kWh. I pannelli installati hanno una durata garantita per 25 anni, con una decrescita del rendimento lineare per una potenza nominale garantita pari ad almeno l’85% di quella iniziale dopo 25 anni. Le batterie al litio-ferrofosfato hanno una durata garantita di 10 anni - sono prive di cobalto e nickel - e permettono di utilizzare l’energia non utilizzata di giorno anche durante le ore notturne. Il ritorno dell’investimento con gli attuali costi è di pochi anni.

 

Servono materiali difficilmente reperibili?

 

La costruzione dei pannelli solari – nonostante le molte notizie contrarie - non richiede nessun materiale raro essendo costituiti prevalentemente di silicio, uno tra gli elementi più diffusi nel nostro pianeta.

 

Gli impianti fotovoltaici deturpano il paesaggio e il patrimonio architettonico?

 

La risposta a questa domanda, che in passato aveva molto senso, oggi è no! Dalle tegole fotovoltaiche alle installazioni su capannoni industriali o impiantati nelle discariche l’impatto dal punto di vista visivo e urbanistico è praticamente nullo.

Bisogna, infatti, considerare come la superficie cementificata nel nostro Paese copra circa 350 metri quadri per abitante, basterebbe quindi coprire tetti, capannoni, pensiline senza occupare nuovo suolo. Inoltre, anche per i terreni agricoli esistono - oggi - moduli solari flessibili che possono essere installati su terreni coltivati senza creare la competizione tra coltivazioni e pannelli solari, ma anzi coprendo il fabbisogno energetico delle aziende agricole e zootecniche.

 

Lo smaltimento è difficile e inquinante?

I componenti usati oggi nei nuovi pannelli sono modulari e convenientemente riciclabili secondo i dettami della cosiddetta “economia circolare”.

 

In sintesi non sussistono limiti oggettivi alla implementazione di un sistema energetico rinnovabile ma solo limiti politici.

 

La diffusione di questi impianti non è però priva di criticità.

 

Diversi studi sulla propensione all’installazione e all’utilizzo degli impianti fotovoltaici da parte di privati concordano nell’evidenziare come per gli utenti le principali preoccupazioni riguardino tre fattori:

 

la difficoltà di utilizzo e il calcolo dei vantaggi economici;

 

la manutenzione e lo smaltimento

 

l’incertezza delle normative sia di incentivazione che di autorizzazione.

 

Per ovviare al primo punto occorrono campagne informative diffuse per fare conoscere queste opportunità.

 

Per quanto concerne la manutenzione e lo smaltimento, occorre implementare un “servizio energia solare chiavi in mano” in cui ditte specializzate si occupino di fornire l’impianto ed il servizio di manutenzione e smaltimento. Ovviamente nel fare ciò - affinché questi servizi non vengano gestiti da multinazionali con il conseguente sfruttamento di manodopera locale - è necessario pensare e implementare norme che favoriscano le imprese nel territorio. Norme che devono essere chiare e certe per non scoraggiare lo sviluppo di questi sistemi energetici.

 

Una rilevante criticità, che invece evidenzia la necessità di un intervento statale, è quella relativa alla produzione della componentistica degli impianti fotovoltaici. Gran parte della produzione - infatti - avviene oggi in Cina e altri paesi asiatici. In Italia l’unica azienda che produce moduli fotovoltaici in quantità significativa appartiene all’ex azienda pubblica dell’elettricità – ENEL – e si trova in provincia di Catania. L’Italia, tuttavia, non produce però né silicio né celle solari (in maniera significativa). Occorre dunque ovviare a tale carenza per non cadere in una nuova dipendenza dalle importazioni e, data l’entità degli investimenti, ciò può essere possibile solo con l’intervento statale. Anche per il litio, necessario per le batterie, il problema principale è la mancanza di stabilimenti di produzione. Infatti per reperire le materie prime basta attraversare l’Adriatico per trovare in Serbia grandi giacimenti di jadarite, un minerale ricco di litio scoperto nei primi anni 2000 vicino il fiume Jadar, mentre il quarzo si può ottenere anche con gli scarti del riso, che sono ricchissimi di silicio, grazie ad una nuova tecnologia chimica che ne abbatte i costi di produzione del 90%. Il problema più grave è, invece, quello della carenza di stabilimenti di produzione di batterie. Anche questo risolvibile soltanto con un intervento dello stato per la costruzione di stabilimenti di produzione in Italia6.

 

Ovviamente, con il Draghistan globalista un tale intervento statale a favore di fabbriche italiane di componenti non è pensabile, motivo per cui la sovranità energetica non può prescindere da una svolta sovranista a livello politico sia Italiano che europeo.

 

Lo sviluppo in senso sovranista delle rinnovabili, oltre alla sovranità energetica, potrebbe creare molti posti di lavoro. Per dare un’idea - secondo un rapporto del JCR Europeo - nelle sole regioni carbonifere della Unione europea la transizione verso le rinnovabili creerebbe 350.000 nuovi posti di lavoro in più entro il 2030. Se consideriamo che in Italia il comparto estrattivo è molto meno sviluppato, e creando un sistema industriale di produzione di pannelli e di piccole imprese per la commercializzazione del servizio energia ai consumatori, l’impatto occupazionale sarebbe assai rilevante.

 

Tuttavia, la sostenibilità delle rinnovabili non riguarda unicamente l’aspetto “ecologico”, ma è relativa a tutti e tre i sopra citati pilastri della sostenibilità. Ovviamente, per ottenere la sostenibilità sociale ed economica la gestione della transizione non può essere lasciata in mano alle lobby di interesse multinazionali.

Siamo dunque a un bivio. La famigerata “transizione green” potrebbe essere una opportunità o una minaccia.

Potrebbe essere una nuova catena delle multinazionali alla nostra sovranità oppure al contrario l’occasione per liberarci dalla dipendenza energetica dall’estero. Affinché le energie rinnovabili possano essere una opportunità occorre dunque una svolta sovranista a livello politico, per liberare il Bel Paese dalle catene del globalismo.

 

 

 

 

 



1 - N.d.A.: È opportuno chiarire sinteticamente la differenza tra inflazione e stagflazione. La stagflazione è la crescita dei prezzi causata da un aumento dei costi dell’offerta (per varie cause) in presenza di una domanda in stagnazione e causa una recessione economica. La stagflazione si differenzia dall’inflazione classica – invece – quando la crescita dei prezzi può essere dovuta ad un aumento della domanda dunque, a una crescita economica repentina.

2 https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_vera_genesi_del_green_pass_del_draghistan/39602_43699/

4 - https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/no-al-ricatto-del-gas-appello-di-legambiente-al-governo/

5 - https://ilmanifesto.it/rinnovabili-la-sovranita-energetica-e-a-portata-di-mano

6 https://www.renovatio21.com/la-crisi-energetica-in-arrivo-intervista-al-professor-pagliaro/?amp=1


 

*Professore Associato di Business Systems e Marketing – Università di Palermo – esperto di Cibernetica Sociale – Editor in Chief della rivista scientifica Kybernetes – CV: https://gandolfodominici.it/

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