L’Afghanistan è diventato terreno di scontro tra Occidente e Oriente

1634
L’Afghanistan è diventato terreno di scontro tra Occidente e Oriente

L’abbandono degli Usa della base aera di Bagram, lasciata in gestione all’esercito di Kabul, ha un significato simbolico, segna cioè la fine della lunga occupazione Usa di quel remoto Paese asiatico.

Perché Bagram è il stato il fulcro dell’occupazione, ponte aereo e ombelico che collegava il lontano Afghanistan agli Stati Uniti.

Non è un caso che, subito dopo, i talebani abbiano velocemente dilagato nel Paese, occupando molte zone strategiche del Nord praticamente senza combattere, dato che i militari afghani, in inferiorità sono fuggiti.

Diverso il caso di Kandahar, da sempre obiettivo delle mire talebane, che è caduta dopo intensi combattimenti. Quanti oggi spargono allarme su quel che sta avvenendo, sono evidentemente digiuni di geopolitica, la quale non conosce vuoto.

Così era ovvio che il ritiro americano comportasse tale sviluppo, che ad oggi non lascia spazio a previsioni attendibili.

Il governo di Kabul non corre pericoli immediati: i talebani hanno dichiarato che la sua occupazione non è un loro obiettivo. Dichiarazione che vale quel che vale, ma che ha un fondamento, dato che Kabul, anche sotto l’occupazione Usa, non controllava che parte minima del territorio.

Ma non sono i talebani i protagonisti della politica afghana, ma ben altri. Il Paese è tornato cuore del Grande Gioco asiatico, che oggi ha un interesse geopolitico più alto che nell’ottocento, quando Kipling consegnò alla geopolitica quell’insuperata definizione.

E ciò perché ora più di prima, l’Afghanistan è diventato terreno di scontro tra Occidente e Oriente, dato che vi confina la Cina con cui si è ingaggiato un duello globale alzo zero.

Pechino teme il contagio dell’islamismo afghano nelle regioni dello Xinjang, come già avvenuto nel recente passato, nonché la destabilizzazione di centri nodali della sua Via della Seta, che attraversa il Pakistan e interessa parte del territorio afghano.

Ma, ovviamente, non è solo la Cina a osservare con attenzione quanto avviene a Kabul, ma anche l’India, il Pakistan, la Russia, l’Iran, per citare solo i più importanti attori regionali, che, se da un lato sosterranno Kabul, dall’altro intrecceranno, come in passato, rapporti sottotraccia anche con parte dei talebani, non facendo molto affidamento sulla capacità del potere centrale per contenere le milizie armate.

Da vedere se qualcuno di questi Paesi si impegnerà direttamente nelle vicende afghane, inviando propri armati, cosa invero rischiosa, come ben sa la Russia che eviterà con cura di ripetere l’errore del passato.

Un altro attore a sorpresa del rebus afghano sembra sia la Turchia, alla quale si era pensato di lasciare la difesa dell’aeroporto di Bagram, poi decaduta. Un’idea che nasceva dall’ipotesi di un accordo Washington – Ankara per subappaltare, di fatto, ai turchi la difesa di Kabul.

Ipotesi ventilata da tempo, che prevedeva che la Turchia accettasse felicemente l’onere pur di ripristinare i rapporti con Washington. In realtà, Ankara ha suoi interessi sul Paese, dato che da tempo Erdogan aspira a ripristinare l’influenza turca sullo spazio già ottomano, a scapito dell’influenza russa sullo spazio ex sovietico (Uzbekistan, Tagikistan etc) e in danno della Cina, dato che anche lo Xinjang è interessato a tale visionaria velleità.

Ma Erdogan sa pure quanto costa un impegno diretto in loco, così che tale eventualità è a oggi ancora fuori dal tavolo, pur non mancando, sottotraccia, rapporti tra i talebani e la Fratellanza islamica che ha in lui un saldo riferimento geopolitico.

Né, ovviamente, il ritiro Usa sarà totale, come anche quello britannico, con Londra che ha già annunciato che le sue truppe di élite resteranno in loco.

Tanti, troppi, dunque, e conflittuali gli attori di questo Grande Gioco perché il puzzle afghano vada a una ricomposizione. Alcuni di questi attori (su tutti Cina, Russia e Iran) sono interessati a stabilizzare la situazione, altri, invece, niente affatto, dato che un focus di instabilità permanente ai confini di questi Paesi fa gioco.

Così il conflitto che si sta consumando in questo sventurato Paese asiatico vede un contrasto tra forze stabilizzanti e destabilizzanti, un po’ come è avvenuto da anni. Ma mentre la presenza Usa paradossalmente garantiva la destabilizzazione permanente, essendo forza di occupazione e come tale foriera di resistenza, la dipartita delle sue truppe apre spazi a possibilità, pur se ad oggi aleatorie. Vedremo.

 Piccole Note

Piccole Note

 

Piccole Note è un blog a cura di Davide Malacaria. Questo il suo canale Telegram per tutti gli aggiornamenti: https://t.me/PiccoleNoteTelegram

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Potrebbe anche interessarti

Il topo da laboratorio del futuro dell'UE di Loretta Napoleoni Il topo da laboratorio del futuro dell'UE

Il topo da laboratorio del futuro dell'UE

Chi vince e chi perde la mortale partita europea di Giuseppe Masala Chi vince e chi perde la mortale partita europea

Chi vince e chi perde la mortale partita europea

Una piazza oceanica a Tripoli contro le Nazioni Unite di Michelangelo Severgnini Una piazza oceanica a Tripoli contro le Nazioni Unite

Una piazza oceanica a Tripoli contro le Nazioni Unite

Cina-UE: temi focali delle frequenti interazioni ad alto livello   Una finestra aperta Cina-UE: temi focali delle frequenti interazioni ad alto livello

Cina-UE: temi focali delle frequenti interazioni ad alto livello

Papa "americano"? di Francesco Erspamer  Papa "americano"?

Papa "americano"?

Le narrazioni tossiche di un modello in crisi di Geraldina Colotti Le narrazioni tossiche di un modello in crisi

Le narrazioni tossiche di un modello in crisi

Resistenza e Sobrietà di Alessandro Mariani Resistenza e Sobrietà

Resistenza e Sobrietà

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

Maria Zhakarova commenta lo schiaffo di Brigitte a Macron di Marinella Mondaini Maria Zhakarova commenta lo schiaffo di Brigitte a Macron

Maria Zhakarova commenta lo schiaffo di Brigitte a Macron

Israele, il genocidio, e l'Occidente di Giuseppe Giannini Israele, il genocidio, e l'Occidente

Israele, il genocidio, e l'Occidente

La Festa ai Lavoratori di Gilberto Trombetta La Festa ai Lavoratori

La Festa ai Lavoratori

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino di Paolo Pioppi Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Il PD e i tre tipi di complici dei crimini di Israele di Giorgio Cremaschi Il PD e i tre tipi di complici dei crimini di Israele

Il PD e i tre tipi di complici dei crimini di Israele

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti