Così il conflitto ucraino può provocare lo scoppio della terza guerra mondiale

Così il conflitto ucraino può provocare lo scoppio della terza guerra mondiale

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di Eugenio Cipolla

 
Che la guerra che tutti definiscono “fredda” tra Russia e occidente stia per diventare “calda”, lo si è capito abbastanza bene nelle ultime settimane. Tra articoli allarmistici (vedi il Corriere della Sera l’altro giorno), scontri diplomatici e accuse di ingerenza, la situazione si è fatta a dir poco incandescente. E le voci e i timori circa la possibilità di una nuova guerra mondiale tra i due poli è sono diventate così travolgenti che in molti hanno dimenticato come lo scoppio di un nuovo conflitto potrebbe avvenire dove osservatori e analisti meno se lo aspettano: in Ucraina. 

La situazione in Donbass, nonostante il sipario dei media sia calato da un pezzo, continua a rimanere critica. L’annullamento della visita di Vladimir Putin a Parigi, dove il 19 ottobre avrebbe dovuto incontrare Francois Hollande, Angela Merkel e Petro Poroshenko, assieme al fallimento della nuova tregua siglata a Minsk a fine settembre, e che prevedeva il ritiro delle truppe di entrambi gli schieramenti dalle linee del fronte, sono sintomatici di come la situazione sia destinata a peggiorare. Esercito regolare e separatisti continuano gli attacchi militari. Negli ultimi giorni la zona di Kominternovo, 30 km nord-est di Mariupol, è stata al centro di un botta e risposta a colpi di mortaio. Le parti ovviamente si accusano a vicenda e i separatisti hanno denunciato di aver ucciso addirittura 15 mercenari stranieri che combattevano per l’esercito di Kiev. 

Per capire come il conflitto ucraino rischi di produrre un nuovo conflitto mondiale, è interessante leggere l’opinione di Pavel Felgengauer, analista militare indipendente russo, che al magazine The Interpreter ha chiaramente detto che nei prossimi mesi le attenzioni di Russia e occidente torneranno a concentrarsi sull’Ucraina, la “terra di mezzo” che da due anni e mezzo è teatro delle mire espansionistiche della NATO. E’ lì che Putin, il quale non ha mai mandato giù il rovesciamento del potere a stelle e strisce perpetrato attraverso Maidan, vuole dirigere le sue forze e sferzare un colpo di coda che sblocchi una situazione da troppo tempo in stallo. Ci vorranno probabilmente mesi, ma le grandi manovre all’interno dell’esercito russo dimostrano che nulla è lasciato al caso. 

Attualmente il comparto militare di Mosca sta riorganizzando le sue forze. Il generale Valery Gerasimov, capo dello Stato Maggiore russo, ha affermato che “i gruppi dei battaglioni tattici in questi mesi autunnali saranno nettamente aumentati da 66 a 96. Nel corso del 2017 si salirà a 115 e nel 2015 a 125, il doppio rispetto a ora”. Forze e uomini che paragonati ai soli 4 gruppi della NATO presenti in Polonia e nei paesi baltici farebbero impallidire chiunque. Questa differenza secondo Felgengauer creerà una situazione “in cui il rapporto tra le forze sarà di due a uno o addirittura tre a uno”. 

L’obiettivo primario della Russia “è infatti quello di non consentire l’integrazione euro-atlantica dell’Ucraina”, considerata dagli strateghi del Cremlino ancora come il giardino di casa propria o, al massimo, come una zona cuscinetto tra gli interessi russi e quelli occidentali. Ad ogni modo, è molto improbabile, al contrario di quanto pensano molti, che il prossimo nodo della contesa riguardi la città portuale di Mariupol, pezzo “pregiato” della geografia ucraina e sbocco prezioso sul mar Nero. “Un assedio a quella città sarebbe lungo, difficile e sanguinoso, perché Kiev ha già un piano di difesa”. E’ Odessa la città che potrebbe presto passare sotto l’influenza russa. La sua “liberazione”, secondo Felgengauer, innescherebbe una esplosione patriottica capace di ripetere quanto successo in Crimea. Odessa è considerata da sempre, almeno a Mosca e dintorni, come una città da sempre russa e la sua conquista potrebbe consentire a Putin di creare un collegamento con la Transnistria ed estendere la sua influenza sulla regione. Questo però potrebbe scatenare la reazione violenta dell'occidente, che a quel punto troverebbe la scusa per entrare direttamente nel conflitto, scatenando il peggio.

Il mese clou, dunque, sarà a gennaio. Non solo perché a quel punto già si saprà chi è il nuovo presidente degli Usa e quali saranno le sue intenzioni (Hillary Clinton l’altro giorno ha definito a sorpresa Vladimir Putin “un interlocutore sempre interessante”). Il timing lo ha fissato qualche giorno fa il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che fatto notare ai diplomatici occidentali come ci sia un breve periodo per aprire nuovamente una finestra e parlare di Ucraina, sottolineando al tempo stesso come non possa rimanere aperto per sempre. Anche perché le cose nei rapporti con l’occidente non sono andate mai così male e i diplomatici russi hanno capito di non aver nulla da perdere.

 

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