“No, voglio giocare”. La guerra dello Yemen negli occhi di un bambino

“No, voglio giocare”. La guerra dello Yemen negli occhi di un bambino

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La guerra in Yemen vista con gli occhi di un bambino, testimonianza raccolta da Ragheb Malli per Al-Manar .

Le strade sono scure. Anche il cielo lo è. Non credo di ricordare come fosse lo Yemen in pace. Baba ha detto che siamo fortunati a essere ancora vivi, ma non credo che ci si possa definire fortunati ad essere vivi solo per sopravvivere.

Taiz era la mia bellissima città. Pensavo di diventare un avvocato quando sarei stato più grande, ora vorrei solo provare a invecchiare. La mamma dice che dovrei essere grato di riuscire a mettere del cibo nella pancia, ma questo non è cibo. I miei genitori sono troppo magri, e anch’io.

Quelle che una volta erano le guance tonde e rosee della mamma ora sono scarne e piene di lacrime. Il sorriso di Baba è forzato.

Non so quale colpa abbiamo commesso; tutto quello che so è che stavo vivendo e giocando – lo giuro, non ho fatto nient’altro. C’è stato un attacco aereo non molto tempo fa vicino a noi, che ha ucciso molti parenti di Marwan. L’attacco aereo saudita è avvenuto nella notte, Baba ha detto che forse non se ne sono neanche accorti perché dormivano tutti. So che sta mentendo, i suoni dei loro aerei mi svegliano sempre.

Quello che non capisco è perché nessuno ci stia aiutando. Nessuno sta gridando ai sauditi di smetterla di lanciare  bombe. Nessuno sta gridando loro di lasciare in pace i nostri ospedali. Nessuno sta gridando loro di fermarsi.

Il silenzio assoluto mi ferisce più di quanto possano mai fare i cecchini. Ieri Zahra è venuta e mi ha chiesto se volevo giocare, la mamma mi ha afferrato la mano e ha urlato “Vuoi morire?” e io ho gridato di rimando: “No, voglio giocare”. Ha iniziato a piangere e io mi sono sentito male, ma non so più cosa ho detto.

Stamattina ho sentito la radio dire che un quarto di tutte le vittime nello Yemen sono bambini. La mamma dice che è un numero enorme per un popolo così piccolo, forse è che non siamo così bravi a nasconderci.

A volte cerco di dare un senso a questo disastro senza fine, ma non capisco come tanta sofferenza possa passare inosservata. Baba dice che molte persone stanno cercando di aiutarci, ma i sauditi lo impediscono, hanno bloccato le forniture agli ospedali e ora non tutti hanno accesso all’assistenza sanitaria.

Forse non vogliono farci stare meglio perché, come dice Baba, le persone hanno paura dei forti. Ma non hanno nulla di cui aver paura, io voglio solo vivere, diventare grande e mangiare il gelato in estate.

Ora sono preoccupato solo di dove prendere il grano perché il notiziario ha detto che gli aerei sauditi hanno bombardato i depositi di cereali al porto.

Quindi ora niente aiuti, niente provviste e niente cibo. Per queste ragioni le persone stanno già morendo, forse il nostro turno è il prossimo.

Ho perso la speranza, così come ho perso la maggior parte delle mie zie, zii, cugini e amici. Sto solo aspettando e pensando a quando e come accadrà. Forse moriremo insieme a casa sotto le bombe di un raid aereo, o forse finiremo il cibo.

Potrei calpestare una bomba o morire di una di quelle nuove malattie che si stanno diffondendo. In ogni caso, presto toccherà a noi: siamo vivi da troppo tempo, prego solo che non faccia male.

Prego che tra dieci anni lo Yemen abbia trovato la pace e che le persone possano tornare ad essere di nuovo paffute. Prego che le persone si battano per noi e ci proteggano.

Baba ha detto che se i popoli non faranno pressione sui loro governi, la guerra continuerà fino a quando non ci sarà più lo Yemen. Sbaglia, ci sarà uno Yemen, ma non ci sarà più nessuno ad abitarlo. Prego che un giorno, in una calda giornata estiva, possa stare di nuovo all’aperto a mangiare il gelato senza che la mamma pianga.

 

La guerra in Yemen è iniziata nel 2015. Da allora l’Arabia Saudita guida una coalizione internazionale (che comprende anche gli Stati Uniti) per riprendere il controllo del Paese, conteso ai ribelli Houti, supportati dall’Iran.

Biden ne ha chiesto le fine e ha ritirato l’appoggio diretto ai sauditi  (ma gli Usa continuano a vendere armi agli Emirati Arabi Uniti, che bombardano il Paese, come da denuncia Onu). Ha anche avviato un’iniziativa diplomatica per raggiungere la pace, ma ad oggi non ha fatto passi avanti (al Monitor).

A novembre del 2020 erano circa 20mila i morti accertati, ma molte di più sono le vittime  causate da stenti e malattie, dato che si tratta di uno dei Paesi più poveri del mondo, situazione tragica che la guerra, il blocco degli aiuti e tanto altro, ha portato al parossismo.

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