Blackout Venezuela: gli Stati Uniti e la Guerra delle Tenebre

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Piccole Note
 

Nuova escalation in Venezuela causata dall’arrivo di un centinaio di russi, giunti la scorsa settimana. Trump ha dichiarato che se ne devono andare, seguito dal Parlamento guidato dall’autoproclamato presidente venezuelano Juan Guaidò, che lo ha seguito a ruota.


I blackout venezuelani


Si rilancia dunque la disfida tra Usa e Russia sul Venezuela, potenze capofila di una contesa globale sulle sorti del Paese, che vede mezzo mondo sostenere il presidente Nicolás Maduro e l’altra metà Guaidò.


Bizzarro che l’arrivo di un piccolo gruppo di russi sortisca questo effetto. O forse no, se si tiene presente la situazione. Il Venezuela si era appena ripreso dallo shock di un blackout che aveva oscurato l’intero Paese per alcuni giorni, che subito è ripiombato nel buio.


I media ostili a Maduro attribuiscono i ripetuti blackout al caudillo, che avendo prosciugato le ricchezze del Paese non riesce più a sostenerne le infrastrutture vitali.


Accuse seguite da descrizioni da film horror: gente affamata che vaga nelle tenebre, cibo che va a male, ammalati senza cure che muoiono e via dicendo.


Cose tutte vere, purtroppo. Alle quali si aggiunge il fatto che anche i commerci sono bloccati, in particolare quello del petroliovitale per il Paese.


Il governo di Caracas accusa gli Stati Uniti e i loro clienti venezuelani, guidati da Guaidò, di sabotaggio. Le principali centrali elettriche del Paese sarebbero state attaccate.


La foto in alto riguarda l’incendio che ha messo in ginocchio la centrale idroelettrica di Guri, causa del nuovo blackout.


Invece la centrale idroelettrica Simon Bolivar, epicentro del blackout precedente, sarebbe stata hackerata. Secondo Caracas gli Stati Uniti vogliono far sprofondare il Paese nel caos per vincere la partita.


Gli specialisti russi


Che c’entra la controversia sulle responsabilità dei blackout con quella dei russi arrivati in Venezuela? E perché l’arrivo di un centinaio di russi ha scatenato un tale putiferio?


La risposta sta forse nelle pieghe del lancio dell’agenzia Reuters, in cui si legge: “Gli Stati Uniti ritengono che gli aerei trasportassero ‘personale specializzato in sicurezza informatica‘”.


Cenno confermato, per implicito, dall’Agenzia cinese Xinhua, che definisce i nuovi arrivati degli “specialisti”.


Perché Mosca ha inviato a un Paese al collasso economico, oltre che aiuti umanitari, anche degli esperti in sicurezza informatica?


Se il problema era la gestione e il controllo delle infrastrutture avrebbe dovuto mandare ingegneri et similia.


Se invece ha inviato esperti in sicurezza informatica è evidente che intende difendere le infrastrutture da attacchi hacker, quelli ad esempio denunciati da Maduro per la centrale Simon Bolivar. Così l’indiscrezione della Reuters conferma indirettamente le accuse di Maduro.


Già provato da una gestione del potere non inappuntabile, massacrato da sanzioni che hanno defraudato il governo e i venezuelani di fondi indispensabili per affrontare una crisi senza precedenti, i nemici di Caracas puntavano sulle armi di distruzione informatica di massa per ottenere l’agognato regime change, dato che ad oggi l’opzione di un intervento militare presenta variabili ad alto rischio (vedi Piccolenote).


L’arrivo di “specialisti” russi va dunque a contrastare la nuova strategia. Una strategia perseguita nonostante Washington sia consapevole delle sofferenze che causa alla popolazione civile che dice di voler salvare da Maduro (vedi
nota  1).


Così la guerra delle “tenebre” rischia di essere vanificata dall’arrivo dei russi. Da qui il nuovo nervosismo dell’amministrazione Usa e dei suoi fedelissimi venezuelani.

 


Nota (1). Motivazione, questa, analoga a quella usata per l’intervento in Afghanistan (da salvare dai talebani), in Iraq (da salvare da Saddam), in Libia (da salvare da Gheddafi), in Siria (da salvare da Assad)… 

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