Pace nel Corno d'Africa. Ma Lia Quartapelle non si arrende...
In tempo di pace nel Corno d’Africa l’Onorevole Lia Quartapelle, Deputata Pd Commissione Esteri, scrive: “…garantire il riconoscimento del diritto di asilo in Italia ai cittadini eritrei che ne fanno richiesta”
Una dichiarazione del tutto opposta allo spirito costruttivo e al giusto approccio della viceministra agli Esteri Emanuela Del Re che a dicembre si è recata in Eritrea per incontrare il Presidente Isaias Afewerki. Questa lodevole iniziativa ha infuso in noi eritrei una grande fiducia per il futuro. Ma ecco che puntuale arriva l’elemento di disturbo: la risoluzione dell’Onorevole Lia Quartapelle che, oltre ad essere fuoriluogo, è anche datata, vecchia di 16 anni e soprattutto disonesta poiché non vuole risolvere i veri problemi dell’Eritrea fortemente presa di mira negli ultimi anni. Questa risoluzione è di parte poiché entra a gamba tesa nel conflitto tra Etiopia ed Eritrea. Questa risoluzione sorvola sulla controparte Etiopia che è stata l’artefice di uno stato di né guerra né pace durato 18 anni.
Testo presentato Martedì 30 ottobre 2018 (7-00091) Lunedì 10 dicembre 2018, seduta n. 98 Atto Camera Risoluzione in commissione 7-00091 presentato da Quartapelle Procopio Lia «Quartapelle Procopio, Migliore, Rosato, Braga, Fassino, Scalfarotto, La Marca».
Le Commissioni I e III, premesso che: nel 1993, dopo decenni di guerre, l'Eritrea diventava indipendente con un referendum svoltosi sotto l'egida dell'ONU e vedeva instaurarsi come presidente Isaias Afewerki, riconosciuto dalla comunità internazionale «un presidente-padrone»;
Trovo l’affermazione “un presidente-padrone” estremamente infelice. Per gli eritrei Isayas Afewerki è considerato un leader illuminato, colui che ha passato i suoi anni giovanili a combattere per l’indipendenza dell’Eritrea e, una volta liberata, l’ha guidata nei suoi anni difficili facendone rispettare la sua sovranità messa sotto attacco dall’Etiopia di Meles Zenawi e da alcuni Stati occidentali.
‘…nonostante l'indipendenza, si registrano ancora per tutti gli anni Novanta, conflitti, prima con lo Yemen e poi con lo storico avversario Etiopia per una questione legata ai confini. Fino al 2000 quando viene negoziato un accordo di pace ad Algeri, dopo 42 anni di guerre, lotte armate, devastazioni, rimasta però «lettera morta»’;
Nei 16 anni che sono seguiti agli accordi di Algeri l’Etiopia non ha mai accettato il verdetto finale e vincolante della Commissione Confini (EEBC) e ha continuato ad occupare militarmente i territori eritrei. Ad Aprile del 2018, invece, il nuovo premier Abiy Ahmed ha accettato il verdetto finale, mettendo in pratica quanto la stessa commissione internazionale sui confini aveva deciso nel 2002.
‘…l'8 luglio 2018, i leader dell'Etiopia, Abiy Ahmed Ali, e dell'Eritrea, Isaias Afewerki, hanno firmato a Gedda, in Arabia Saudita, un nuovo trattato di pace, con la mediazione del Paese ospitante, dell'Onu, rappresentato dal segretario generale Antonio Guterres, dell'Unione africana e degli Emirati arabi uniti, ponendo fine ad una stagione di guerra durata 20 anni; nel 2009 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sanziona l'Eritrea con l'accusa di sostenere i fondamentalisti somali di Al Shaabab: il pacchetto delle sanzioni prevede l'embargo sulla vendita di armi e di qualsiasi equipaggiamento militare e il blocco delle risorse finanziarie dell'Eritrea all'estero; secondo alcune dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa da esponenti delle forze di Governo, il nostro paese, insieme alla Russia, vorrebbe sostenere la fine delle sanzioni all'Eritrea da parte dell'Onu’;
Il 14 novembre 2018, ad unanimità, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha cancellato le due sanzioni all’Eritrea comminate nel 2009 e nel 2011 durante l’Amministrazione Obama, cosi come da lui stesso dichiarato al Clinton Global Initiative: “Recentemente ho rinnovato le sanzioni su alcuni dei paesi più tirannici tra cui… l’Eritrea, collaboriamo con i gruppi che aiutano le donne e i bambini a scappare dalle mani dei loro aguzzini, stiamo aiutando altri paesi ad intensificare i loro sforzi e vediamo già dei risultati”.
Annullando quelle sanzioni le Nazioni Unite hanno ammesso di aver sbagliato il loro giudizio. Infatti il 15 dicembre 2018 è stato il giorno della fine del mandato del SEMG (Somalia Eritrea Monitoring Group) che dopo nove lunghissimi anni non è riuscito a dimostrare alcun coinvolgimento dell’Eritrea nel finanziamento al Gruppo terroristico degli Al-Shabaab somali.
‘…il Governo eritreo è stato accusato di repressione e di impedire lo sviluppo della democrazia: le elezioni politiche che, secondo gli accordi Onu, avrebbero dovuto tenersi nel 2001 non sono mai avvenute; approfittando della condizione di stato d'emergenza che perdura da circa 20 anni, il presidente Isaias Afewerki ha instaurato nel suo Paese una vera dittatura, con violazioni dei diritti umani denunciate da organizzazioni umanitarie per ben due volte, nel 2015 e nel 2016, dalla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha sospeso la Costituzione, chiuso la stampa libera e imprigionato migliaia di oppositori;’
La relazione della Commissione d’inchiesta (COIE1) presentata il 1 luglio 2016 e le sue raccomandazioni non sono state accolte dal Consiglio dei Diritti Umani e il COIE viene prosciolto. Mentre la Special Rapporteur sui diritti umani in Eritrea, la signora Sheila Keetharuth (ex Amnesty International), è stata dimessa dal suo incarico il 30 ottobre 2018, ultimo giorno del suo mandato. Il suo rapporto sulle violazioni dei diritti umani in Eritrea non ha avuto credibilità in quanto considerato esagerato e simile alle inchieste del COIE.
‘…nel 2011, quando tutto il Corno d'Africa è stato interessato da una severa crisi alimentare, l'Eritrea, ha rifiutato gli aiuti, e sempre negato la crisi. Il servizio militare è obbligatorio nel Paese per tutti gli uomini e le donne dai 17 anni in poi, a tempo indeterminato; nessuno può avere un passaporto prima dei 60 anni per questo motivo; la popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e lo stipendio medio è di circa 10 euro al mese;’
L’Eritrea ha scelto un legittimo modello di sviluppo che è quello del self-reliance, l’autosufficienza, senza aspettare gli aiuti umanitari occidentali poiché convinta, per esperienza diretta, che in mezzo secolo i cosiddetti aiuti non abbiano mai risolto il problema della fame in Africa. Così, negli ultimi vent’anni ha costruito centinaia di dighe per conservare la poca acqua stagionale e sviluppare il settore agricolo proprio per raggiungere l’ottavo ed ultimo Obiettivo del Millennio (MDG) che è quello della sicurezza alimentare. Raggiungere questi obiettivi delle Nazioni Unite (acqua, salute, istruzione) sono la miglior risposta ai diritti umani che l’Eritrea possa offrire agli eritrei. Nonostante tutte le difficoltà dovute alle sanzioni, alla situazione di no pace no guerra e nonostante anche il fenomeno climatico conosciuto come El Nino, che ha imperversato nel Corno d’Africa negli ultimi anni seminando morte, l’Eritrea ha rifiutato gli aiuti umanitari perché consapevole delle sue risorse, sufficienti per il sostentamento del suo popolo. Infatti in Eritrea nessuno muore di fame nonostante l’assenza di aiuti umanitari. E anche la mortalità infantile è stata pressoché azzerata.2
‘…il rapporto «Service For Life: State Repression and Indefinite Conscription in Eritrea» prodotto da Human Rights Watch nel 2009 ha documentato gravi violazioni dei diritti umani da parte del Governo eritreo, tra le quali arresti arbitrari, tortura, terrificanti condizioni detentive, lavoro forzato e severe restrizioni alle libertà di movimento, di espressione e di culto; in un recente rapporto Amnesty International ha denunciato che il Governo eritreo ha sistematicamente utilizzato arresti arbitrari e detenzioni senza processo. Si stima che nel Paese ci siano più di 200 strutture di detenzione che gli ex detenuti hanno descritto come un «inferno», sotto minaccia quotidiana di percosse, punizioni, pochissimo cibo e condizioni igienico-sanitarie al limite. Inoltre, migliaia di prigionieri in Eritrea non riescono ad avere alcun contatto con la famiglia che spesso non sa se sono vivi o morti;’
Usare come fonti Amnesty International o Human Right Watch oramai non serve a nulla, entrambe le multinazionali dei “diritti umani” sono state molto attive nella strategia del “regime change” che ha destabilizzato il sud del mondo. Nel 2011 all’aeroporto di Asmara sono state fermate due donne, agenti di Amnesty International, che tentavano di entrare in Eritrea travestite da religiose per promuovervi la primavera araba. In concomitanza alcuni mercenari di varie nazionalità erano approdati con imbarcazioni da turismo nel porto di Massawa e avevano nascosto in un’isola armi sofisticate per programmare attentati in occasione della festa di liberazione della città di Massawa. In merito a questo e ad altro ci sono video e documenti originali già ampiamente pubblicati sul web che svelano i finanziamenti di George Soros per promuovere la propaganda immigrazionista.
‘…anche coloro che riescono a fuggire in altri Paesi come Libia, Sudan, Egitto ed Italia continuano a subire minacce e ricatti. Il Governo eritreo ha infatti deciso di tassare, con la «diaspora taxation» tutti i redditi ottenuti all'estero dai propri cittadini per un valore pari al 2 per cento di quanto guadagnato, indipendentemente da quanto i cittadini eritrei versino in termini di imposte nel Paese in cui il reddito è prodotto o dall'esistenza di accordi sulla doppia imposizione.’
Gli eritrei, per consuetudine, pagano già dai tempi della Lotta di Liberazione degli anni 70, che poi per volontà degli stessi è diventata la Rehabilitation Tax, un piccolo contributo pari al 2% del proprio stipendio per sostenere la filosofia del self-reliance. Il Paese viene aiutato a svilupparsi poiché quei soldi vanno anche all’istruzione che in Eritrea è importantissima e gratuita dall’asilo fino al College. Noi eritrei sappiamo come vengono spesi i pochi soldi che diamo al nostro Paese consapevoli che anche chi è rimasto a casa contribuisca col proprio sudore e sacrificio alla costruzione di dighe e cliniche.
‘…impegnano il Governo: a continuare a seguire con attenzione la situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Eritrea, anche a livello multilaterale, in particolare in ambito Onu, e ad attivarsi, anche in sede di rapporti bilaterali, per favorire la promozione e la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Eritrea, in particolare adottando iniziative per:’
In questi ultimi anni gli eritrei della diaspora hanno lottato con tutte le loro forze manifestando fuori dai cancelli delle Nazione Unite proprio per chiedere quei diritti umani negatigli dagli Stati occidentali. Hanno manifestato contro le ingiustizie delle sanzioni e contro i militari etiopici che occupavano i territori eritrei mentre facevano anche raid e incursioni per provocare il conflitto. Alla fine la verità è venuta a galla e con essa un po’ di giustizia che servirà per ricominciare a ricostruire il Paese. Finalmente c’è la PACE!
Lei si ostina a non capire che tutta la migrazione dall’Eritrea è stata architettata oltreoceano con la complicità dell’Unione Europea e di Meles Zenawi con l’obiettivo di svuotare il Paese e fare regime change. Soprattutto l’Amministrazione del Presidente Obama, fondazioni come la Open Society Foundations di Soros, varie Ong internazionali e i mainstream media sono stati i principali artefici di questo esodo che ha attratto anche chi eritreo non era. La migrazione è stata la loro guerra contro l’Eritrea. Anche il suo partito ha aderito a questo errore politico scegliendo di accogliere ad oltranza. E oggi, invece di attivarsi affinché il cammino della pace prosegua senza ostacoli, lei ed il suo partito volete fare rewind e accogliere altri migranti, quei 30/50 milioni che servirebbero all’Europa spesso ripetuto a cantilena dai membri del PD.
Non c’è bisogno di fare lezioni di buona politica alle altre Nazioni On. Quartapelle, il suo è un partito che il 4 marzo ha perso le elezioni per un fallimento politico, che ha puntato sull’accoglienza tout court i cui risultati disastrosi sono stati visibili a tutti. La finisca di farci la morale dall’alto della sua cattedra sulla nostra politica interna, sulla nostra dignità, sul nostro modo di essere e di agire, sul nostro legittimo diritto di scegliere e di seguire una linea politica indipendente, la smetta di accusarci unilateralmente ignorando le vere cause che hanno provocato il fenomeno migratorio. Non ci è di nessun aiuto, serve solo a fare confusione.
‘a) caldeggiare l'attuazione della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;
b) rappresentare all'Eritrea l'urgenza di modificare la legge sulla coscrizione obbligatoria;
c) consentire l'accesso nel Paese del Relatore speciale del Consiglio diritti umani e stabilendo con lo stesso una proficua collaborazione;
d) adottare misure per garantire il diritto di proprietà conformemente agli standard internazionali in materia; a sostenere, attraverso gli strumenti della cooperazione, progetti che aiutino le comunità civili eritree nei Paesi confinanti e in Eritrea stessa; ad adottare iniziative per garantire il riconoscimento del diritto di asilo in Italia ai cittadini eritrei che ne fanno richiesta fintanto che non vengano garantite le libertà civili e non venga abolita la coscrizione militare obbligatoria nel Paese.’
L’Eritrea sta uscendo da anni di bastoni fra le ruote, di diffamazioni, di ricatti, di sanzioni e di guerra. Che cosa deve fare un paese di 5 milioni di persone militarmente assediato da un gigante che ne ha oltre 100.000 armato fino ai denti e addestrato da AFRICOM? Noi abbiamo scelto di stare in guardia, e così per 18 lunghissimi anni. Non eravamo nelle condizioni, purtroppo, di servire il nostro Paese come da standard internazionale per soli 18 mesi. Ma lei non si dia pena per le nostre sorti, noi siamo fiduciosi che la pace porterà un bel cambiamento in tutto il Corno d’Africa. Saremo noi eritrei a dover ricostruire il nostro Paese, la sua economia e le sue infrastrutture, a creare lavoro per i nostri giovani, primo diritto umano fondamentale per farli rimanere a casa. Adesso dobbiamo correre per recuperare il tempo perduto, ma soprattutto dobbiamo fare grossi sforzi per mantenere la pace. E abbiamo bisogno di partners occidentali che ci incoraggino nel processo di pace con investimenti, knowhow ed amicizia. Gli italiani si stanno rendendo conto che partecipare a questo cambiamento epocale può dar loro maggiori sicurezze e guadagni ed è per questo che dopo la visita in Eritrea del Premier Giuseppe Conte è seguita quella della viceministra agli Esteri Emanuela del Re con al seguito un’ottantina di imprenditori italiani. Entrambi sono stati ben accolti in Eritrea e lo stesso onore sarebbe toccato anche a lei Onorevole se solo avesse accettato l’invito a recarsi in Eritrea fattole personalmente anche da me. Lei ha preferito declinare l’invito ed ha partecipato a varie iniziative anti eritree avendo incontri col gruppo di pseudo opposizione chiamato, guarda caso, “Eritrea democratica”.
Ora lei, con questa risoluzione, sta mettendo i bastoni tra le ruote al processo di pace continuando a sbagliare sull’Eritrea, come negli anni passati ha fatto il suo partito che era intento solo ad “accogliere rifugiati”. Non servono più gli urlatori dei diritti umani che ancora accusano e puntano il dito contro l’Eritrea, i buonisti dell’accoglienza che vogliono continuare imperterriti con questa immigrazione selvaggia, ora non servono tutti questi paladini dei diritti umani dell’immigrazione. Basta con questo pull factor all’immigrazione! Oramai, abbiamo superato la drammatica fase del decennio di menzogne e demonizzazioni per secondi fini. Non ha funzionato e mai funzionerà. L’Eritrea è sopravvissuta e continuerà a progredire grazie ai suoi figli e all’aiuto esterno di chi voglia sinceramente aiutare. Ora occorrerà lavorare in pace senza pregiudizi.
Daniel Wedi Korbaria, scrittore eritreo, ha pubblicato diversi articoli in italiano poi tradotti in inglese, francese, tedesco e norvegese.
1 http://www.madote.com/2017/06/the-mandate-of-un-coi-on-eritrea-was.html
2 Progress of Children in Eritrea: Some Salient Points (21 November 2018) Ministry of Labor and Social Welfare http://www.shabait.com/categoryblog/27453-progress-of-children-in-eritrea-some-salient-points-