La Germania dovrebbe uscire dall’euro per salvare l’Unione europea. Roland Berger

La Germania dovrebbe uscire dall’euro per salvare l’Unione europea. Roland Berger

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In un’intervista al Corriere.it, il consulente finanziario di Angela Merkel, Roland Berger, ha ribadito un’idea già espressa nel corso di un’intervista al quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt: la Germania deve abbandonare l'unione monetaria per non mettere a repentaglio la stabilità dell’Unione europea. 

Secondo Berger:

“il mondo delle imprese in Germania era abituato, durante il marco, a rivalutazioni costanti, dunque investiva per guadagnare produttività. Adesso questa esigenza di investire per guadagnare competitività è scomparsa. L’attuale tasso di cambio non è tale da aiutare la Germania. Aiuta il nostro export, ma superficialmente, perché scoraggia investimenti e aumenti di produttività. La Germania è un animale diverso, non è simile agli altri membri dell’area euro. Ci sarebbe molta più armonia se la Germania fosse fuori e i Paesi latini inclusa la Francia restassero nell’euro”.


“In termini pratici la Germania non uscirà mai o almeno non nei prossimi cinque anni, prima che venga un’altra crisi. Non lo farà per ragioni politiche e storiche, e perché parte della nostra classe politica pensa ancora che la UE e la zona euro siano la stessa cosa. Non è così. Dobbiamo fare tutto per mantenere la UE come entità – Brexit è un disastro – dunque dovremmo fare di tutto per questo. Ma l’euro ha realmente portato a una divisione in Europa. Quindi, nel peggiore dei casi, dovremmo magari rinunciare all’euro ma fare di tutto per tenere l’Unione europea con le sue quattro libertà, il mercato interno, Schengen e tutti i benefici che ne abbiamo”.

Per quanto riguarda l'euro, Berger confessa al Corriere di essere stato scettico sula moneta unica prima della sua introduzione. "L’euro è un fallimento. È molto chiaro, l’euro è partito sulla base di tre presupposti sbagliati. Uno era che il tasso di cambio all’ingresso avrebbe garantito che la competitività dei diversi stati membri si sarebbe aggiustata, cosa che se mai è avvenuta, non è certo durata molto. Secondo: le fondamenta della moneta sono state costruite sul trattato di Maastricht e il trattato è stato violato più di 165 volte dall’introduzione dell’euro. Terzo: c’era l’ipotesi che ci sarebbe stata almeno una politica fiscale e economica nell’area euro che a un certo punto avrebbe portato a risultati coordinati. Ma la realtà ora è che abbiamo stati membri con gradi di competitività molto diversa. In particolare se si guarda al cosiddetto mondo meridionale o latino, c’è una percezione politica del tutto diversa. Per questi paesi la crescita attraverso il finanziamento con il debito è quasi la regola, se posso dire così".

Sull'Italia.

“La produttività è un disastro. Credo che tutta la UE sia un grande risultato politico, il migliore al mondo dopo le catastrofi nella prima parte del secolo scorso. La ragione principale per mantenerla è politica e ha aiutato molto anche economicamente. Non potremo mai avere gli Stati Uniti d’Europa perché i paesi sono troppo diversi per lingua, cultura, eccetera. Ma la Ue può fare ancora tante cose in comune, come le politiche di difesa o di sicurezza o magari una politica energetica, della digitalizzazione ed altro. L’Italia è uno dei fondatori e deve rimanere nella Ue e forse anche nell’area euro. Il problema dell’Italia decisamente non è la classe imprenditoriale, che è eccellente. Ho dei dubbi sulle imprese pubbliche o vicine allo Stato, ma le imprese private di tutte le dimensioni sono grandiose e molto competitive sul piano internazionale, come si vede nei numeri. I problemi principali dell’Italia per me sono l’infrastruttura burocratica, la giustizia che funziona male, e un governo che finora si è dimostrato incapace di fare riforme o di farle al momento giusto. Perché se arrivi tardi sei comunque indietro. Se quello che dico è vero, un turnaround è possibile. Il problema non ha niente a che vedere con la moneta, con l’essere parte della Ue. Sono stato parte di molte joint venture e collaborazioni italo-tedesche e hanno sempre funzionato bene. Non credo che l’Italia abbia un problema economico di per sé. Certo ha il problema strutturale della divisione nord-sud. Anche noi tedeschi dopo l’unificazione tedesca temevamo qualcosa di simile. L’abbiamo affrontata la questione in modo duro, non facile, due terzi dei tedeschi dell’Est hanno dovuto cambiare lavoro ed essere formati per un ruolo diverso. Lo abbiamo fatto anche perché eravamo un Paese ricco. Ma anche l’Italia dal Centro-Nord in su è un Paese ricco, dunque c’è qualcosa che si può fare. Non so da dove viene questa incapacità del paese di fare ciò di cui ha bisogno. Avete avuto grandi uomini politici da De Gasperi in poi e politici con una competenza economica come Ciampi e qualche altro, e anche altri che forse sono parte del problema. Ma anche noi. Ma se l’Italia non riesce a cambiare ciò che tira giù il paese, sarà sempre un problema. Eppure non ce ne sarebbe ragione, perché i lavoratori italiani, almeno quelli con una formazione, sono eccellenti. Lo vediamo quando vengono in Germania. Ricevono una formazione e poi fanno meglio dei loro colleghi tedeschi”.

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