La vendetta della Basilissa

La vendetta della Basilissa

"Quando si reclama censura preventiva oltre che punitiva, si estinguono i diritti. Non quelli speciali di chi sta in alto, che non vengono mai toccati"

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di Anna Lombroso per il Simplicissimus



Esiste, ed è sempre esistita in tutte le società, una ristretta categoria di persone che per autoelezione o selezione celeste, appartenenza dinastica, censo, fidelizzazione a cerchie di potere che premiano soggezione e ubbidienza,  semplice fortuna, pensano che all’esproprio perpetrato ai nostri danni di diritti fondamentali – pane, istruzione, lavoro, casa , cure – debba corrispondere il consolidamento dei loro, compresi quelli eccezionali che consistono in impunità e immunità, fino a quello di trasgredire le leggi o di promulgarne altre unicamente al loro servizio o nel loro interesse.


Vogliono tutto, benefici, vitalizi, sicurezze e garanzie che a noi sono state tolte, vogliono protezione e strumenti e procedure per aggirare ostacoli, vogliono che manteniamo loro ma anche circoli di famigli, parenti, collaboratori alcuni dei quali incaricati di sostituirli o salvaguardarli nei molesti adempimenti che richiedono il contatto diretto con la plebe, altri delegati a garantire la intoccabile autorità, l’autorevole carisma e il decoro della loro immagine.


Vogliono tutto. Perfino il nostro amore. Così quando si accorgono, grazie a sporadici sguardi superciliosi lanciati in basso o alle sommesse rivelazioni di qualche ambasciatore del loro club, distaccato presso la realtà degli straccioni,  che ne sfida la collera squarciando il velo roseo del doveroso consenso e della necessaria ammirazione, che esiste un’arena di ostili, maleducati, sfrontati, incazzati, allora si indignano, deplorano, biasimano e – siccome loro possono – censurano.


E chi meglio può rappresentarli della zarina – anche se per via delle sue ire funeste ricorda più Ivan il Terribile della Grande Caterina – assisa alla presidenza della Camera, sul cui curriculum professionale e  politico molto esplorato anche da questo blog non  voglio tornare, che con la sicumera della sacerdotessa laica dell’aiuto umanitario e della solidarietà oltraggiata sul web, ha deciso che è venuto il momento – molte volte annunciato- di perseguire i rei di lesa maestà sul web. Allo scopo dichiarato di tutelare nell’ordine: la sua persona, il suo ruolo istituzionale, il suo status di donna, la sua privacy e pure la sua funzione pubblica. Ma non basta, nel solco del suo apostolato di ben remunerata addetta alle relazioni pubbliche e di portavoce di un organismo internazionale, si impegna in questa battaglia per prestare la sua influente voce a altri #offesi, a altri #vituperati, a altri #ingiuriati che a differenza di lei non solo non hanno tribune, microfoni ma tanto meno tribunali – che, si sa, se sei un poveraccio senza titoli e beni è meglio che non li frequenti – e con un’attenzione particolare per le donne, che in caso di leggi votate dall’organismo che presiede con polso di ferro e ieratica autorità non ha inteso riservare.


Come non capirla: non è piacevole essere antipatici, magari, benedetto Adorno che le attribuiva il ruolo di indicatore insostituibile del temperamento, per la voce querula, magari per una supponenza pedagogica che a qualcuno può suonare come insolente, magari per certe innocue impalcature erette sotto forma di chignon a simulare temibili diademi, magari per certe mise consone a confermare un’enigmatica distanza siderale dell’imperatrice dai suoi sudditi. O  magari per la sorpresa, quella si sorprendente, mostrata nell’accorgersi di fenomeni e manifestazioni a tutti noti della contemporaneità, povertà, ignoranza, disoccupazione e pure il circolare di una frustrazione collettiva che si palesa sotto forma di violenza verbale, invettiva, sguaiati schiamazzi virtuali, all’indirizzo di un ceto dirigente che, spiace dirlo, se li merita eccome.


Come non capirla: anche a noi spiace l’invasione della nostra sfera privata esercitata da svariati grandi fratelli, circuiti commerciali e finanziari, ma soprattutto proprio da una politica che usa  convinzioni religiose e morali per toglierci indipendenza, libertà e dignità, tanto che è impossibile non dare ragione a Rosa Luxemburg “dietro ogni dogma c’è sempre un affare da difendere”. E dire che proprio noi comuni mortali avremmo diritto a una tutela uguale se non addirittura superiore a quella dei personaggi pubblici che avrebbero davvero l’obbligo di  vivere in una casa di vetro, per la quale pagano l’Ici e le tasse, non offerta generosamente da sponsor e compagni di merende come abbiamo appreso a proposito di svariati notabili che anche in quel caso hanno denunciato la violazione della loro discutibile privacy.


Come non capirla: è successo perfino a sconosciute blogger di essere insultate con epiteti sconci e sottoposte a un vero e proprio stalking virtuale condito di inviti a spericolati e brutali congiungimenti con orchi o ferine specie extraumane, per aver espresso le loro convinzioni antirazziste o la loro opposizione a misure governative. E molto spesso si trattava, come quasi sempre avviene quando gli attacchi provengono da soggetti ben identificabili per essere cultori di machismo, virilismo alla pari con ignoranza e volgarità, di minacciose violenze verbali a sfondo sessista. Ciononostante nessuno, donna o uommo che sia è legittimato a pensare che  critiche anche feroci mosse alla Professoressa Fornero o all’onorevole Boschi e nemmeno alla presidente Boldrini e perfino a oscure blogger siano sempre e necessariamente originate da ignobili e finora inconfessabili pregiudizi di genere, sdoganati secondo la gli osservatori e commentatori della carta stampata, da un clima di bestiale aggressività. E che, quando si indirizza verso la politica, sarebbe l’anticamera della fine del patto stretto dal popolo con le istituzioni e pure l’eclissi dello stato di diritto, minacciato da Internet e dai suoi frequentatori intemperanti, “squadristi digitali”,  che – lo potete leggere oggi nello scritto dell’ineffabile Severgnini –  vanno perseguiti, processati, condannati grazie a leggi ovviamente emergenziali, di quelle che vorremmo anche noi per fare giustizia di chi devasta il nostro territorio, aliena bene comune e lo svende, cancella lavoro e i suoi diritti e manda in malora la scuola, l’assistenza pubblica e pure umilia la dignità di uomini e donne, con preferenza per le seconde.
 

Il fatto è che quando si reclama censura preventiva oltre che punitiva, si estinguono i diritti. Non quelli speciali di chi sta in alto, che non vengono mai toccati, non le licenze dei cretini che di solito escono indenni da qualsiasi repulisti, ma i nostri, sempre più fragili e limitati.

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